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Da 5 Bloods - Recensione: Black Lee(ves) Matter in Vietnam

Un gioiello nella filmografia di Spike Lee e nel Cinema contemporaneo 

Da 5 Bloods - Come fratelli è l'ultimo lavoro di Spike Lee: prodotto dalla sua 40 Acres & A Mule Filmworks in collaborazione con Rahway Road Productions il film è distribuito da Netflix e va a inserirsi nel novero di opere di assoluto livello disponibili sulla piattaforma streaming. 

 

Come già successo con Roma di Alfonso Cuarón e con The Irishman di Martin Scorsese appare evidente che Netflix non abbia la minima intenzione di mettere bocca sulle scelte artistiche degli autori che sceglie di distribuire: un atteggiamento lontano da quello storico dei produttori che abbiamo imparato a conoscere nei decenni e che costringevano i registi a far uscire una prima versione del film per poi lanciare la director's cut, montata come volevano loro. 

 

Da 5 Bloods è in tutto e per tutto un'opera che appare libera da vincoli, da imposizioni e da decisioni che non siano quelle di chi il film l'ha voluto, scritto, prodotto e diretto. 

 

Spike Lee è infatti produttore, co-sceneggiatore e regista di un film che in 154 minuti diventa il suo nuovo manifesto cinematografico. 

 

[Trailer internazionale di Da 5 Bloods - Come fratelli]

 

 

È impressionante notare come i temi e i messaggi che il cineasta di Atlanta sta portando avanti da più di trent'anni risultino sempre attuali, crudi e necessari: Da 5 Bloods è la perfetta rappresentazione cinematografica di quel Black Lives Matter che oggi è tornato ad essere argomento di attualità, ma di cui in fondo non dovremmo mai smettere di parlare. 

 

Il film dimostra anche come sia possibile distribuire nel 2020 un film che parla della Guerra del Vietnam senza risultare ridondante, come si possa parlare di quel conflitto e di come abbia segnato inesorabilmente gli uomini e i paesi coinvolti con originalità, stile e passione. 

 

Da 5 Bloods racconta la storia di quattro veterani del Vietnam, quattro Black G.I. come vengono chiamati, che tornano sui luoghi della guerra decenni dopo per recuperare i resti del loro quinto 'fratello', leader del gruppo caduto in guerra, per poterlo riportare negli Stati Uniti.

 

Ma dietro a questo nobile gesto si nasconde anche la ricerca di una cassa piena di lingotti d'oro, da loro trovata ai tempi e nascosta per poter essere recuperata in seguito.  

 

 



Il plot mette quindi in moto una storia che incrocia i destini dei quattro protagonisti con quelli dei vietnamiti figli di coloro che quella guerra l'hanno combattuta, con le ex prostitute che si sono rifatte una vita, con uomini d'affari francesi che hanno ancora oggi interessi e che speculano su quel popolo, con i figli dei vietnamiti del sud che erano alleati degli statunitensi, con le associazioni europee che si occupano di sminare i territori ancora carichi di mine anti-uomo dopo mezzo secolo. 

 

Tanti attori in campo, tantissime le cose da dire, ancora di più i modi che Spike Lee sceglie per raccontarle. 

 

Da 5 Bloods mescola destini e sensi di colpa, disturbi da stress post-traumatico e segreti indicibili con i formati cinematografici: il film salta da un periodo storico all'altro passando da un aspect ratio 'storico' di 1.33:1 a quello cinematografico 2.39:1, sporcando l'immagine quando racconta della guerra come se stessimo assistendo a del footage originale in pellicola e tornando a splendere nella definizione del 4K quando racconta i giorni nostri. 

 

 

 

 

La mescolanza però non si limita a questo perché il film è carico di citazioni, discorsi, immagini, filmati di repertorio di tutto il gotha del movimento per i diritti civili degli afroamericani e di qualunque 'eroe nero' la Storia ci abbia consegnato.

 

Da Martin Luther King Jr a Muhammad Alì, da Crispus Attucks a Milton L. Olive III, dai primi schiavi deportati dall'Africa nel 1619 ad Angela Davis, dagli olimpionici Tommie Smith e John Carlos a Messico '68 al movimento Black Lives Matter e Donald Trump, Da 5 Bloods è una lezione di Storia sulle lotte che i neri americani hanno portato avanti per il riconoscimento dei propri diritti, lotte che ormai proseguono da 4 secoli. 

 

Il film cita in continuazione e si confronta con quelle opere cinematografiche che il Vietnam lo hanno raccontato prima di lui, non mancano infatti palesi riferimenti ad Apocalypse Now e a Platoon, ma c'è anche il tempo per qualche battuta su Rambo e Rombo di Tuono: il risultato è una corsa sfrenata che non manca mai di ritmo e che tiene sempre il passo lungo tutte le due ore e mezza di durata, dove c'è spazio per la riflessione, per la risata amara e per quella sincera, per l'orrore, per la commozione e per la sorpresa. 

 

 



Da 5 Bloods però non fa sconti a nessuno e anche se è vero che si può scorgere una sorta di redenzione sul finale, in realtà il film non fa prigionieri e sottintende che chiunque ha le proprie colpe da pagare in un modo o nell'altro. 

 

Nessuno è esente dai sensi di colpa né dagli errori. 

Ognuno è sia vittima che carnefice, manovrato dal proprio egoismo malcelato dietro un'apparente maschera di filantropia e generosità. 

 

Cinematograficamente parlando il film a mio avviso è uno spettacolo: la fotografia di Newton Thomas Sigel (Drive, Bohemian Rhapsody) fa un lavoro gigantesco e restituisce tutti i sapori possibili tra passato e presente, le musiche del solito collaboratore di Spike Lee, quel Terence Blanchard che scrive le musiche dei suoi film dai tempi di Jungle Fever nel 1991, rendono epica ed emozionante qualunque scena con un discorso tra archi e fiati che respira assieme alle immagini, e l'aggiunta dei brani di artisti come Marvin Gaye e Curtis Mayfield vanno a coronare una colonna sonora splendida. 

 

 



Ma Da 5 Bloods forse non sarebbe un film così grande senza l'apporto dei suoi protagonisti. 

 

Delroy Lindo, Clarke Peters, Norm Lewis e Isiah Whitlock Jr., rispettivamente Paul, Otis, Eddie e Melvin, sono i quattro amici ex commilitoni, i quattro fratelli di sangue che portano avanti il racconto, con l'aggiunta di Jonathan Majors nei panni di David, il figlio di Paul, e di uno svafillante Chadwick Boseman che interpreta Stormin' Norm, il quinto fratello caduto in guerra e che appare solo nelle scene ambientate durante la Guerra in Vietnam. 

 

Quattro uomini che non hanno mai chiuso i loro conti con il passato, quattro soul brothers che custodiscono segreti imbarazzanti e dolorosi, quattro persone che sono alla ricerca di uno scopo dopo averlo perso per colpa della guerra, del governo, della crisi economica, della loro incapacità di gestire i rapporti. 

 

[Una clip di Da 5 Bloods]

 

 

Delroy Lindo nei panni di Paul è il personaggio più profondo e a cui Lee dedica più spazio, un uomo devastato dal PTSD e dai sensi di colpa, conscio di esserlo e consapevole di non essere in grado di fare il padre. 

 

A lui il regista regala un monologo a tratti shakespeariano che, come si confà alla poetica di Spike Lee, l'attore recita guardando in macchina, fissandoci dritto negli occhi e facendoci male. 

 

Chadwick Boseman è invece il leader idolatrato dagli altri - ché si sa: chi muore giovane diventa eroe - che vive nei loro ricordi e nei loro incubi, ritratto come un vero soldato e un vero attivista attento alle esigenze di un 'popolo' maltrattato e sfruttato, di un'etnia che "nonostante sia il 10% della popolazione statunitense rappresenta il 32% dei soldati americani mandati in Vietnam", colui che trova i lingotti d'oro e il cui primo pensiero è prenderli per donarli al movimento dei diritti civili dei fratelli neri. 

 

Da 5 Bloods dipinge il personaggio di Stormin' Norm in un modo che rende Boseman ancora più sovrano e splendente rispetto a quanto visto in Black Panther, nonostante lì fosse davvero un sovrano splendente, ed è per Spike Lee il tramite per collegare il passato al presente, la storia raccontata e la Storia da raccontare. 

 

 



Credo sia chiaro che Da 5 Bloods sia un film che ho amato tantissimo, e che rivedrò volentieri al più presto. 

 

Mi stupirei se in qualche modo non dovesse arrivare a ricevere dei premi importanti almeno per il Film, la Regia e la performance di Delroy Lindo. 

 

Se BlacKkKlansman è stato per Spike Lee una sorta di colpo di fucile al cuore del razzismo storico di cui gli Stati Uniti sono impregnati, Da 5 Bloods è una vera sventagliata di napalm lanciata addosso a tutti i pregiudizi e i preconcetti, un bombardamento in piena regola in faccia ai suprematisti bianchi e ai trumpisti dell'ultima ora. 

 

E il film esce perfettamente in un periodo storico in cui le rivolte negli USA hanno ripreso a incendiarsi, e forse diventa evidente che ancora più che un disclaimer da apporre per contestualizzare Via col vento e aiutare lo spettatore contemporaneo a collocare nel giusto periodo un film del 1939, sarebbe d'uopo proiettare a ciclo continuo in tutti gli Stati Uniti un film del 2020 come Da 5 Bloods

 

 

[Spike Lee (il primo a sinistra) con il cast di protagonisti di Da 5 Bloods]

 

 

Un'energia e una vitalità cinematografica come non si vedeva da tempo, un gusto incredibile per il Cinema in quanto tale creato e cesellato con passione, entusiamo e lotta civile: un film che non vuole essere carino ma che al contrario ha intenzioni bellicose dichiarate fin dal prologo, costruito con filmati di repertorio sulle battaglie che i neri americani hanno fatto negli ultimi 50 anni. 

 

Se davvero il Cinema al cinema è ormai principalmente in mano ai franchise e alle rivisitazioni di vecchie IP perché le grandi major non hanno più tanta voglia di rischiare, allora forse è un bene che esistano piattaforme come Netflix se poi i risultati sono questi, dove un autore è libero di urlare con la propria voce senza scendere a compromessi e dove può realizzare un'opera che sì, meriterebbe il grande schermo, ma che se l'alternativa è il taglio di un'ora o addirittura l'inesistenza, allora che streaming sia. 

 

Da 5 Bloods è a mio avviso un'opera importante, imperdibile e meravigliosa, e lo sarebbe anche senza il contesto storico contemporaneo, senza George Floyd e senza Donald Trump, perché la Storia ci ha insegnato che sono secoli che esistono dei George Floyd e dei Donald Trump e che questi di oggi non saranno, purtroppo, gli ultimi con cui avremo a che fare. 

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