Dogville è un film che non lascia letteralmente scampo alla speranza, come se l' umanità fosse condannata già dal principio della sua natura, e servono a poco i pentimenti, la morale, l'amore ed...

Dogville è un film che non lascia letteralmente scampo alla speranza, come se l' umanità fosse condannata già dal principio della sua natura, e servono a poco i pentimenti, la morale, l'amore ed il perdono, poichè appunto l'uomo risponde esclusivamente di questa sua stessa natura. Una legge della giungla insita negli individui già dall'infanzia, un po' come ci racconta Golding ne 'il signore delle mosche', altro che l'innocenza dei bambini, infatti Grace non risparmia nemmeno l'infante nella culla al momento del suo giudizio universale. Von Trier sembra trasfigurare le figure di Cristo e del Dio Padre rispettivamente in Grace e nel genitore boss, ma di fatto supera la misericordia cristiana e, dall'abisso del suo nichilismo, ribalta la buona novella: Grace prende il potere e manda letteralmente tutti a bruciare tra le fiamme dell'inferno, risparmiando il solo Mosè (nome che ricorda non a caso la figura biblica di colui che aveva condotto il popolo di Dio alla salvezza), cane simbolo di altri cani. Insomma una pellicola dal retrogusto amaro, frutto, come più volte ribadito, del pessimismo radicale del regista, che si pone come sintesi essenziale, insieme alla scenografia, della sua 'poetica'.Infine quei titoli di coda, che scorrono su quelle straordinarie fotografie di decadenza umana scandite dalle vivaci note di Young Americans, creano un contrasto crudele ma al tempo stesso perfetto.

Dogville è un film che non lascia letteralmente scampo alla speranza, come se l' umanità fosse condannata già dal principio della sua natura, e servono a poco i pentimenti, la morale, l'amore ed...

Dogville è un film che non lascia letteralmente scampo alla speranza, come se l' umanità fosse condannata già dal principio della sua natura, e servono a poco i pentimenti, la morale, l'amore ed il perdono, poichè appunto l'uomo risponde esclusivamente di questa sua stessa natura. Una legge della giungla insita negli individui già dall'infanzia, un po' come ci racconta Golding ne 'il signore delle mosche', altro che l'innocenza dei bambini, infatti Grace non risparmia nemmeno l'infante nella culla al momento del suo giudizio universale. Von Trier sembra trasfigurare le figure di Cristo e del Dio Padre rispettivamente in Grace e nel genitore boss, ma di fatto supera la misericordia cristiana e, dall'abisso del suo nichilismo, ribalta la buona novella: Grace prende il potere e manda letteralmente tutti a bruciare tra le fiamme dell'inferno, risparmiando il solo Mosè (nome che ricorda non a caso la figura biblica di colui che aveva condotto il popolo di Dio alla salvezza), cane simbolo di altri cani. Insomma una pellicola dal retrogusto amaro, frutto, come più volte ribadito, del pessimismo radicale del regista, che si pone come sintesi essenziale, insieme alla scenografia, della sua 'poetica'.Infine quei titoli di coda, che scorrono su quelle straordinarie fotografie di decadenza umana scandite dalle vivaci note di Young Americans, creano un contrasto crudele ma al tempo stesso perfetto.