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Alien - Pianeta Terra - Recensione: tra Blade Runner e Peter Pan

Dopo Alien: Romulus continua il riavvio della saga xenomorfa da parte di Disney, con un’espansione narrativa convincente ma che scricchiola sul lato horror e d’azione  

Alien - Pianeta Terra si svolge due anni prima degli eventi di Alien.

 

Il ragazzo prodigio della bioingegneria Boy Kavalier (Samuel Blenkin) realizza l’invenzione che gli consentirà di sbaragliare la concorrenza nella corsa alla creazione di macchine senzienti: trasferire la coscienza di un essere umano in un corpo sintetico potenziato e immune all’invecchiamento.

 

Sul pianeta precipita però una navicella dell’azienda rivale Weyland-Yutani con all’interno dei mostruosi campioni biologici... 

 

[Il trailer di Alien - Pianeta Terra]

 

 

A volte negli stereotipi c’è un fondo di verità.

 

Anche dopo l’esplosione critica degli anni 2000, quando le loro immagini raggiungono un livello di qualità sempre più cinematografico, si tende a pensare che le serie TV siano più a loro agio con la dimensione narrativa che con quella visiva o atmosferica.

Personaggi, intrecci, dialoghi e world building sono gli aspetti in cui si esalta un medium episodico, dai budget spesso bassi, e che non può contare sull’impatto spettacolare del grande schermo. 

 

Potrebbe essere un handicap per una serie costretta a misurarsi con la saga di Alien. Una quadrilogia (più gli spin-off e i prequel di Ridley Scott) dove il design memorabile e la capacità di creare tensione in sede di regia sono sempre stati il punto fondamentale.

 

Ma almeno nei primi episodi Alien - Pianeta Terra fa una scelta intelligente: schivare il problema e comportarsi “da serie”.

 

 

[Alien - Pianeta Terra: Wendy è la prima dei "Bimbi Sperduti" creati da Boy Kavalier]

 

 

Anziché riproporre la ricetta classica della saga - una fantascienza basata su atmosfere claustrofobiche e omicidi in successione, come negli horror di tipo slasher - gli 8 episodi di Alien - Pianeta Terra fanno per il franchise quello che un film potrebbe fare solo limitatamente: espandere il suo mondo narrativo, chiarendo il ruolo delle grandi multinazionali tecnologiche che vi hanno sempre ricoperto il ruolo di antagoniste; un tema ancor più interessante oggi, in un’epoca segnata dall’ansia sull’intelligenza artificiale e sul ruolo politico dei magnati tech come Elon Musk. 

 

A questo si lega l’altro grande tema dei film di Alien, cioè la macchina intelligente con tutte le sue implicazioni metaforiche: dal confine tra umano e non umano all’oggettificazione del lavoratore il cui corpo è sottoposto a dinamiche di sfruttamento.

Sfruttando il catalogo dei Classici Disney (che avendo acquisito 20th Century Fox detiene i diritti della saga), Alien - Pianeta Terra personalizza questo tema legandolo al mito di Peter Pan: il genietto Boy Kavalier si identifica con il personaggio del folletto volante, creato da J.M. Barrie e portato sullo schermo da Disney nel 1953, e gli androidi che crea – impossibilitati a crescere – sono i suoi Bimbi Sperduti. 

 

Se tutto questo sembra avere poco a che fare con la saga che conosciamo è perché è vero: ma va bene così.

Alien - Pianeta Terra funziona al meglio nei primi episodi, divisi tra il racconto della guerra/spionaggio commerciale fra due grandi corporation e la storia di Wendy (Sydney Chandler), primo prototipo di queste macchine capaci di provare sentimenti.

In questo avvio la serie azzecca quasi tutto: si inserisce nella continuity della saga in modo armonico, senza scimmiottarla ma restandole fedele nello spirito e nel nucleo tematico.

 

Evitando inoltre la trappola – in cui l’anno scorso era caduto Alien: Romulus – di fotocopiarne le atmosfere in chiave citazionista.

 

 

[Alien - Pianeta Terra e lo Xenomorfo, iconico mostro spaziale della saga]

 

 

Forse perché il “brand” Alien si identifica in modo troppo stretto con quell’idea di mostri nello spazio, però, nella seconda parte Alien - Pianeta Terra a mio avviso non riesce a rinunciare a una lunga sezione d’azione e horror fantascientifico, che purtroppo gestisce molto meno bene.

 

Se da un lato non cade nel puro fan service come Alien: Romulus (dove l’appassionato poteva riconoscere almeno una decina di momenti presi pari pari dai film originali) dall’altro non ha il nerbo visivo e registico che occorrono per incollare alla poltrona. 

È un peccato perché l’operazione di espansione e aggiornamento in chiave teen architettati dagli sceneggiatori sono di qualità, e per la maggior parte si accompagnano a una comprensione autentica di quelli che sono i temi e le ossessioni fondanti della saga.

 

È mancato il coraggio di distaccarsi del tutto - quel coraggio di sfidare il pubblico che da sempre fa parte della saga più amata del fantahorror. 

___

 

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