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Spice Boyz - Recensione: un addio al celibato allucinogeno - RNFF 2020

Spice Boyz di Vladimir Zenkevich: cosa può andare storto a un allegro addio al celibato?

Dalla Bielorussa, con (poco) amore, approda al Ravenna Nightmare Film Festival Spice Boyz, roboante pellicola di Vladimir Zinkevich

 

Il film, liberamente ispirato a un fatto di cronaca, racconta della storia di un addio al celebato finito in tragedia. 

Vino, carte da "Uno", pizza e sesso: tutto sommato pare una serata discretamente tranquilla, quella dei protagonisti. Almeno fino a quando fumano quella che credono essere un tipo speciale di erba, la Spice, una droga allucinogena considerata troppo hardcore persino dagli spacciatori.

 

[Il trailer di Spice Boyz di Vladimir Zenkevich]

 

 

Spice Boyz ci presenta una realtà variegata di tipologie di esseri umani. Fin dai primi minuti del film veniamo immersi nella realtà della provincia bielorussa, dove l'omosessualità è motivo di vergogna, la prepotenza delle forze dell'ordine semina il terrore e i tentacoli della malavita sono ovunque.

 

Tutto è pregno poi di mascolinità tossica; che siano militari o poliziotti, giovani o adulti, gli uomini zittiscono e umiliano le donne, che spesso sono solo feticci sessuali. In questo senso è decisamente emblematica proprio la prima scena del film, dove osserviamo un cartellone con la pubblicità di una paninoteca che rappresenta una ragazza che mangia un hot dog - fatto di lucine intermittenti - simulando una fellatio. 

 

Uno dei protagonisti è un disabile che in un primo momento sembra emergere rispetto a questa realtà opprimente, ma non si capisce mai davvero se questa diversità di visione e di intenti sia dovuta a una vera sensibilità o all'insicurezza dovuta al suo stato fisico. 

 

La prima metà di Spice Boyz è dedicata sostanzialmente alla presentazione dei personaggi; per quanto siamo consapevoli che nel film ci sarà un exploit questo espediente risulta efficace per creare tensione e permetterci di empatizzare con i protagonisti, in bene e male.

 

 

[Il militare, il disabile e lo scapestrato: i tre tipi umani di Spice Boyz prima della carneficina]

 

Funziona con Climax di Gaspar Noè, per esempio, che ci mostra letteralmente un’intervista ai protagonisti prima di condurci nell’orrore della sangria corretta con LSD.

 

Una delle differenze sostanziali seppur non l'unica tra il film di Noè - a cui è evidente che il regista si ispiri - e Spice Boyz sta nella realizzazione dell’exploit: nel momento in cui la suggestione lascia spazio a sangue, allucinazioni e sparachiodi la tenuta del film ne risente.

 

Nel film del Genio del Male francese invece l'agonia è lenta, lisergica, orrorifica e non perde il suo fascino morboso nemmeno per un frame. 

Non è una differenza da poco. 

 

Non è ben chiaro se alcune scene siano volutamente comiche, ma è chiaro che quest'ultime, insieme ad alcuni cliché, contribuiscano a disperdere tutta la tensione costruita nella prima metà, come un castello di sabbia spazzato via da una tromba d’aria d’estate.

 

Spice Boyz è, tutto sommato, un horror con delle buone idee e realizzazione, seppur non eccella in originalità, pecchi in qualità in alcune scene e abbia delle evidenti ingenuità di scrittura.

 

Chissà cosa tirerà fuori dal cilindro la prossima volta questo regista bielorusso.

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