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L'appartamento - Recensione: come realizzare un capolavoro di commedia

Elogio di uno dei migliori film di Billy Wilder

Il 17 aprile 1961 si tenne a Santa Monica la 33ª edizione dei Premi Oscar, che ebbe un film come trionfatore assoluto: L'appartamento.

 

Diretta da Billy Wilder, la pellicola vinse ben cinque statuette, comprese quelle per il Miglior Film e il Miglior Regista.

 

[Il trailer de L'appartamento]

 

 

Che la carriera di Wilder sia stata straordinaria non devo certo ricordarlo io: è stato un regista capace di inaugurare l’epoca d'oro dei noir con La fiamma del peccato (1944); ha narrato in maniera lucida e disincantata il mondo hollywoodiano in Viale del tramonto (1950); ci ha regalato una delle migliori commedie di tutti i tempi con A qualcuno piace caldo (1958).

 

L'appartamento potrebbe definirsi il suo ultimo capolavoro: dopo il 1960, i successivi film del regista non hanno più raggiunto tale apice artistico.


Se L'appartamento esiste, lo dobbiamo - in maniera involontaria - a David Lean.

 

Billy Wilder infatti non ha mai nascosto come l'idea per il soggetto del suo film gli sia venuta guardando Breve incontro, pellicola firmata dal regista inglese nel 1945: Laura e Alec, i due amanti fedifraghi al centro della sua trama, si ritrovano a un certo punto nell'appartamento di un amico di Alec, Stephen, il quale interrompe bruscamente l'idillio amoroso rientrando anzitempo a casa.

 

Qui entrò in gioco la fantasia di Wilder, che si chiese come si comporterebbe un uomo che torna a casa dopo averla lasciata a una coppia di innamorati che probabilmente ha usato anche il suo letto.

 

Una volta pensato il soggetto, per la sceneggiatura Wilder si rivolse a I.A.L. Diamond, divenuto un collaboratore storico del cineasta austriaco a partire dagli anni ‘50.

 

 

[Shirley MacLaine è la signorina Fran Kubelik ne L'appartamento]

 

 

Per il cast, Wilder scelse attori con cui aveva già lavorato.

 

I ruoli maschili furono così assegnati a Jack Lemmon e Fred MacMurray, mentre la principale parte femminile andò a Shirley MacLaine, alla prima esperienza col regista.

 

MacLaine aveva debuttato nel mondo del Cinema soltanto pochi anni prima grazie ad Alfred Hitchcock ne La congiura degli innocenti e per L'appartamento superò la "concorrenza" di Marilyn Monroe.

In realtà, Marilyn non fu mai presa seriamente in considerazione per L'appartamento, avendo un fascino che mal si sarebbe conciliato con le atmosfere del film.


Protagonista de L'appartamento è dunque C.C. Baxter (Jack Lemmon), impiegato presso una compagnia di assicurazioni a New York; Baxter non sembra avere doti particolari, ma è molto benvoluto dai suoi superiori perché è solito mettere a disposizione il suo appartamento per le loro scappatelle extra-coniugali.

Tutto sembra andare per il meglio, con Baxter che naviga a vele spiegate verso la promozione, fin quando egli non si innamora di Fran Kubelik (Shirley MacLaine), ascensorista del grattacielo in cui lavora.

 

Un amore impossibile, anche perché la ragazza intrattiene una burrascosa relazione con Jeff Sheldrake (Fred MacMurray), capo del personale dell'agenzia assicurativa che è proprio uno degli uomini a cui Baxter ha concesso le sue chiavi di casa.

 

A quel punto, sarà necessario scegliere fra l'amore e il lavoro.

 

 

[La compagnia assicurativa dove lavora Baxter]

 

 

Proprio amore e lavoro sono i temi principali di questa commedia degli equivoci che per il suo cinismo si distacca dagli schemi classici del genere, con Wilder e Diamond mirabilmente abili nel mescolare con sapienza elementi comici e drammatici.

 

Prima ancora di essere una love story L'appartamento è un racconto di sfruttatori e di sfruttati che sfruttano a loro volta: i capi di Baxter si servono di lui per tradire le proprie mogli, Baxter si serve di loro per ottenere un avanzamento di carriera.

 

Le scene che mostrano il protagonista e i suoi colleghi sul posto di lavoro rappresentano indubbiamente una critica della società statunitense e del suo individualismo imperante: la folla di impiegati che si riversa negli ascensori simile a un gregge di pecore, il vasto ufficio arredato con interminabili fili di scrivanie, una moltitudine che vive e lavora in totale solitudine.

 

 

[Lo specchietto di Miss Kubelik]

 

 

In questo clima opportunistico si eleva la figura della signorina Kubelik: ingenua, che si strugge per un amore impossibile, la cui condizione è metaforicamente simboleggiata dallo specchietto rotto che porta con sé.

 

Non si può pertanto negare come Shirley MacLaine sia perfettamente calata nel ruolo della ragazza all'apparenza ingenua e imperturbabile, mentre è invece preda di un forte dissidio interiore.


Quando Kubelik e Baxter, l'anonimo uomo medio americano ottimamente interpretato da Lemmon, rinsaviscono per seguire i loro sentimenti, l'amore trionfa: un amore disinteressato, senza secondi fini, grazie al quale sia lui che lei si liberano dalle catene dell’oppressione che li aveva condotti a vivere un’esistenza sacrificata.

Memorabile a tal proposito è la battuta finale pronunciata da Kubelik mentre lei e Baxter giocano a ramino: "Shut up and deal" (resa in italiano come "Fa' le carte e ridimmelo"), in risposta all'amore dichiaratole dall'uomo; fa immaginare allo spettatore i nuovi orizzonti e possibilità che si aprono per questa coppia appena nata.

 

Una chiusa che non ha nulla di invidiare a quelle (altrettanto famose) dei precedentemente citati Viale del tramonto o A qualcuno piace caldo.

 

 

[La partita a ramino nel finale de L'appartamento]

 

 

Se L’appartamento è una pellicola indimenticabile, ciò è inoltre dovuto non solo alla storia che narra, ma anche alla sua estetica.

Si è rivelata innanzitutto vincente la scelta di girare il film in Panavision.

L’utilizzo di lenti anamorfiche - con il formato panoramico panoramico che ne consegue - era adatto soprattutto ai grandiosi film d'avventura ambientati negli estesi spazi aperti del continente americano o ai coloratissimi musical; se si pensa che L'appartamento sia ambientato perlopiù in interni, potrebbe questa sembrare una decisione controcorrente, eppure funziona egregiamente.

 

Altro fatto inusuale, al sistema Panavision si accompagna un'eccellente fotografia in bianco e nero curata da Joseph LaShelle, molto attento al taglio delle inquadrature e alla profondità di campo, elemento notevole in alcune scene del film.

 

Immaginare questo film a colori è impossibile: probabilmente perderebbe gran parte del suo fascino.

 

 

[Si noti l'utilizzo della profondità di campo in questa scena]

 

Ritroveremo questo particolare connubio fra lenti anamorfiche e bianco e nero in altri film che hanno fatto la Storia del Cinema, come La sfida del Samurai di Akira Kurosawa, e Manhattan di Woody Allen (per coloro che volessero approfondire la storia e l'evoluzione dei formati cinematografici, si consiglia la trilogia di articoli scritta da Francesco Amodeo).


A proposito dell'ambientazione e degli interni, particolare meticolosità è stata dedicata alle scenografie del film, progettate dall'ungherese Alexandre Trauner.

Ho già brevemente accennato alla sede della compagnia assicurativa dove lavora Baxter, è ora il caso di spendere due parole anche sulla location principale del film.

 

L'appartamento del protagonista si addice per grandezza e mobilio a quello di uno scapolo: non c'è alcuna suppellettile che risalti dinanzi ai nostri occhi, nessun mobile di lusso, solo disordine e una certa trasandatezza; casa Baxter potrebbe insomma anche essere una camera d'albergo, ed è in tal modo che è effettivamente adoperata dai superiori del suo inquilino.

 

Sia LaShelle che Trauner vinsero l'Oscar per il loro lavoro, mentre Lemmon e MacLaine restarono a bocca asciutta, e questa è soltanto una delle ingiustizie a cui l’Academy ci ha abituato nel corso dei decenni.

 

[Billy Wilder ritira nel 1961 l'Oscar per la Miglior Regia per L'appartamento]

 

 

In conclusione, a distanza di ormai sessant’anni L’appartamento è ancora un film brillante e per certi versi attuale.

 

Scene come quella in cui Baxter scola gli spaghetti con una racchetta da tennis resteranno per sempre scolpite nella Storia del Cinema, come testimonia anche l'American Film Institute, che ritiene l'opera di Wilder una delle migliori commedie di tutti i tempi.


E noi continueremo a guardarla e riguardarla con stupore e ammirazione.

 

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