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Volevo nascondermi - Recensione: Elio Germano dipinge Antonio Ligabue

Recensione di Volevo nascondermi, film diretto da Giorgio Diritti sul pittore Antonio Ligabue

Al centro di Volevo nascondermi c'è la vita di Antonio Ligabue: uno dei pittori e scultori italiani più importanti del XX secolo.

 

Il film è il 4° lungometraggio di Giorgio Diritti, presentato al Festival del Cinema di Berlino dove ha vinto l’Orso d’argento grazie alla magnifica prova attoriale di Elio Germano nei panni del pittore nato a Zurigo.

 

Volevo nascondermi si apre con un'inquadratura che ritrae Ligabue nascosto dietro una coperta mentre osserva un dottore intento a fargli una visita psichiatrica.

I primi venti minuti ci immergono all’interno della vita di Antonio Ligabue pre-pittura, un passaggio fondamentale per capire come è diventato un Artista.

 

L’inizio del film è caratterizzato da continui salti temporali in cui vediamo le vessazioni che Ligabue ha subito fin dalla prima infanzia dovute a un sistema di educazione arcaico e alle sue condizioni psichiche che gli impedivano di difendersi dalle continue aggressioni dei suoi coetanei.

 

[Trailer di Volevo nascondermi]

 

 

Questo passaggio è necessario ai fini dell’opera, ma può allo stesso tempo risultare ostico sia per lo stile narrativo, a tratti confusionario, sia per i dialoghi ridotti all’osso che possono far perdere l’interesse nei confronti della vita di Ligabue da parte del pubblico. 

 

Una volta superato lo scoglio del primo atto, Volevo Nascondermi si evolve mettendo al centro la pittura di Ligabue usata dall’artista come mezzo per evadere dalla claustrofobia dei manicomi, per farsi amare o per comprare sentimenti e motociclette.

 

Il processo di creazione di un quadro viene rappresentato in maniera sorprendente, soprattutto grazie allo straordinario talento di Elio Germano

 

 

 

 

Quando guardiamo un film biografico capita spesso di vedere il personaggio solamente imitato dell'attore e non realmente interpretato: questo con Elio Germano non succede mai.

 

Passando da Il giovane favoloso per arrivare al recente Favolacce l'attore neo vincitore dell’Orso d’argento al Festival del Cinema di Berlino riesce sempre a trasformarsi e sorprendere regalando allo spettatore prove attoriali clamorose.

 

Il suo Antonio Ligabue in Volevo nascondermi è fisico, dotato di una sensibilità fuori dal comune e anche di un ego spropositato.

 

Quando dipinge muta nel soggetto al centro dell’opera, immedesimandosi a tal punto da comunicare tramite onomatopee, diventando schivo e irruento, una condizione necessaria per poter rappresentare nella maniera più limpida ciò che lui vede.

 

 

[Antonio Ligabue viveva in prima persona i propri quadri]

 

 

Se da una parte abbiamo quindi un grande Elio Germano, dall’altra la regia di Giorgio Diritti sembra accomodarsi sulle spalle dell’attore senza osare mai laddove si sarebbe potuto.

 

Van Gogh - Sulla soglia dell’eternità di Julian Schnabel è un chiaro punto di riferimento per Diritti, ma se il film con protagonista Willem Dafoe, grazie al sapiente uso della camera a mano, faceva vivere in prima persona allo spettatore la confusione del poeta olandese, questo aspetto in Volevo nascondermi è presente in una sola sequenza, risultando invece per tutto il resto del film algido, senza spunti e soluzioni narrative degne di nota che un soggetto straordinario come quello di Ligabue poteva offrire. 

 

Un vero peccato, anche perché il lavoro fatto dalla fotografia e dalla scenografia è veramente mirabile.

 

Le campagne emiliane dell’epoca fascista sono curate nei minimi dettagli, in certe situazioni sembra di rivivere le atmosfere de L’albero degli zoccoli, capolavoro di Ermanno Olmi, così come la direzione delle comparse e l’uso del dialetto locale ci porta indietro di ottant'anni non risultando mai forzato né didascalico.

 

 

 

 

Volevo nascondermi risulta quindi a mio avviso un film non propriamente riuscito in quegli aspetti che avrebbero potuto renderlo un’opera memorabile.

 

Grazie alla grande prova di Elio Germano e a quella del comparto tecnico, però, il film riesce a rendere onore a quel grande pittore che è stato Antonio Ligabue, tratteggiando il ritratto dell’uomo dietro un grande artista.

 

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