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Avengers: Endgame - Recensione: Parte del viaggio è la fine

Il film Marvel più ambizioso e più lungo di tutti

La premessa per evitare di avere a che fare con gli sciocchi è purtroppo obbligatoria. 

 

Negli ultimi anni abbiamo assistito a un inasprimento dei rapporti interpersonali a causa della libertà garantita dall'anonimato della rete, libertà che molti vivono come possibilità di insultare chiunque, in qualunque modo e per qualsiasi motivo. 

 

È quindi cresciuta a dismisura la cattiveria che serpeggia nei social network, nei forum o sui siti di discussione quando un argomento è caldo e attuale, e il Cinema non è esente da questo tipo di corrosivo atteggiamento.  

 

 



Va da sé, quindi, che parlare di un film Marvel comporti il dovere ogni volta avere a che fare con gli autonominatosi paladini del "Cinema vero", coloro per i quali vige il sillogismo secondo cui i cinecomic non sono "Cinema" quindi chi spende tre ore del proprio tempo per guardare Avengers: Endgame - o qualsiasi altro film dove ci sono degli eroi in calzamaglia protagonisti - non ama il Cinema. 

 

Ribadendo quanto già espresso sul finale della recensione di Avengers: Infinity War, auspico che chi in questo momento si trovi a leggere queste righe non faccia parte di quel novero di cervelli che ragionano in codice binario, ma se così fosse vi esorto a non perseverare nell'idiozia e a pensare che da quando esiste il Cinema è sempre esistito un doppio approccio: quello più realista e quello più improntato all'intrattenimento. 


I fratelli Lumière e Georges Méliès

Robert William Paul e James Williamson.  

Il Cinema come finestra sul mondo e il Cinema come prodigio.

 

Credo quindi sia presuntuoso sostenere oggi che il Cinema debba essere solo e soltanto una cosa e non l'altra, e penso sia inopportuno pensare che l'esistenza di una faccia debba in qualche modo negare l'esistenza dell'altra.  

Detto ciò, ammetto che parlare liberamente di Avengers: Endgame senza far trapelare nulla in merito alla trama è qualcosa di estremamente complicato, ma tenterò ugualmente di farlo.  

 

Nel caso in cui qualcuno fosse invece interessato a sentire il nostro parere libero da vincoli, qui sotto trova la puntata del podcast Spoiler Special dedicata al film, da ascoltare rigorosamente solo se lo si è già visto. 

 

 

 

"Parte del viaggio è la fine".

 

Il 22° film di casa Marvel ci dice già dal titolo che sarà la fine di qualcosa.

 

Nonostante sia stato comunicato che la cosiddetta Fase 3 del Marvel Cinematic Universe non si chiuderà con questo, ma con Spider-Man: Far from Home, è evidente che Avengers: Endgame sia stato pensato, scritto e prodotto come coronamento di 11 anni di lavoro, l'epilogo unico di tante storie aperte da tanti film, con personaggi che si ritrovano e fanno i conti tra di loro e con se stessi. 

 

Fin dall'inizio è stato detto che Avengers: Infinity War sarebbe stata la prima parte di un enorme film diviso in due e, a mio parere, il film dell'anno scorso è generalmente riuscito meglio di questo. 

 

Ma Avengers: Endgame è a tutti gli effetti un'opera gigantesca, ambiziosa e prepotente: lo è stata nella promozione e nella costruzione delle aspettative e lo è anche nella messa in scena e nella realizzazione.  

 

Tutto nel film è mastodontico. 

I picchi emozionali sono spinti parecchio, si ride molto e ci si commuove molto, ci si sorprende tantissimo e ci si ritrova spesso a sorridere riconoscendo determinate cose o atteggiamenti che si è imparato a conoscere nei film precedenti a questo.  

Non era per niente facile per il quartetto formato da Christopher Markus e Stephen McFeely alla sceneggiatura e dai fratelli Russo in regia riuscire a tenere in piedi un'idea così gigantesca: tre ore di racconto in cui tantissime situazioni si sarebbero dovute riaprire, dopo gli eventi narrati in Infinity War, per poi richiudersi definitivamente. 

 

Tre ore in cui fare interagire un totale di oltre venti personaggi importanti, senza perdere di vista le loro peculiarità, facendoli emergere e brillare tutti allo stesso modo, senza perdere il filo di ciò che si sta raccontando e senza snaturarli, mantenendo quindi le loro caratteristiche che il pubblico ormai conosce. 

 

Dopo un primo atto davvero spettacolare, Avengers: Endgame secondo me soffre un po' la propria durata nel secondo, dove i tempi si sfilacciano e il ritmo zoppica per dare spazio a delle interazioni eccessivamente verbose tra i personaggi.

 

L'attenzione dello spettatore viene quindi immediatamente catturata da un paio di trovate davvero riuscite, ma poi il film si parla un po' troppo addosso dovendo forzatamente ampliare delle situazioni appena aperte. 

Il terzo atto sono però sicuro che sarà la gioia di qualunque fan Marvel: uno spettacolo nello spettacolo, con delle sequenze incredibili e "gargantuesche" sia nel significato che nella messa in scena; ci sono molte, moltissime sorprese ed è pressoché impossibile pronosticare lo svolgimento del film nei minimi dettagli, dato che ogni scena porta a una situazione inaspettata che ne costruisce un'altra successiva. 

 

Avengers: Endgame ha però delle pecche più evidenti rispetto al suo fratello del 2018: alcune battute ad effetto le ho trovate scontate e si riescono a pronunciare qualche secondo prima che le dica il personaggio, alcune situazioni vengono gestite non al meglio e alcuni rapporti di forza tra i personaggi sono poco coerenti. 

 

Inoltre, se in Avengers: Infinity War il plot era stato intelligentemente suddiviso su varie storyline parallele, qui la cosa prende una direzione completamente diversa: originale e imprevedibile, certo, ma allo stesso tempo esageratamente complessa e in alcuni snodi risolta in maniera sbrigativa, nonostante i 181 minuti a disposizione.  

 

 

 

Ma la sfida era grande e in generale credo che i fratelli Russo e tutti coloro che fanno parte del team produttivo di Kevin Feige siano riusciti a vincerla. 

 

Perché tutto in Avengers: Endgame è improntato sulla consapevolezza della propria vulnerabilità. 

Allargando il discorso, la cosa diventa metafora del film stesso. 

 

Ogni personaggio presente nel film deve fare i conti con il proprio passato, con i propri fallimenti e con ciò che questi hanno causato. 

La perdita degli affetti, la scomparsa della vita che c'era prima.  

Ognuno di loro è come ognuno di noi: vulnerabile, nel fisico e nell'animo. 

 

L'idea alla base del film e come viene sviluppato il prosieguo degli eventi visti in Avengers: Infinity War è davvero mirabile, e risulta evidente il gigantesco abbraccio che Marvel vuole dare ai propri fan.  

 

 

 

 

Coloro che hanno vissuto gli ultimi 11 anni crescendo con i loro film si emozioneranno non poco; a mio parere in questo caso sarebbe sbagliato definire l'operazione come "fan service" perché l'intenzione degli sceneggiatori è palese: il tempo è passato, siamo tutti cresciuti e siamo tutti cambiati, e se i nostri destini hanno in qualche modo avuto anche una piccola cosa in comune con il destino di quegli eroi che vediamo sullo schermo, allora è giusto ritrovarsi insieme per ricordarci cosa eravamo e cosa siamo oggi.

 

Soprattutto è giusto pensare a cosa saremo, consci delle nostre fragilità e disposti a riconoscere i nostri errori e a sacrificarci per qualcosa che verrà, anche se non sappiamo assolutamente cosa ci aspetta. 

 

Da questo punto di vista Avengers: Endgame continua e conclude quanto iniziato con Iron Man, nell'ormai cinematograficamente lontano 2008: il rapporto tra il padre e il figlio torna ad essere il baricentro degli eventi. 

Ciò che sono stati i padri, saranno anche i figli? 

Come insegnamo a vivere a chi dipende da noi? 

Quali strumenti diamo in mano a chi mettiamo al mondo? E quanto siamo disposti a perdere di noi stessi per far sì che possano loro sopravvivere?  

 

In questo il film corona una nuova epica contemporanea, cara a quello Stan Lee che sulla carta tanto ha inventato per Marvel, dove l'eroe non è bidimensionale e dove i suoi poteri non sono fine a se stessi: comportano oneri e conseguenze, soprattutto per chi ci sta vicino. 

Il discorso generale è lampante una volta che ci si allontana per un momento dall'ennesima scazzottata o dall'ennesimo mirabolante effetto visivo e si guarda il quadro complessivo. 

 

Semplice, lineare, anche banale se vogliamo, ma il messaggio c'è ed è un messaggio forte. 

 

 

 

 

Gli insegnamenti, le eredità, i lasciti. 

 

Riconoscere che siamo il risultato di chi ci ha creato e di chi ha formato ciò che siamo, prenderne atto nonostante tutto e andare avanti. 

Anche dovendoci lasciare alle spalle qualcosa che ci è estremamente caro. 

Abbracciare il fallimento come parte della vita e coglierlo come opportunità per proseguire evolvendoci. 

 

Dall'apocalisse alla disperazione. 

Poi accettazione e speranza. 

Infine consapevolezza e sacrificio. 

 

La famiglia di sangue e la famiglia acquisita al centro di tutto, nel bene e nel male. 

Marvel sa bene che tra i propri spettatori ci sono milioni di ragazzi, milioni di uomini e donne che 11 anni fa erano bambini o poco più. 

 

Sa che quegli spettatori sono cresciuti assieme agli eroi che volteggiano tra armature ed esplosioni, e sa che oggi quegli spettatori sono il risultato anche di tutti i film che hanno visto al cinema.  

 

 



La famiglia acquisita è anche quella del suo pubblico, che con questo incredibile esperimento dell'universo cinematografico condiviso è riuscita a coccolare e a far crescere. 

 

Che ha portato in mondi nuovi sviluppando personaggi che quegli spettatori avrebbero ritrovato periodicamente in sala, personaggi che inevitabilmente sono cresciuti anch'essi e che portano adesso qualche ruga in più sul viso e tanti ricordi dietro le spalle. 

Spettatori e personaggi che oggi deve in qualche modo salutare, per farli crescere un po' di più, per fare in modo che si possa andare avanti. 

 

Perché ogni bambino, quando cresce, diventa un adulto che si allontanerà da chi l'ha cresciuto. 

Allora forse è una bella idea quella di ringraziarlo per l'affetto e salutarlo nel migliore dei modi, sperando di aver lasciato qualcosa in lui. 

 

Perché per quanto doloroso, per quanto sofferto e decisivo, per quanto difficile a credersi e da accettare... 


"Parte del viaggio è la fine".

 

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2 commenti

Arkantos

5 anni fa

Eh già... Anche se non nego una visione con amici nel caso mi dovessero invitare, in effetti è la classica situazione dove i doveri e la sfortuna hanno la meglio sui piaceri, e dire che la sveglia era già impostata! Tutta colpa di essa se oggi non sono riuscito a vedere Endgame...

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Benito Sgarlato

5 anni fa

😂  brutta storia!

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