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40 secondi - Recensione: quanto basta per morire - Roma 2025

Il film che racconta il pestaggio letale di Willy Monteiro Duarte arriva alla XX edizione della Festa del Cinema di Roma

Titolo originale: 40 secondi
Genere: Drammatico, Biografico
Regia: Vincenzo Alfieri
Sceneggiatura: Vincenzo Alfieri, Michele Astori (dal libro di Federica Angeli)
Cast: Francesco Gheghi, Enrico Borello, Francesco Di Leva, Justin De Vivo, Luca Petrini, Giordano Giansanti, Beatrice Puccilli, Daniele Cartocci
Uscita Italia: 19 novembre 2025
Durata: 121 minuti
Paese: Italia
Distribuzione Italia: Eagle Pictures

Presentato alla XX edizione della Festa del Cinema di Roma nel concorso Progressive Cinema, 40 secondi di Vincenzo Alfieri racconta la storia vera di Willy Monteiro Duarte, il 21enne italiano di origine capoverdiana picchiato a morte a Colleferro, in provincia di Roma, il 6 settembre 2020. 

 

Per la scrittura di 40 secondi il regista Alfieri e lo sceneggiatore Giuseppe Stasi sono partiti dall'omonimo libro della cronista Federica Angeli

Il film arriverà nelle sale il 19 novembre distribuito da Eagle Pictures. 

 

Nel cast si alternano giovani attori come Francesco Gheghi ed Enrico Borello, attori affermati come Francesco Di Leva e attori non professionisti, che il regista ha reclutato per conferire a 40 secondi la mimesis necessaria a rendere credibile la narrazione, come Justin De Vivo, che interpreta Willy, provinato tra le comunità capoverdiane del Lazio, e Luca Petrini e Giordano Giansanti, notati per caso allo stadio e tramite un annuncio in palestra, per il ruolo dei fratelli Bianchi. 

 

40 secondi ricostruisce le 24 ore precedenti alla morte del ragazzo, tracciando le fila delle vite di ognuno dei protagonisti fino a convergere in quei pochi attimi di cieca violenza, accompagnando lo spettatore dentro la complessità di un ritratto autentico e potente.

 

[Trailer ufficiale di 40 secondi]

 

 

40 secondi è composto da quattro capitoli che mostrano il vissuto della giornata dal punto di vista di ciascuno dei personaggi centrali.

 

L'estate non è ancora tramontata: è la prima da quando è divampata la pandemia e la periferia offre ben poco per distrarsi dai problemi post-adolescenziali. 

Maurizio (Francesco Gheghi) tira a campare con qualche lavoretto, è ossessionato dal pensiero di tornare insieme alla sua ex fidanzata, che tratta come un oggetto di sua proprietà.

La mancanza di autostima lo induce a cercare approvazione sociale tramite la compagnia di Cosimo (Enrico Borello), sbruffone e perditempo, con le conoscenze giuste in paese, su cui fa leva per prevaricare. 

Michelle (Beatrice Puccilli) è una ragazza con le idee chiare, la più libera intellettualmente, sogna di abbandonare la cittadina per studiare all'estero, desiderosa di crearsi un futuro fuori dai confini claustrofobici della provincia.

 

Prova a parlare delle sue intenzioni con il fidanzato Cristian (Daniele Cartocci), che però non reagisce bene, incapace di comprendere quale sia il motivo dietro a quella voglia di emancipazione, lui che si sente invece così confortato da un'esistenza sicura nella sua prevedibilità.

 

 

[Enrico Borello e Francesco Gheghi in una scena di 40 secondi] 

 

 

Lorenzo e Federico Bianchi (Luca Petrini e Giordano Giansanti) sono due fratelli gemelli, con una famiglia disfunzionale alle spalle, un padre violento e alcolizzato e una madre arresa a un destino infelice; i due fratelli hanno un rapporto simbiotico, protettivo e affettuoso, praticano le arti marziali miste e guadagnano grazie allo spaccio e alle estorsioni, con spedizioni punitive all'ordine del giorno.  

 

Uno dei meriti di 40 secondi risiede nell'abilità di rappresentare ogni vita con un realismo privo di moralismi o giudizi.

In un caso di cronaca come questo, che ha riempito per mesi le pagine dei quotidiani e gli spazi dei contenitori TV scandalistici, in cui l'opinione pubblica si è scatenata in dibattiti antropologici relativi anche alle possibili implicazioni degli sport da combattimento nell'uso della violenza indiscriminata, sarebbe stato facile scivolare nella mostrificazione dei responsabili dell'omicidio. 

 

Vincenzo Alfieri invece indovina il registro con cui ritrarre lo stato delle cose, conservando per tutto il film la giusta misura nella messa in scena della verità, che non ridimensiona la gravità dei fatti, né sottrae coinvolgimento emotivo, ma permette di conservare lucidità nella raffigurazione di una vicenda che mette in luce le criticità di uno spaccato, quello della provincia, tipicamente italiano.

 

 

[Luca Petrini e Giordano Giansanti in una scena di 40 secondi] 

 

 

L'ultimo capitolo di 40 secondi è dedicato a Willy (Justin De Vivo), giovane immigrato di seconda generazione. 

 

Willy è solare e allegro, pieno di energia vitale, attento ai bisogni della sua famiglia. Per lui i margini del territorio simboleggiano soltanto un confine fisico, che non mina l'altezza della sua aspirazione, inseguita con dedizione e fatica: diventare uno chef. 

Trascorre molto tempo con i suoi amici, con cui condivide divertimento e speranze di futuro, oltre a un forte senso di aggregazione che fa da collante al gruppo. 

Willy si mostra sempre disponibile a intervenire per un amico in difficoltà, pronto a calmare gli animi durante le serate più turbolente. 

 

Le quattro traiettorie di 40 secondi si incrociano a notte fonda tutte nello stesso luogo: il piazzale antistante la discoteca dove, per un apprezzamento non richiesto rivolto a Michelle, si rischia la rissa; l’arrivo dei fratelli Bianchi e il loro intervento brutale, sproporzionato e immotivato, lascerà a terra Willy in meno di un minuto.  

 

 

[Justin De Vivo in una scena di 40 secondi] 

 

 

L'attenzione di 40 secondi alla riproduzione del dialetto fedele a quello realmente parlato a Colleffero, con una lingua mai di plastica, ma anzi vivida nel suo colore specifico, permette al film di comunicare davvero un messaggio significativo al pubblico più giovane. 

 

Con 40 secondi Alfieri riesce nell'impresa di non banalizzare la portata delle problematiche affrontate: la mancanza di possibilità lavorative, l'impossibilità del riscatto dalla propria condizione d'origine, la logica del branco, la tribalità di un machismo che marchia il territorio attraverso la conquista femminile, l'indifferenza degli adulti, la criminalità come atto di sopravvivenza.

E poi la noia, che dilaga nello spazio vuoto lasciato dall'assenza di alternative che le istituzioni avrebbero dovuto offrire, una noia che rende le serate tutte uguali, in cui lo sballo appare come unica via di fuga. 

 

Nonostante alcune interpretazioni attoriali risultino ancora acerbe, il lavoro di accumulo delle diverse linee narrative di 40 secondi concede allo spettatore il tempo per empatizzare con la coralità delle voci, grazie anche a una sensibilità registica focalizzata sui primi piani.

40 secondi si tiene a distanza da qualsiasi patina glamour o estetizzante della violenza fisica, trattata per sottrazione, mai sfacciata, a beneficio di una ferocia psicologica che stritola sul finale.

 

Dopo la visione del film, resta addosso la frustrazione di una morte evitabile, ma anche la consapevolezza di quanto il Cinema d'impegno civile sia uno strumento di denuncia formidabile.

___

 

CineFacts segue tantissimi festival, dal più piccolo al più grande, dal più istituzionale al più strano, per parlarvi sempre di nuovi film da scoprire, perché amiamo il Cinema in ogni sua forma: non potevamo dunque mancare l'appuntamento con la Festa del Cinema di Roma! 

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