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Jay e Silent Bob Reboot - Recensione: L'idiozia senza fine

La recensione dell'ultima follia di quel tontolone nerdoso di Kevin Smith 

Sgombro il campo: io adoro Kevin Smith.
Dopo mattane come Clerks, Dogma e Tusk, francamente, non posso fare a meno di amare questo nerd pazzerello del New Jersey.
Come molti di voi, suppongo.

 

 

Così, nonostante produzioni "discutibili" (siamo buoni, via) come Zack & Miri - Amore a... primo sesso Poliziotti fuori - Due sbirri a piede libero, non ho potuto fare a meno di assistere al ritorno sul grande schermo di due dei personaggi più iconici partoriti dalla mente di Smith: Jay e Silent Bob.

 

Jay e Silent Bob - Ritorno a Hollywood è un film per nostalgici fatto da nostalgici e, come tale, non poteva che iniziare con il buon Dante (Brian O'Halloran) che si appresta ad aprire il celeberrimo Quick Stop Groceries della cittadina di Leonardo.

 

A fianco del negozio non c'è più il videonoleggio di Randall, ma bensì un locale dal nome ambiguo e raffinato di The Cock Smoker: un fast food di pollo fritto che si rivelerà essere una copertura dove i due fattoni più famosi del New Jersey coltivano marijuana.

 

[Poteva mancare la gag di Jay che si nasconde il c***o sulle note di Goodbye Horses, come Buffalo Bill de Il silenzio degli innocenti? Certo che no!]

 

 

Dopo un processo rocambolesco e assurdo, Jay (Jason Mewes) e Silent Bob (Kevin Smith) verranno privati della possibilità di usare i loro nomi, avendone ceduto il copyright alla casa di produzione che sta organizzando il reboot di Bluntman & Chronic, flop commerciale di 19 anni prima ormai diventato cult.

 

I due amichevoli pusher di quartiere partiranno dunque alla volta di Hollywood per impedire la realizzazione del film, irrompendo al Chronic Com (sic!), il Festival del Fumetto dedicato ai loro alter ego in costume.

Durante il viaggio verso la California, tra una fumata e l'altra, i nostri eroi avranno modo di incrociare la strada di vecchie conoscenze e nuovi imbecilli.

 

Come? La trama vi suona familiare? 
Ma non mi dite...

 

 

[Oh! Ma tu sei quello che si è scopato la torta! E tu? Alla fine te la sei ficcata Joey?]

 


Come dichiarato dal titolo italiano - ma soprattutto da quello originale (Jay and Silent Bob Reboot) - il quindicesimo lungometraggio di Smith è un rimaneggiamento di Jay & Silent Bob... fermate Hollywood!

 

Il problema, purtroppo, è che riproporre con qualche leggera variazione un film che non era propriamente "riuscito" può risultare un'operazione a dir poco infelice.

 

L'originale del 2001, per quanto fosse una derivazione sbiadita di b-movie folli e geniali come Clerks, Generazione X e In cerca di Amy, era un road/buddy movie trash, con una comicità sfacciatamente greve e citazionista, ma comunque dotato di alcuni (pochi) momenti divertenti. 

 

[Vi ricordate quando Jay provò a sacrificarsi in nome del "Libro della strada", azzardando un cunnilingus a Carrie Fisher?]

 

Già per l'epoca era un humor stantio, fortemente legato agli anni '90 (anche nel sistema di messa in scena di Smith), ma che - a tratti - riusciva a salvarsi grazie alle trovate allucinanti del regista/sceneggiatore, ai cameo esilaranti e ad alcune citazioni divertenti.

 

In Jay e Silent Bob - Ritorno a Hollywood, Smith prova a utilizzare la stessa formula di 19 anni prima modernizzandola con richiami a Netflix, Chili e a tutte le piattaforme streaming attuali, Silent Bob che utilizza le emoji del suo smartphone per esprimersi, omaggi a recenti film di successo come A Quiet Place.

 

Il regista/fumettista/comico statunitense ce la mette tutta e sforna citazioni a raffica sulla cultura nerd, si prende ripetutamente per il culo da solo, diverte con la mimica del suo Bob, osanna la Marvel, sfonda la quarta parete e scrive dialoghi ad alto tasso metacinematografico.

Tenta persino un flebile discorso semi-serioso sulla crescita, sulla presa di responsabilità e sul rapporto genitore/figlio.

Ma non basta. 

 

 

["Ehi, dopo tutti questi anni, quale cazzone rincoglionito vorrebbe ancora vedere delle stronzate con Jay e Silent Bob?!]

 

 

Il cast, come al solito, è un agglomerato di volti noti della cinematografia di Smith, da Ben Affleck e Matt Damon (Sì: nei panni di Loki. E sì: sfotte Tom Hiddleston) a Jason Lee fino a Rosario Dawson e nuovi protagonisti di piccoli-grandi cameo: Chris Hemswort, Val Kilmer, Justin Long, Joe Manganiello, Robert Kirkman e tanti altri (dolcissimo l'omaggio post-credit a Stan Lee).

 

Il grande assente è Jeff Anderson, interprete del mitologico Randall Graves, che dovrebbe esserci però per Clerks 3, sequel su cui pare che Smith stia lavorando alacremente in questo periodo di quarantena da Covid-19.

La speranza è che possa riservarci qualche piacevole sorpresa per quanto riguarda la sceneggiatura, perché se il livello resta questo la vedo grigia.

 

A conclusione di questa recensione dovrei dirvi che Jay e Silent Bob - Ritorno a Hollywood è un film del c***o che non vale la pena di essere visto.

 

 

[Ehi! Lo volete un Thor-ologramma-guida?]


Ma non lo farò.


Perché Smith non si prende mai sul serio, sapendo di proporre un B movie per appassionati ormai più simili a una grande famiglia che a una fanbase.

Perché, nel film, il personaggio interpretato da sua figlia lo ha battezzato Millennium Falcon (ah, nel caso non lo sapeste, la sua bambina si chiama Harley Quinn).


Perché, girando, si è palesemente divertito come un bimbo con il cast tutto, togliendosi persino la soddisfazione di diventare Iron Man per 5 minuti.

Perché, per quanto scadente e non troppo divertente, Jay e Silent Bob - Ritorno a Hollywood è una malinconica passeggiata sul viale dei ricordi insieme a tanti amici del Clerks Cinematic Universe.

Perché, in fondo, Kevin Smith è come quel tuo amico nerd, iperattivo, scemo, che fa sempre le stesse battute, ma impossibile da mandare affanculo.

 

E io gli voglio bene.

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