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Nina - Recensione: lui, lei e la madre surrogata - Fish & Chips 2019

Un bellissimo contenitore per un classicissimo triangolo amoroso tra lui, lei e la madre surrogata

Nina racconta semplicemente il triangolo amoroso tra l'omonima protagonista, il marito Wojtek e Magda.

 

La coppia non può avere un bambino e sta cercando un utero in affitto per finalmente sentirsi una famiglia completa e "dare un senso" a un apporto che sembra non averne più. 

 

Magda è una giovane omosessuale che conoscono per puro caso e che prendono in considerazione per questo delicatissimo lavoro perché esteticamente piace molto a Wojtek.

 

 



Il primo approccio non va bene, ma Nina non vuole desistere e decide di avvicinarsi alla ragazza per convincerla: questo rapporto porta le due donne a conoscersi e a innamorarsi.

 

Tra le due sembra funzionare, ma Nina scopre una precedente relazione non risolta dalla giovane e decide, anche in preda ai timori che aveva per questo cambiamento, di andarsene.

Nel frattempo aveva lasciato Wojtek che le aveva scoperte.

 

Magda, pur di riconquistare la donna, decide di farsi mettere incinta dall'ex marito della donna di cui è innamorata, ma lei dapprima non ne vuole sapere, poi si ricrede e torna con lei.

 

La regista polacca, alla sua prima esperienza con un lungometraggio, decide di costruire un film molto semplice nella narrazione e nella scrittura, aspetti forse fin troppo trascurati, per puntare tutto sull'estetica di un'opera davvero suggestiva sotto questo punto di vista.

 

La scelta di usare la pellicola (o di renderne l'effetto in post-produzione), l'uso dei colori, le soluzioni di composizione dell'immagine sono tutte davvero interessanti e varie.

La scelta di Tomasz Naumiuk (53 Wars e - solo nelle location polacche - High Life di Claire Denis, entrambi visti al Torino Film Festival) come Direttore della Fotografia risulta davvero azzeccata.

 

I due non solo riescono a costruire un contesto esteticamente interessante, ma riescono a risultare vari nelle soluzioni registiche e fotografiche che accompagnano i differenti momenti della narrazione.

Per esempio riescono a ricostruire benissimo il caos rosso e saturo di una serata in un locale, ma sanno asservirlo ai momenti narrativi: ora è lontano nelle inquadrature, allungato nei movimenti, distaccato, ora è invece più vicino, concitato, intimo e cromaticamente caldo: basta la presenza di Nina in due serate sennò simili a cambiare tutta la resa estetica.

 

Poi i momenti di distacco tra i due coniugi che sembrano usciti da Loveless o la sequenza in cui invitano per la prima volta Magda a casa loro in cui la stessa casa attraverso un po' di fumo e di luci calde diventa un luogo pieno di spinta erotica e di tensione sessuale. 

 

Sono davvero tantissimi i momenti in cui le scelte scenografiche, fotografiche e registiche risultano davvero perfette.

 

 



Proprio per questo visivo così bello e ben riuscito dispiace per la sceneggiatura della stessa Olga Chajdas, dell'autrice originale Julia Kijowska e della cosceneggiatrice Marta Konarzewska. 

 

Non tanto per l'evoluzione narrativa che nella sua semplicità poteva essere azzeccata per un film così estetico e lasciare ampi spazi, come fa, per giocare più con gli occhi che con la mente dello spettatore, ma piuttosto per la poca cura riservata ad alcuni altri aspetti.

 

Molte scelte risultano immotivate e non sempre completamente coerenti con ciò che fino a poco prima ci era stato mostrato, alcuni dialoghi risultano artefatti con scelte di ritmo e lessicali decisamente non calzanti (in particolare alcuni giochi di parole risultano davvero fastidiosi e fuori contesto oltre che assolutamente superflui in battute che avrebbero guadagnato moltissimo dalla loro assenza o sostituzione), poco realistici e coinvolgenti.

 

Molti elementi di contorno o situazioni sembrano cliché o riproposizioni di aspetti già mostrati di cui il film avrebbe fatto tranquillamente a meno e alcuni passaggi da emozioni differenti risultano troppo netti e poco accompagnati da graduali passaggi narrativi nell'arco dello stesso dialogo.

 

 



Mi è piaciuta moltissimo la costruzione di un binario parallelo tra la storia del triangolo amoroso e il contesto lavorativo di Nina (è insegnante di francese e spinge i ragazzi alla visione di Le Mepris di Godard), ma il tutto risulta poco amalgamato e forse in un film così estetico sarebbe statto saggio abbandonare questo tentativo.

 

Tutto questo poteva risultare un neo su una donna talmente bella da non esser notato, ma se questi aspetti si presentano in un film di 90' si chiude facilmente un occhio, quando invece questo accade in un film di ben 130' la cosa pesa in maniera decisamente più significativa.

 

I tre attori principali riescono comunque a costruire interpretazioni assolutamente degne di nota, sia le due protagoniste che mostrano un'alchimia sin dal primo sguardo davvero mirabile e rara sia la capacità di Andrzej Konopka di mostrare in ogni gesto la rabbia stanca, trattenuta e nascosta tipica dei drammi familiari. 

 

I festival si sa, sono habitat di film imperfetti e questo non manca di rientrare in questa categoria e non manca di lasciare la speranza di vedere qualcos'altro di questa giovane regista, magari accompagnato da una sceneggiatura più solida, perchè il contesto visivo e la sua aderenza alla narrazione sono assolutamente di alto livello.

 

Introdotto da:

 

Without Shame è un corto di animazione semplicissimo: bianco e nero, pochi tratti a raffigurare una donna, quasi una venere Steatopigia nelle sue forme così rotonde e abbondanti, poche scritte a schermo sul suo rapporto con il proprio corpo. 

 

Un brevissimo percorso tra il rapporto di sofferenza che potrebbe esserci, e che forse c'è stato, con un corpo così imperfetto e il modo in cui lei, invece, adesso lo ama incondizionatamente e lo raffigura con questo tratto amorevole e delicato. 

 

 

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4 commenti

OldBoy

5 anni fa

Capisco benissimo 😉

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Fabrizio Cassandro

5 anni fa

Magari li patisci meno di me, comunque si parla di un film tratto da un'opera teatrale quindi non è che si cada proprio nel baratro.
Soprattutto ai festival dove i film li vedi una volta sola in giornate concitate ed in cui si è abbastanza stanchi si rischia un pochino di "prendere male" un film, anche perchè ne vedi 2-3 di fila e tra di loro le visioni si influenzano...

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OldBoy

5 anni fa

spero che i problemi di scrittura non mi rovinino troppo l'esperienza, li soffro un pò 😅

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Fabrizio Cassandro

5 anni fa

Interessante lo è senza dubbio soprattutto a livello visivo ho trovato davvero un livello alto paragonabile a film ben più blasonati.
Ha dei problemi di scrittura, che unito alla tendenza tipica delle opere prime di "strafare" un pochino (qui con il minutaggio che è veramente ingiustificato) "rovina" un prodotto che sennò sarebbe stato davvero una piacevolissima sorpresa. 
Comunque una visione la consiglio eccome, anche perchè se messo insieme a ciò che ha prodotto negli ultimi anni la Polonia (Pawlikowski ed i suoi Ida e Cold War, Le Donne e il desiderio, Dovlatov, Agnus Dei -a metà con la Francia- e sicuramente altri che non conosco) rivela un cinema in piena saluta e che si sta imponendo prepotentemente a livello europeo.

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