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Lost River - Recensione: la fiaba oscura e multiforme di Ryan Gosling

L'esordio alla regia dell'attore canadese tra citazioni, deurbanizzazione e violenza

Lost River è l'esordio alla regia di Ryan Gosling con un cast stellare che comprende Christina Hendricks, Saoirse Ronan, Matt Smith, Barbara Steele, Eva Mendes e Ben Mendelsohn: il film fu presentato all'interno della sezione Un Certain Regard al Festival del Cinema di Cannes 2014.

 

"Ho attinto ai film fantastici per il grande pubblico degli anni '’80 coi quali sono cresciuto e ho passato questi riferimenti attraverso il prisma della sensibilità che ho acquisito successivamente in materia di Cinema.

Partendo da là, la storia di Lost River ha cominciato a disegnarsi sotto forma di fiaba oscura, con la città nel ruolo della damigella in pericolo e dei personaggi simili ai frammenti di un sogno spezzato che tentano di ricostruirsi"

Ryan Gosling parlando di Lost River

 

[Il trailer di Lost River]

 

 

Gran parte del significato di Lost River e dell'idea di Cinema dell'attore canadese risiede nello stile, molto debitore di alcuni autori con cui ha collaborato e con i quali ha costruito la sua opera prima, più che in una narrazione molto rarefatta e scomposta.

 

Il film racconta la lotta tra Billie (Christina Hendricks), madre di due figli, e la cittadina in via di de-urbanizzazione di Lost River.

La donna sta per perdere la casa in cui vive ai margini della cittadina e pur di trovare i soldi per non farla demolire è pronta a qualsiasi cosa: così finisce per lavorare nel club del nuovo direttore di banca della cittadina, Dave (Ben Mendelsohn).

 

Lì vengono messi in scena spettacoli gore in cui violenza, ironia e musica si fondono per compiacere un pubblico bramoso di sangue finto e belle donne uccise per dar sfogo ai propri istinti più primordiali.

 

Bones (Iain De Caestecker), il figlio maggiore di Billie, intanto ruba rame dai muri degli edifici abbandonati e in via di demolizione, ma questa attività non può che invadere il territorio del violentissimo Bully (Matt Smith) che ne gestisce tutta la compravendita a Lost River, terrorizzando gli abitanti. 

 

 

[Matt Smith nei panni di Bully in Lost River]

 

In questa lotta contro il degrado e la maledizione della de-urbanizzazione si inseriscono come finestre su un mondo sconosciuto una serie di personaggi. 

 

Ryan Gosling li utilizza come una serie di simboli da sparpagliare lungo il suo film e da far interagire con il discorso principale.

 

Tra questi vanno ricordati Rat (Saoirse Ronan), l'amica di Bones, il braccio destro di Dave al locale Cat (Eva Mendes), la nonna di Rat (Barbara Steele) e il tassista (Reda Cateb).

 

Mentre Billie si trova a dover combattere con i soprusi e la violenza di un mondo in disfacimento, Bones, braccato da Bully, cerca di invertire la tendenza: secondo un racconto di Rat, infatti, se si riesce a riportare in superficie qualcosa della città sommersa nel lago vicino a Lost River si può rompere la maledizione che attanaglia quel luogo.

 

 

[La casa in fiamme della giovane Rat]

 

A partire da un cast così variegato e proveniente da percorsi cinematografici molto differenti già si capisce quale sia la chiave stilistica di Lost River: un film eterogeneo, pieno di riferimenti a mondi cinematografici e stili completamente diversi, ognuno dei quali sottende sia l'omaggio di Ryan Gosling a un certo autore, sia una sorta di appropriazione di un immaginario già costruito per portare avanti il proprio discorso.

 

Il regista ha infatti dichiarato quanto segue, interprellato su quali fossero gli autori che lo avevano ispirato per la realizzazione di Lost River

"Lost River è un tributo agli autori che stimo, da Dario Argento a Mario Bava fino a David Lynch.

C'è anche una citazione da Il matrimonio di Maria Braun di Rainer Werner Fassbinder.

Ho cercato però di girare un film che sentissi mio, con un cuore, senza ripetere le inquadrature di altri registi.

Voglio dire, anche Steven Spielberg all'inizio rendeva omaggio ad Akira Kurosawa nei suoi film, poi ha trovato una strada più personale"

 

Gosling mostra in maniera molto chiara e riconoscibile i suoi riferimenti e la forte influenza che alcuni degli autori con cui ha lavorato negli ultimi anni hanno avuto su di lui.

 

Nel film, infatti, si ritrovano sia citazioni esplicite sia somiglianze stilistiche con autori del calibro di David Lynch, Terrence Malick, Nicolas Winding Refn, Derek Cianfrance, Dario Argento, Mario Bava e Rainer Werner Fassbinder.

 

 

[Siamo per caso in The Neon Demon? No, è sempre Lost River]

 

Proprio in questo potrebbe risiedere una delle principali critiche al film di Gosling, ovvero la mancanza di originalità e omogeneità: è infatti chiaro che tenere insieme ispirazioni così lontane tra loro non è assolutamente facile.

 

Come lui stesso ha dichiarato, però, il film non è solo citazione e rielaborazione ma un vero e proprio dialogo tra i diversi immaginari. 

In questo l'idea di Cinema dell'attore di Blade Runner 2049 non solo risulta molto interessante, ma diventa anche un superamento della semplice esaltazione del Cinema passato.

 

Ryan Gosling sembra infatti costruire con Lost River una sorta di film per appassionati di Cinema, in cui ogni scelta registica non solo si porta dietro il suo significato, ma anche il discorso che un certo autore le ha attribuito.

 

Vedremo quindi, per esempio, la figura materna quasi religiosa di Terrence Malick dialogare con la purezza distrutta dalla violenza di Nicolas Winding Refn, o il concetto di città lynchana rapportarsi con il mondo di fiabe violente di Terry Gilliam.

 

 

[Sembra The Tree of Life e invece è sempre Lost River]

 

Il fatto che uno dei riferimenti più influenti, a detta dello stesso attore di La La Land, sia Derek Cianfrance in questo senso è emblematico.

 

Il regista americano, infatti, ha saputo sfruttare il dialogo tra stili differenti all'interno di un unico film come pochissimi altri, come dimostra il suo bellissimo Blue Valentine dove il protagonista è proprio Ryan Gosling.

 

Allo stesso modo in Lost River il concetto di unità stilistica viene completamente abbandonato in favore di un dialogo continuo tra linguaggi e gusti visivi differenti, alla ricerca di un momento di sintesi tra i concetti che ognuno di essi porta all'interno del film.

 

Quest'idea risulta tanto interessante quanto ancora acerba in questo primo tentativo dell'attore di Drive: sia nella misura, sia nella capacità di mantenere unitaria l'opera.

 

 

[Rat (Saoirse Ronan) in un'inquadratura di Lost River che sembra uscita dal "presente" di Blue Valentine]

 

Ryan Gosling ha chiarito quali fossero i due registi più influenti: 

"Questo film è il regalo che mi hanno fatto i registi con i quali ho avuto la fortuna di lavorare in questi ultimi anni.

Come attore sono passato dai film profondamente ancorati nella realtà di Derek Cianfrance all'’immaginario di Nicolas Winding Refn.

Penso di aver oscillato tra questi due estremi perché la mia sensibilità di regista si situa da qualche parte tra i due"

 

Le diverse facciate con cui Lost River si mostra allo spettatore sono ben rappresentate dalla doppia natura del personaggio di Billie

 

La protagonista è infatti allo stesso tempo madre amorevole e pura, di ispirazione quasi religiosa nel solco del Cinema di Malick e donna persa e obbligata dalla violenza a sporcarsi le mani remando nel torbido dell'immaginario di David Lynch o di Nicolas Winding Refn.

 

La doppia valenza del personaggio di Christina Hendricks è a sua volta rappresentata, in questa specia di matrioska di simboli, dalla sua esibizione al club di Lost River.

Il suo spettacolo, infatti, è lei si asporta la pelle da tutto il viso con un rasoio da barbiere: un simbolo sin troppo didascalico di ambivalenza.

 

Tolto questo momento, per l'appunto anche troppo esplicativo, lungo tutto il film i vestiti, i modi e le situazioni riescono benissimo a metterci di fronte al modo in cui Billie cambia oscillando tra differenti posizioni, come l'opera stessa.

 

 

[Christina Hendricks che si stacca la pelle, sembra uscita dall'immaginario orrorifico degli anni '60, ma siamo ancora in Lost River]

 

La madre dai capelli rossi finisce così per simboleggiare perfettamente anche il rapporto che si instaura in ogni citazione cinematografica tra la natura originale e l'apparenza: un discorso tipico del citazionismo postmoderno reso talmente esplicito da far chiedere allo spettatore se il film non ci stia parlando, oltre che di tutto il resto, anche di quello.

 

Il club della cittadina di Lost River è chiaramente uno dei simboli centrali del film di Ryan Gosling e ricalca perfettamente quello dei locali dell'immaginario lynchano di Twin PeaksMulholland Drive o Velluto Blu.

 

Come nelle città del Cinema di Lynch, infatti, i luoghi hanno spesso due anime: una visibile e di facile comprensione e una seconda celata dall'ombra della prima in cui si mischiano istinti animali, apparenze,  sogni e violenze.

 

Nel film del protagonista di First Man questo succede su molti differenti piani: tra club e cittadina, ma anche tra la parte emersa e quella sommersa, tra il centro e la periferia, tra gli abitanti del giorno e quelli della notte.

 

Molto in quest'opera ruota attorno al rapporto tra apparenza e realtà.

 

 

[Barbara Steele che interpreta la nonna di Rat (Saoirse Ronan)]

 

Questo rapporto simbolico tra la luce della Lost River visibile e le ombre tobide alle sue spalle ben si collega alla linea narrativa di Rat e sua nonna: la perfetta rappresentazione, anche a livello di casting, del conflitto tra presente e passato decaduto, tra un gusto barocco dimenticato e uno nuovo asciutto e che non riesce a emanciparsi, tra una camera piena di cimeli e una canzone con pochissimi suoni.

 

Da un lato Barbara Steele, il volto del Cinema gotico anni '60, dall'altro Saoirse Ronan come perfetto contraltare della diva de La maschera del demonio.

 

Al discorso oscuro e urbano di David Lynch è accostato quello naturalistico e aperto di Terrence Malick: il mondo al di fuori di Lost River e i ricordi, quasi sempre astratti, di un passato felice sembrano usciti dall'universo del regista di The Tree of Life e The New World.

 

Questo avviene non solo nella dimensione visiva, ma anche nel rapporto che il regista ha con il ricordo e con il passato, visti come Eden ormai rovinato per sempre ritornando anche nel modo di rapportarsi di Billie con la sua casa.

 

Il dialogo che si instaura tra questi due immaginari con l'avanzare del film si evolve trasformando la nostalgia naturalistica e speranzosa in una più graffiante e senza uscite che ricorda il mondo di Derek Cianfrance e la violenza oscura e nascosta in una più estetizzante e pulp che sembra uscita dal Cinema di Nicolas Winding Refn, che tanto attinge dal mondo gotico di Mario Bava e Dario Argento.

 

 

[La fredda periferia degradata di Lost River]

 

Il direttore della fotografia Benoit Debie ha descritto così Lost River: 

"Il film inizia con toni molto “sociali” e realistici, con la storia di una madre che vive in una città economicamente devastata (Detroit) e che sopravvive a malapena facendo un lavoretto dopo l’altro per pagare le bollette e crescere i propri figli. 

Poi, a poco a poco, il film si evolve attraverso immaginari universi paralleli che perfino io definirei fantascientifici.

Per me è stata una grande esperienza trasmettere tutto ciò sullo schermo."

 

In questa ottica la scelta di un direttore della fotografia come Benoit Debie, che ha lavorato a tantissimo con Gaspar Noé ma anche con Harmony Korine, Jacques Audiard, Dario Argento e Wim Wenders non è casuale.

 

Il belga è infatti il perfetto anello di congiunzione eclettico tra la realtà graffiante e l'estetica estrema e neonistica, come ha già mostrato perfettamente in Enter the Void o in Spring Breakers, con cui Lost River ha moltissimo in comune.

 

Se però nel film di Korine si cercava di tenere insieme un gusto quasi documentaristico e l'immaginario del videoclip, qui Debie riesce a costruire una sorta di favola oscura in cui le fredde tinte urbane e i saturi colori della violenza si fondono.

 

Tra i colori del sangue e delle luci al neon saturate all'estremo, quasi da Technicolor - che ricordano il mondo di Mario Bava e Nicolas Winding Refn - e una rappresentazione della natura e dei relitti che sembra uscita dal fantasy decadente di Guillermo del Toro e dell'artista Seb McKinnon.

 

 

[I pali della luce che spuntano dal lago vicino a Lost River]

  

 

Ma cosa si cela dietro a tutta questa apparenza e ricerca di stili e linguaggi estetici?

 

Nel cuore di questo contenitore fatto di ricerca visiva, citazioni e Cinema che parla di sé, Ryan Gosling mette uno dei temi più cari al Cinema statunitense degli ultimi anni, ovvero il racconto di una generazione senza riferimenti che sta vivendo il declino del modello americano.

 

La de-urbanizzazione e la mancanza di appigli hanno segnato tutto il Cinema indipendente dei primi anni 2000 (in particolare tutto il Cinema che prende le mosse dal discorso linklateriano) per poi sfociare, proprio negli anni di Lost River, nel mondo del Cinema di genere.

 

È in effetti facilissimo tracciare un parallelo tra la periferia senza tempo e ubicazione del film in questione e quella raccontata nel mondo di It Follows, Man in the Dark e dal recentissimo, e consigliato, Funny Face (in anteprima al Torino Film Festival di quest'anno).

 

In queste periferie fatte di ruderi Bones e i suoi coetanei sono lasciati a loro stessi e l'unico modo di sopravvivere è razziando gli scheletri di ciò che è rimasto, ovvero il rame nel cemento armato.

 

Il discorso vale per il giovane protagonista, senza padre e la cui madre è assente per cercare di salvare la loro casa, ma è perfettamente ripetibile anche per Rat, che vive sola con la nonna e un topo, o per l'antagonista Bully.

 

 

[Rat quasi profetica rispetto alla fine del suo arco narrativo]
 

 

Come nella trilogia di Taylor Sheridan o in tantissimo altro Cinema contemporaneo osserviamo una terra di confine - qui tra la città e la natura - in cui non esiste legge o ordine, ma solo il predominio del più forte e in cui sembra non esserci speranza per un futuro migliore.

 

Un mondo in cui la violenza e il sopruso sono all'ordine del giorno e in cui l'unica via di salvezza è la fuga verso un imprecisato "via di qua"

 

La bestialità dei giovani come Bully sembra essere imputata alla castrazione di una società che, sull'orlo del baratro, non vuole altro che violenza e che infatti si riversa nel club in cui vengono messi in scena gli spettacoli gore: "è una cosa che organizzo ogni volta che vengo in una di queste città che stanno implodendo", dice Dave.

 

Questo discorso è perfettamente sovrapponibile al racconto della sessualità di It Follows o alla repressione del cieco di Man in the Dark, così come in moltissimi altri esempi che il Cinema statunitense, d'autore e non, ci ha mostrato negli ultimi anni.

 

[La versione studio della canzone che Saoirse Ronan canta in due momenti di Lost River] 

 

 

Tutto questo è accompagnato da una colonna sonora di primissimo livello curata da Johnny Jewell, che guarda caso è un membro dei Chromatics che hanno partecipato all'ultima stagione di Twin Peaks e che ha partecipato in prima persona alle colonne sonore di Drive e Bronson.

 

Una soundtrack molto presente, grazie anche ai grandi spazi muti che il film lascia in funzione di una narrazione molto rarefatta e dai tanti momenti performativi, nel solco del Club Silencio di Mulholland Drive.

 

Ryan Gosling confeziona Lost River come un oggetto misterioso, pieno di riferimenti e rimandi a tutte le arti (i paralleli del viaggio di Billie con una discesa all'inferno dantesca si sprecano) in cui tutto si piega alle volontà del regista: sacrificando spesso realismo, coinvolgimento e continuità sull'altare dell'impatto concettuale e visivo sullo spettatore.

 

Un film che osa tantissimo e che ha moltissime idee che cerca mettere in pratica, ma che forse non riesce sempre nei suoi altissimi propositi.

 

 

[Saoirse Ronan mentre canta Tell Me in scena]

 

Un'opera imperfetta che vuole essere disomogenea, ma che forse finisce per esserlo troppo e in cui non sempre il focus sul tema portante riesce a tenere insieme gli stili e gli azzardi di un esordiente alla regia che, giustamente, enfatizza ogni sua scelta: risultando talvolta ingenuo e didascalico, ma mostrando una visione autoriale di grandissimo interesse e spessore.

 

Lost River è un film che pur avendo più di una pecca soddisfa completamente grazie a un comparto visivo e audio di primissimo livello e che, al netto della mancanza di controllo e esperienza, riesce a colpire come uno dei migliori passaggi da attore a regista degli ultimi anni.

_______________

 

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