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Lo sceicco bianco - Quando ''Fellini diventa Fellini''

Analisi del (mezzo) esordio alla regia di Federico Fellini

Nel 1952, dopo una ventina di sceneggiature e un film diretto per metà, un trentunenne Federico Fellini firma la sua prima regia, quella de Lo sceicco bianco, e innesta alcuni fondamenti della sua poetica.

 

Raccogliendo un'idea di Michelangelo Antonioni, che l'aveva accantonata per la sua frivolezza, il regista riminese sceneggia a sei mani con Ennio Flaiano e Tullio Pinelli, e così nasce il suo vero esordio:

"…mi rifeci ai racconti che avevo scritto […] in cui si riflettevano i miei pensieri sulla natura spietata delle storie d'amore, […] sulla luna di miele che si irrancidisce…".  

 

 

[Federico Fellini con Michelangelo Antonioni

 

Lo sceicco bianco narra delle vicende che occorrono a una coppia di sposini meridionali, Wanda e Ivan, in viaggio nuziale a Roma nel '51, più per incontrare gli altolocati zii che per altro.

 

Il nodo della trama risiede nella fuga che la donna compie per raggiungere l'attore di fotoromanzi Fernando Rivoli, impersonato da un gigioneggiante Alberto Sordi, fuga che genera una serie di sequenze tragicomiche (talvolta quasi slapstick) che coinvolgono il marito, rimasto solo in balia dei parenti.

 

Nel quadro di un'ossatura diegetica di questo tipo, efficace ma piuttosto normale, potenzialmente da neorealismo rosa, Fellini riesce a creare qualcosa in più di una semplice commedia.

 

Come ha sottolineato Guido Aristarco, egli "sembra muovere persone comuni in ambienti comuni mediante un'azione che diremmo quasi banale.

Ma quelle persone, […] quelle azioni assumono significati precisi che investono […] un giudizio e una critica".

 

 

[Wanda e Ivan ne Lo sceicco bianco] lo sceicco bianco lo sceicco bianco

 

Analizzare questi significati precisi e i tratti costitutivi dell'opera, che occupa una posizione qualitativamente intermedia nella filmografia dell'autore, non è però un'operazione priva di rischi.

 

Molte interpretazioni potrebbero essere viziate dal resto dei lavori di Fellini, da una poetica fattasi più esplicita solo in momenti successivi.

 

Col senno di poi, certamente alcuni elementi possono essere inquadrati, a ragione, in una chiave più ampia, ma è bene non considerare questo film, rispetto ad altri più noti, come una sorta di schizzo preparatorio.

 

Lo sceicco bianco, non privo di difetti, è sicuramente provvisto di una dignità autonoma, e certi suoi tratti sono sicuramente individuabili in modo oggettivo, pur permanendo i pericoli sopracitati.

 

Dal punto di vista delle tematiche narrative, molti sono gli aspetti rilevanti.

Innanzitutto la critica sociale che è sottesa a molte scelte, in modo mai troppo esplicito, senza compromettere la fruizione del livello basico delle vicende.

 

 

[Brunella Bovo è Wanda] lo sceicco bianco

 

 

 

Vittorio Bonicelli, parlando di "una vena d'umore sarcastico […] che scorre tra le menzogne di cui noi ci nutriamo", ha efficacemente puntualizzato tale peculiarità, notando il sottile file che divide commedia e dramma.

 

Il rapporto tra i coniugi Cavalli, ad esempio, è specchio limpido dell'Italia del tempo, specie della parte di penisola da cui provengono; tale provenienza inoltre permette di riprendere un topos piuttosto classico, quello del rapporto tra città e provincia, caro al regista per motivi autobiografici.

 

Appena arrivato in albergo, Ivan, interpretato da Leopoldo Trieste, contesta il comportamento della consorte, chiarendo subito i rapporti di forza agli spettatori:

"Ma non sta bene… una signora sola col facchino!".

 

E non è messa meglio la relazione con gli zii, che appare calorosa per convenienza e tradizione più che per reale affetto, decrepita quanto quella di un Paese fondato sul nepotismo.

 

Fellini, apolitico ma acuto osservatore della società, dipinge così in pochi tratti il contesto degli anni '50, e similmente agisce nei confronti del mondo dello spettacolo, che ben conosce.

Alberto Moravia, nel 1960, evidenzia come tale mondo sia "sorpreso però nel suo momento più intimo e sincero, dietro le quinte […] con un sentimento misto d'attrazione e di derisione".

 

 

[Leopoldo Trieste è Ivan] lo sceicco bianco
 

 

 

La macchina produttiva cinematografica, sintetizzata nella figura di Nando Rivoli e al contempo rappresentata da una marmaglia di attori, comparse e mestieranti, è presentata in modo grottesco e ironico tanto dall'interno quanto dall'esterno.

 

In primis quando Wanda, impersonata da Brunella Bovo, si reca nella casa di produzione e dimostra di essere soggiogata da quello star system in miniatura: la donna recita a menadito i nomi di attori e opere, ed emerge quanto tutto ciò, per lei e anche per lo spettatore tipo dell'epoca, sia importante, sia "vera vita".

 

A tal proposito, la risposta della soggettista ("la vera vita è quella del sogno") si lega poi sia a un tema carissimo al regista sia a una battuta pronunciata sul finale ("la vera vita è quella del sogno, ma a volte il sogno è baratro fatale").

 

Nel mostrarci la troupe del fotoromanzo "Lo sceicco bianco", Fellini sembra anticipare un altro cardine della sua poetica, evocando un'atmosfera quasi circense, fatta di costumi esotici e di trambusto.

È però solo nel set sul litorale laziale, a Fregene, che la caratterizzazione di questo mondo esplode nella sua deformazione, anche in senso metacinematografico.

 

Nello scegliere cosa mostrarci e come mostrarcelo, il regista sbeffeggia i lati meno nobili della situazione, mostrando un dietro le quinte fatto di materialità, screzi e ritardi in cui difficilmente si coglie un qualche spirito artistico.

 

Tra un regista urlante e un curioso ammiratore invadente, Fellini, da fumettista, esibisce la sua tendenza alla caricatura, che sarà centrale nella sua produzione, tendenza che pare toccare quasi tutti i personaggi del film, dal corpulento concierge allo stesso Ivan.

 

Per Aristarco, che scrive nel 1952, ciò è un disvalore in quanto produce uno "squilibrio di tono", mentre per Il Morandini si tratta di una deformazione attuata da un "talento visionario", capace di confezionare, in certi frangenti, una "graffiante satira di costume".

 

 

[Wanda con Nando] lo sceicco bianco lo sceicco bianco

 

Da citare, prima di considerare qualche aspetto stilistico, è anche la patina di sospensione, ora malinconica ora vagamente onirica, che avvolge il film, specie in alcuni passaggi.

 

Si tratta della questione più esposta a rischi di interpretazione a posteriori, ma diverse soluzioni sono indubbiamente ravvisabili, tanto che qualcuno ha parlato di realismo magico, definizione che comunque appare eccessiva in riferimento a Lo sceicco bianco.

 

Quello che Arturo Lanocita ha definito, in accezione negativa, un "ritmo singolarmente lento, come per un impaccio della regia e degli interpreti" e le ottime musiche di Nino Rota concorrono nel creare un effetto che sembra distanziare i personaggi rispetto al mondo fittizio in cui agiscono.

 

In particolare, nell'economia degli 85 minuti totali, ciò riguarda tre momenti più degli altri.

 

Per primo quello in cui le ricerche di uno smarrito Ivan, preoccupato per la scomparsa della moglie, sono commentate quasi ironicamente da una banda strombazzante di bersaglieri, che gli passa fugacemente accanto.

 

Per secondo quando Wanda incontra per la prima volta Nando, vedendolo dondolare su un'altissima altalena dalla quale scenderà, poi, con un balzo non proprio plausibile.

 

Per ultimo la notte in cui il protagonista, stremato dalle sue vane peregrinazioni, incontra due prostitute, tra cui la Cabiria di Giulietta Masina, e un vecchio mangiafuoco.

  

 

[Il cameo di Cabiria] lo sceicco bianco lo sceicco bianco

 

Sul versante meramente formale, infine, è importante fare una precisazione: Lo sceicco bianco, appena uscito, ottenne un pessimo riscontro di pubblico e di critica, con sparute eccezioni, subendo poi una decisa rivalutazione negli anni a seguire, perlopiù grazie allo status acquisito da Fellini.

 

È così che sulla rivista Bianco e nero, nel 1952, si parla di una "prova di regia convenzionale, scadente e grossolana", mentre cinque anni dopo, sulle stesse pagine, Lino Del Fra scrive di una "originalità dell'espressione" che "si manifesta nella cattiveria con cui la macchina da presa si muove, ora per fissare impietosamente, ora per sollecitare in tono di satira, gesti fatti e azioni dei protagonisti".

 

In concreto la regia si configura come piuttosto varia e, appunto, originale, ben coadiuvata dal montaggio di Rolando Benedetti, specie per quanto riguarda alcune situazioni comiche e lo svolgimento parallelo delle giornate di Wanda e Ivan.

 

Sommando tali aspetti stilistici, tra cui si segnala l'elegante bianco e nero di Arturo Gallea, a quelli narrativi, otteniamo una pellicola ottima e, in buona misura, anche innovativa, lontana dal Neorealismo.

Ma innovativa alla personalissima maniera del suo regista, perché, citando Tullio Kezich, è qui che "Fellini diventa Fellini".

 

 

[Alberto Sordi è Nando, "lo sceicco bianco"] 

 

Fortunatamente, giusto un anno fa Lo sceicco bianco è stato restaurato in 4K dalla Fondazione Cineteca di Bologna, nel laboratorio L'Immagine Ritrovata, il che ci permette di gustare a pieno il (mezzo) esordio di quello che, personalmente, reputo il più grande regista della nostra Storia.

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