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Troma, satira e radioattività
The Toxic Avenger è un film del 2023 diretto da Macon Blair e interpretato da Peter Dinklage, Elijah Wood e Kevin Bacon, quinto capitolo nonché reboot delle celeberrime gesta del cultissimo super(anti)eroe germogliato dalla mostruosa fantasia di Lloyd Kaufman e Michael Herz.
Chi l’ha detto che i classici non si toccano?
Poiché infatti il reato di lesa maestà non pare aver mai particolarmente attecchito fra i disastrati confini della ribollente Tromaville, l’aver osato (ri)toccare un letterale mostro sacro – e parecchio radioattivo – del calibro di The Toxic Avenger non può e non deve essere in alcun modo considerato un vile attentato alle fondamenta stesse della beneamata Settima Arte.
A maggior ragione poi se il suddetto gibboso e deforme paladino armato di scopettone e tanta splatterosa voglia di uccidere si è nel frattempo meritatamente guadagnato un posto d’onore in quella ribalda e maramalda zona retrocessione che dalla fiera serie B conduce dritta dritta alla più gustosa e sfacciata Z.
[Il trailer ufficiale di The Toxic Avenger è una vera bomba... nucleare!]
Non siamo più tuttavia in quel glitterato e reaganiano – per non dire pure sottilmente orwelliano – 1984 nel quale la provocazione, ancor prima che arma politica, dimostrava di poter essere una vera e propria forma d’arte.
Cosa dunque avrà mai dovuto fare il buon Macon Blair per rendere il suo The Toxic Avenger quanto più possibile in linea coi nostri disgraziati tempacci falcidiati dal facile dissing oltre che da una sempre più dilagante permalosità?
Beh, fondamentalmente nulla a quel che vedo e che mi è parso d'intravedere.
[Una battaglia in punta di radioattivo scopettone quella ingaggiata nel nostro nuovo The Toxic Avenger]
Il vendicatore tossico è ancora tra noi
Che si tratti infatti di macellare uno stralunato gruppetto di The Nasty Lads – di nome e soprattutto di fatto – asserragliati in un affollato fast-food di periferia, deflagrare allegramente un'improbabile gang rap-rock dall'altrettanto improbabile nomignolo di Killer Nutz direttamente sul palco del loro agguerrito tour cittadino, salvare gatto e nonnetta da un vigliacchissimo sfratto coatto piuttosto che rendere pan per focaccia ai temibili nonché indebitati fratelli Bob e Fritz Garbinger - rispettivamente un folle Kevin Bacon in gustoso overacting e uno spassoso Elijah Wood in più che evidente fissa col Danny “Pinguino” DeVito dell’inarrivabile Batman – Il ritorno - il nostro paladino dal cuore d’oro e dalla mutazione sempre a portata di mano non pare proprio essere invecchiato nemmeno un nanosecondo.
Che questo sia tuttavia un bene o un male è cosa su cui sarebbe bene discutere a questo punto; soprattutto se, più che un vero e proprio remake, questo nuovo The Toxic Avenger si mostra ai nostri affamati e nostalgici occhietti come un sentitissimo e genuino omaggio – leggasi fan service – a misura di aficionados che, tuttavia, visto col critico sguardo di un imberbe e disilluso paladino dell’ancora fresca Gen Z si rivela un prodotto di assai difficile classificazione.
L’immaginario di riferimento rimane sempre e comunque quello di fumettosa fattura scaturito dalla gloriosa serie animata Toxic Crusaders che, se mi state leggendo e avete dunque una minima contezza di cosa io stia qui blaterando, probabilmente siete cresciuti filmicamente sani, robusti e parecchio soddisfatti.
Volendo ci sarebbe in realtà anche molto della filosofia a costo quasi zero elargitaci a piene mani da loschi figuri quali Roger Corman e il lungimirante Charles Band con la sua Full Moon - gioiellini quali Hideous! e The Creeps, con la loro baviana e prostetica atmosfera multicolore, mi son balzati agli occhi fin dai primi fotogrammi - ma il rischio è quello di sconfinare in un campo critico che ci terrebbe incollati qui almeno fino alla metà della prossima settimana.
[Peter Dinklage verde dalla rabbia e dalle radiazioni in The Toxic Avenger]
Passano gli anni, cambiano i governi ma di riffa o di raffa la cara, vecchia e (post)apocalittica Tromaville è sempre e comunque lì, con il suo bel carico di relitti umani e scorie nucleari che ne fanno sin da subito uno scenario non troppo dissimile dal rutilante piano sequenza d’apertura dell’asteriano Beau ha paura.
Più che del celebre centro città nel quale il fu gracile e bamboccione Melvin "Junko" Ferd di kaufmaniana memoria si ritrovava a inglobare, sotto un’unica ustionata pellaccia, la freak-ettoneria di The Elephant Man, gli esistenzialistici tormenti del mostro di Frankenstein e la distruttiva sete radioattiva del mitico Godzilla, stavolta il locus horribilis nel quale avranno luogo le suddette avventure si sposta in realtà all’estrema periferia della tutt’altro che ridente St. Roma.
Non certo la baroccheggiante e classicisticamente futuristica New Rome del coppoliano Megalopolis, quanto piuttosto tipico deflagrato conglomerato urbano di yankeessima fattura dominato da violenza, degrado, coccolosi ratti mutanti e putridi liquami sversati dalla corrotta BTH.
Una mefitica azienda farmaceutica di dubbia fama, diretta con pugno di ferro e taglio superfly dall’ammanicato Bob di qui sopra, dalle cui oscure viscere l’incauta impiegata JJ Doherty (Taylour Paige) tenterà senza troppo successo di far trapelare preziose nonché compromettenti informazioni con le quali lasciare l'intera élite politica cittadina con le braghe e i reggiseni calati.
[I Killer Nutz vogliono cantartele di santa ragione in The Toxic Avenger]
La stessa orripilante fabbrica di morte in bottiglia nella quale tuttavia lavora e vivacchia pure il rassegnato Winston Gooze (Peter Dinklage), costretto a convivere, oltre che con la propria acondroplasia, anche e soprattutto con il dolore della recente morte dell’amata compagna, la pesante responsabilità di crescere in solitudine il timidissimo figliastro Wade (Jacob Tremblay a mio parere sempre meno convinto e convincente a ogni film che passa) e, dulcis in fundo, un bel cancro cerebrale che potrebbe mandarlo all’altro mondo nel giro di pochissime inquadrature.
Insomma, un bel côté di goliardica sfiga come da tromatica – più che traumatica – tradizione, non c'è che dire.
Sarà proprio durante un maldestro tentativo di furto ai danni del proprio tirannico e insensibile datore di lavoro – allo scopo di potersi permettere l’unica e ovviamente costosa cura sperimentale attualmente disponibile – che il nostro piccolo uomo dal grande cuore, dopo essere rimasto apparentemente ucciso da un proiettile esploso dai perfidi canterini Nutz-isti e da essi sversato fra gli stessi liquami che per anni sono stati oggetto dei suoi accurati colpi di scopettone, ritornerà non certo fresco ma assai pimpante fra noi nelle mutate – e mutanti – membra del mitico The Toxic Avenger.
[Elijah Wood cosplayer del burtoniano Pinguino in The Toxic Avenger]
Grandi poteri e grandi respon... radioattività
Se è dunque vero che, come disse qualcuno di nostra cinecomica conoscenza, da grandi poteri derivano anche e soprattutto grandi radioattività, allora il canceroso Giustiziere della Strada, oltre a elargire tremenda e splatterosa vendetta contro coloro che lo hanno così piccassianamente conciato, non potrà che adoperarsi ben presto per difendere i propri concittadini dai mille soprusi di ogni giorno, divenendo ben presto l’idolo delle folle e attirando su di sé attenzioni tanto indiscrete quanto potenzialmente malevole per non dire anche mafiose.
Tutto bello, per carità, ma l'iconico tutù rosa? C'è, ovviamente!
Ok, ma l'indimenticabile mussorgskijano assolo di A Night On the Bare Mountain ritualmente chiamato ad apostrofare la tanto attesa nucleare metamorfosi?
Tranquilli, c'è pure quello; solo non così invasivo come avrebbe potuto essere.
Ottimo, ma qualche sano e gustoso easter egg? Quanti ne volete amici cari; soprattutto se occhieggianti al sottovalutato The Toxic Avenger Part III: The Last Temptation of Toxie e pure al debordante Citizen Toxie: The Toxic Avenger IV.
Volendo ci sarebbero anche accenni al dissacrante Class of Nuke 'Em High e all'insospettabile Sgt. Kabukiman N.Y.P.D., ma questa è tutta un'altra storia.
Meglio tardi che mai, verrebbe da dire, a fronte dei ben due sonnolenti annetti trascorsi da quando The Toxic Avenger venne presentato in anteprima al prestigioso – almeno per noi, nerdoni fissati con brividi e frattaglie assortite – Fantastic Fest in quel della texana Austin.
Nulla a che vedere tuttavia a confronto del turbolento decennio trascorso fra annunci di remake puntualmente abortiti a ogni stappo di spumante, grandi nomi del calibro di Arnold Schwarzenegger e Guillermo del Toro tirati follemente in ballo – prima di dare prudente forfait dietro e davanti all’obiettivo – e ultima ma non ultima la continua entrata e uscita di scena di colui che, ai bei tempi che furono, del tossicissimo scopettone di quartiere fu babbo nonché primo filmatario.
[Di The Toxic Avenger ce n'è uno solo... ma anche questo non guasta di certo!]
È così che, scrivi che ti riscrivi, stringi che ti ristringi, cambia che ti ricambia e latita che ti ri-latita, alla fin della fiera la radioattiva patatona bollente di The Toxic Avenger è finita per rotolare fra le insospettabili manone del buon vecchio di Macon Blair.
Un tipetto cinematograficamente molto raccomandabile – e forse anche un tantinello raccomandato – che con quel piccolo, delirante e cattivissimo gioiellino di I Don't Feel at Home in This World Anymore, oltre ad aver ancor più consolidato la fama di scheggia impazzita dell’inafferrabile e fidato Elijah Wood era riuscito a far germogliare sulla propria sedia di regia la caustica lezioncina puntigliosamente appresa gozzovigliando sui set di gentaglia come Jeremy Saulnier, Sean Baker e il sempreverde Steven Soderbergh.
Nonostante tuttavia il suo ciak appaia qui assai sagace e indubbiamente in linea con lo spirito ribelle dell’intera operazione, il suo The Toxic Avenger mi è parso in verità tradire su più fronti la profonda filosofia che stava saldamente alla base del proprio incontinente capostipite; confezionando una delirante esperienza audiovisiva sulla carta assai appetitosa ma sullo schermo decisamente meno esplosiva di quanto le sue nucleari premesse facessero sornionamente presagire.
[Peter Dinklage sotto mentite spoglie e roseo tutù in The Toxic Avenger]
Tento di spiegarmi peggio, se me lo concedete
Laddove infatti l’ottantiniana filmica creatura di Kaufman e Herz nasceva volutamente e consapevolmente entro i fluidi confini di un anti-sistema anarchicamente legato a una sorta di necessità-virtù che finiva per divenire al contempo cifra stilistica e fulcro tematico – si veda a esempio la coeva esperienza tentata in quegli stessi maramaldi annetti da John De Bello con la delirante saga dei Pomodori Assassini – questo nuovo prodottino dalla spiccata fan-tasia sembra piuttosto costruire artificialmente una manieristica confezione che scimmiotta il ben noto Troma Style senza tuttavia possedere la medesima proverbiale fame chimica indotta dalla penuria di mezzi, ma non certo di idee.
Se stavolta infatti le intuizioni, così come i talenti tecnici e attoriali, non mancano di certo, quel che mi è parso venire completamente eliminato dall’equazione è piuttosto quella fresca e fragrante spontaneità che, tra arti recisi in puro stile slapstick, liquami multicolore in gloria di Jackson Pollock e tanto sanissimo politically incorrect d'annata, rendevano il primo e inimitabile The Toxic Avenger una delle più fulgide stelle polari del panorama di genere iscritto entro i dissestati limiti di quelle cinematografiche leghe cosiddette “minori”.
[Kevin Bacon ha l'umore parecchio mutevole e mutante in The Toxic Avenger]
Avere tra le mani un budget di oltre 3 milioni di dollari che, fa strano a dirsi ad alta voce, equivale non solo a cinque volte le cucuzze un tempo investite sulla prima tossicissima avventura ma, a ben vedere, pure all'intero fondo disponibile per oltre metà delle dissacranti pellicole sfornate dalla ribalda minor newyorkese, capite anche voi come permetta di ridimensionare non poco la portata cosiddetta "nichilista" di quest'ultimo sguaiato divertissement.
Più che un vero film Troma, infatti, l’opera ultima di Blair e compagni – ci tengo a rimarcare per correttezza la natura da factory di un’operazione che, almeno quella, se dio vuole non pare essere più di tanto cambiata – pare piuttosto un film “alla Troma”.
Una sorta di copia carbone riveduta e corretta in chiave post-post moderna che, esattamente come il recente didascalico rimaneggiamento firmato da Ryan Kruger nei confronti di quell’altrettanto rutilante gioiellino naïf che fu Horror in Bowery Street di Jim Muro, al netto di una cartoonesca violenza grafica sporadicamente macchiata da qualche sbavatura d’inutile CGI e di una gommosa aria di guerrilla tanto anacronistica quanto sempre ben accetta, più che propriamente fuori tempo massimo sembra piuttosto fuori target e, forse, addirittura fuori genere.
Mentirei spudoratamente se vi dicessi che, da tardivo figlio dall’atomo e dell’avventurosa epoca delle VHS da secondo e, a volte, addirittura terzo prezzo nel cestone offerte della fidata videoteca di quartiere, nel vedere il nostro fido The Toxic Avenger 3.0 disciogliere mandibole, tranciare masculi membri e vaporizzare legacci a spruzzi di urina radioattiva tra una scorretta battutaccia sessista e qualche sano tocco di volemose bene beh, qualche brividino lungo la schiena - e a maggior ragione nel cuore - me lo sono certamente sentito scorrere.
[Jacob Tremblay orfano eccellente e parecchio disorientato in The Toxic Avenger]
“Io non volevo niente di tutto questo: né dolore, né rabbia né tantomeno un’eroica voice over. Ma a volte alcune di queste cose tocca proprio farle!”.
Un incipit col botto per un film che, dopo aver più volte sbottato nel corso dei suoi grondanti 100 minuti, finisce per assestarsi su di un umorismo più solleticante che non genuinamente corrosivo e graffiante. Insomma, più plastico che elastico, come direbbe il Nanni Moretti del politico Io sono un autarchico.
Un’opera che, esattamente come il taurino The Toxic Avenger che ne è unico indiscusso protagonista, muta e si trasforma tanto e forse anche troppo drasticamente; senza riuscire a trovare uno stabile stato di quiete che gli impedisca di decadere nella pura maniera al pari degli esagitati atomi che lo compongono.
D’altronde, così come ci ricorda una traumatizzata Salma Hayek nel recente Senza sangue con il quale Angelina Jolie ha pagato più che dignitoso cinematografico pegno alle omonime pagine di Alessandro Baricco: “Ci sono storie fatte per avere una morale. Altre invece sono solo storie”.
Che The Toxic Avenger – a maggior ragione in questa sua nuova rinverdita veste – avesse una qualche morale al di fuori della solita tromaiana simpatia per i più strambi e deboli fra gli outsider non mi risulta proprio.
Pertanto, anche se siamo tutti più vecchi e con qualche preoccupazione in più sulle spalle, soprattutto noi voraci e veraci consumatori di quel cosiddetto e a lungo bistrattato “cinema bis” sappiamo bene che basta davvero poco - fosse anche un barilotto di slime verdognolo o una butterata Luisa Guerreiro sotto prostetiche spoglie da Gormita - a farci più o meno tutti contenti al di là dell’annata che campeggia in cima al calendario.
[Taylour Paige paladina della giustizia e compagna di giochi di The Toxic Avenger]
The Toxic Avenger ritornerà
Tutto fondamentalmente posticcio e opportunamente costruito a tavolino, direbbero certamente i più malevoli e criticoni fra noi.
Sta di fatto che, pur nella sua innegabile e bonariamente ruffiana natura da tardiva exploitation, il super anti-eroe più deforme e fulciano della cultura pop - non me ne voglia troppo il marveliano Man-Thing - stavolta un suo percome pare avercelo di certo.
Sul perché, invece, rimandiamo pure il discorso ad altro e più serioso contesto.
State inoltre pur tranquilli che, così come chiosato e sornionamente rimarcato - quanto tra il serio e il faceto non è ancora dato sapere - dall'immancabile post credit, del buon The Toxic Avenger e delle sue mirabolanti avventure sentiremo nuovamente parlare, se non a breve, quantomeno nel prossimo e già preannunciato futuro.
A patto ovviamente di raggranellare il simbolico milioncino d'ordinanza e, cosa più importante, di sospendere a tal punto la proverbiale filmica incredulità da accettare un folle quanto evidentemente provocatorio Toxic vs Dracula.
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