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La femme de mon frère - Recensione: ridere dell'amore altrui - Cannes 2019

L'esordio alla regia di Monia Chkri apre la sezione Un Certain Regard a Cannes 2019

La sezione Un Certain Regard si è aperta la sera del 15 maggio in Sala Debussy con La Femme de mon Frère, di Monia Chokri

 

Dopo l'introduzione del direttore del Festival Thierry Frémaux e la presentazione della giuria, presieduta da Nadine Labaki - regista di Cafarnao, di cui abbiamo parlato qui - e composta dal regista argentino Lisandro Alonso, l'attrice francese Marina Foïs, il regista belga Lukas Dhont e la produttrice tedesca Nurhan Sekerci-Porst, viene proiettata la clip con tutti i film della sezione e a seguire, il primo film di questa edizione del Festival.

 

La femme de mon frère è l'esordio dietro la macchina da presa per Monia Chokri - che abbiamo visto recitare, tra gli altri, per Xavier Dolan ne Gli amori Immaginari e in Laurence Anyways - e il film è agrodolce, divertentissimo e colorato.  

 

 

 

Sophia è una giovane canadese che non riesce a trovare un lavoro stabile, "troppo qualificata per alcuni lavori ma senza nessuna esperienza per altri", ed è costretta a vivere con il fratello Karim con il quale ha uno strettissimo rapporto d'affetto e complicità. 

 

Il giorno che Sophia decide di abortire, per la seconda volta anche se 
"La prima volta avevo 19 anni, quindi non conta"

Karim la accompagna per offrirle il suo supporto morale. 

 

Ma tutto cambierà nel momento in cui il ragazzo perderà la testa per Eloïse, la ginecologa della sorella.  

 

 



Raccontato così potrebbe sembrare un dramma intimista ma in realtà Chokri, anche sceneggiatrice, riesce a portarci nel mondo di Sophia con leggerezza e umorismo, circondandola di situazioni e personaggi imbarazzanti e inopportuni (uno su tutti, l'amico di Eloïse portato a una cena come speranza di un doppio appuntamento) che fanno volare le due ore di pellicola senza mai porre freni e lasciando lo spazio per la riflessione solo negli interstizi che si creano nei rari momenti in cui i personaggi non parlano. 

 

Girato in un 16mm pastoso e fotografato stando praticamente sempre addosso alla protagonista, La femme de mon frère ha un'identità precisa e distinta: a volte ricorda i primi lavori di, appunto, Xavier Dolan ma ha dei tocchi e dei momenti che fanno pensare anche al Free Cinema inglese. 

 

Il punto di vista è quello della protagonista e spesso non vediamo che lei e ciò che vede lei, una trentacinquenne ultrapreparata che però non ha lavoro, rischia di perdere il suo più grande amico nonché fratello ed è sul punto di giocarsi il rapporto anche con i genitori.  

 

 



Genitori che pur essendo divorziati vivono a pochi metri di distanza e ancora scherzano e ballano come se nulla fosse cambiato, con una madre pronta al gioco e un padre veterocomunista che non riesce ad esimersi dal criticare il mondo contemporaneo e non sa nemmeno preparare una semplice torta. 

 

Il cambio radicale di vita di Karim, fino a quel momento libertino e senza nessuna intenzione di creare legami duraturi e tanto meno di avere figli, è per Sophia un colpo durissimo da affrontare perché le toglie l'unica vera certezza che le era rimasta. 

 

La sua reazione nei confronti di tutto ciò che la circonda sarà violenta e infantile, con un immotivato odio provato nei confronti di una Eloïse che al contrario fa di tutto per entrare nelle sue grazie: Sophia cercherà allora certezze altrove, che siano queste una nuova amica dedita alle droghe o un make up eccessivo, fino ad arrivare a concedersi una folle notte con l'impacciato amico della cena e il suo coinquilino. 

 

 

 

 

I momenti di svolta non li vediamo mai: non vediamo l'operazione dell'aborto ma solo Sophia pochi minuti dopo ancora sotto l'effetto della morfina, non vediamo la nottata di pazzie ma solo Sophia il mattino dopo quando si sveglia esageratamente in ritardo e con i postumi. 

Vediamo però la furibonda litigata con il fratello e la famiglia quando Eloïse viene presentata da Karim ai genitori, lite che però finirà... per non distruggere nulla concretamente. 

 

Tutte queste situazioni vengono raccontate sempre sul filo dell'ironia e spesso con forti dosi di comicità, e non è raro che il fuori campo diventi una scelta decisa di messa in scena: in La femme de mon frère si ride tantissimo e di gusto, e ci si innamora facilmente della protagonista che accompagnamo da un inizio imbarazzante a un colloquio di lavoro fino a un finale quasi enigmatico, romantico ma non del tutto risolutore.  

 

 



Il film della Chokri è una girandola di colori ed emozioni, con delle strepitose interpretazioni di Anne Élisabeth-Bossé (Sophia) e Patrick Hivon (Karim) che dimostrano una chimica invidiabile e una verve comica clamorosa, e dei co-protagonisti di alto livello come Sasson Gabai (il padre Hichem), Evelyne Brochu (Eloïse) e l'irresistibile imbranato Mani Soleymanlou (Jasmin). 

 

Monia Chokri dimostra all'esordio di saper scrivere, dirigere e mettere in scena una storia originale, fresca, viva e solida, ed è comprensibile come mai sia stato scelto La femme de mon frère per l'apertura di Un Certain Regard: se questo è il suo primo film, sinceramente già adesso non vedo l'ora di vedere i prossimi.  

 

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