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IT - Recensione: tanto entusiasmo per la normalità

Andrés Muschietti confeziona un film che conquista il pubblico che doveva conquistare

Era atteso da molti, ed è stato uno dei film più chiacchierati della stagione scorsa. 

 

Personalmente penso che di base IT sia un film tecnicamente realizzato molto meglio rispetto alla mini-serie del 1990, che era e resta un prodotto televisivo, con tutti i limiti del caso.

 

 



Il film di Andrés Muschietti scivola spesso su qualche scavalcamento di campo assolutamente ingiustificato fin dalla seconda scena, ma la fotografia è curata, ci sono composizioni interessanti e la macchina da presa resta praticamente sempre ad altezza-ragazzino.

 

In generale però mi è parso un film normalissimo per il quale non capisco l'isteria collettiva che lo ha accompagnato da quando è uscito e che sta creando tutta questa aspettativa per il sequel.

 

Pecca secondo me soprattutto nel presentare e sviluppare il gruppo di protagonisti, che restano tutti abbozzati e non fanno mai squadra tra di loro.

 

L'effetto Goonies è inesistente, l'amalgama presente in film come Stand by me - tratto da un libro dello stesso Stephen King - non c'è, l'empatia non scatta, i losers sono dei perdenti solo perché se lo dicono tra di loro e per un paio di violenze subite dai più grandicelli, ma la loro condizione sociale non esce da ciò che il film ci mostra.

 

E anche il gruppo dei bulli è solo suggerito, a maggior ragione il capetto dei bulli le cui azioni non hanno alcun senso logico né nelle prime scene né particolarmente nelle ultime. 

 

 



Non si comprendono le motivazioni di IT e che cosa sia davvero, e il clown sembra uno dei tanti cattivelli visti in altri mille film. 

 

Non è chiaro il motivo che spinge i protagonisti a cambiare idea e combatterlo, molte cose sono buttate là restando in superficie e la CGI è debordante ed esagerata, quando forse lasciare maggiore spazio a Bill Skarsgård avrebbe pagato di più. 

 

E sinceramente vedere l'ennesimo horror che punta tutto solo ed esclusivamente sui jumpscare per l'intera durata del film mi ha un po' annoiato, per dirla educatamente.

 

La tensione non sale mai perché il giochino è quello dall'inizio alla fine: scena paurosa, musica - btw: molto anonima - che sale e pompa le casse fino a farti credere che succeda qualcosa e poi…

Nah, non succede nientED ECCO CHE SUCCEDE! BUH! SPAVÈNTATI! 

 

Anche io quando arrivo di soppiatto alle spalle di qualcuno e gli urlo nell'orecchio lo faccio spaventare di brutto, ma nessuno mi ha mai detto che sono un bel film horror. 

 

Tutto resta molto in superficie, come anche l'atmosfera anni '80 che non si percepisce quasi per niente: non basta mettere un gruppo di ragazzetti in bicicletta per ottenerla.

Come resta in superficie tutta la cittadina di Derry, che praticamente non si vede mai e non agisce mai se non in qualche breve flash dedicato a due genitori dei ragazzi.

 

Ma i protagonisti agiscono per conto loro senza quasi mai scontrarsi con il mondo degli adulti, e la sequela di eventi si sviluppa secondo uno schema sempre identico e con poche concessioni alle riflessioni o all'introspezione: c'è Pennywise, spaventa un ragazzo, scompare, ritorna, ne spaventa un altro, e così via.  

 

 



La paura di crescere, il terrore di sentirsi all'interno di un corpo che sta cambiando senza che tu lo voglia, la tempesta che hai dentro di te quando passi dall'essere bambino all'essere ragazzo, il disorientamento che ti fa dire e fare cose per sentirti grande quando ancora non lo sei e non sai che posto vuoi occupare, i turbamenti che nascono dal sentirsi vicini a una persona del sesso opposto...

 

Tutti questi temi sono solo suggeriti sottovoce, con una bella scena di Beverly Marsh in bagno - le mestruazioni femminili sono uno degli sconvolgimenti più grandi per una ragazza di quell'età e la tempesta di sangue in bagno rende bene l'idea - e una divertente serie di inquadrature sui ragazzi che guardano imbambolati il corpo di lei in biancheria intima quando si trovano tutti insieme al lago. 

Però finisce lì. 

 

Ci sarebbero altre cose da aggiungere, ma quelle sono riservate a chi conosce il libro. 

 

E un film non andrebbe mai valutato secondo la sua aderenza al libro o meno, un film deve reggersi da solo e funzionare anche per chi non conosce la fonte originale. 

 

La foto che ho messo in copertina è quella del libro che lessi nel 1991 quando avevo circa l'età dei protagonisti: lo lessi due volte in italiano e una in inglese quando per i "compiti delle vacanze" ci chiesero di leggere un libro in lingua originale.

 

Quindi diciamo che ci sono piuttosto legato. 

 

Ma il mio pensiero in merito al film esula dal fatto che conoscessi la storia, la foto è lì solo per prevenire eventuali commenti che, dimenticandosi che i paragoni libro/film non hanno senso di esistere, potrebbero accusarmi di non conoscere ciò di cui parlo. 

 

 



Al di là del fatto che lo conosca o meno, penso che IT di Muschietti sia un horror moderno che non spicca per nessun merito particolare e che anzi si inserisce nella moda del genere degli ultimi 15 anni, fatta di spaventi inevitabili e indotti con stacchi improvvisi e musica ad alto volume e che non aggiunge molto alla storia del cinema horror. 

 

È intrattenimento di qualità perché visivamente non è girato con i piedi ed è evidente che la sceneggiatura abbia alla base una storia forte, però...

Sbaglierò, ma davvero non capisco tutta l'idolatria che lo ha circondato, e che inevitabilmente si ripresenterà quando arriverà in sala il capitolo 2.  

 

Voto: 65%

 

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