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The Life of Chuck - Recensione: esistenzialismo metafisico

Il nuovo film di Mike Flanagan è la trasposizione cinematografica di un racconto di Stephen King - pubblicato nel 2020 nella raccolta Se scorre il sangue - con protagonista Tom Hiddleston nei panni di Charles Krantz, detto Chuck

The Life of Chuck è il nuovo film di Mike Flanagan con Tom Hiddleston; Premio del Pubblico al Toronto Film Festival 2024, il film è distribuito in Italia da Eagle Pictures.

 

Con The Life of Chuck il regista si allontana dai toni horror che hanno caratterizzato gran parte della sua filmografia - da The Haunting of Hill House a Oculus, passando per Midnight Mass - mantenendo però intatte le atmosfere gotiche, oniriche e sospese nel tempo che sono ormai la cifra distintiva del suo Cinema e che ci hanno fatto innamorare della sua visione del mondo, malinconica e visionaria. 

 

 

[Il trailer ufficiale del film The Life of Chuck]

 

 

Mike Flanagan è ormai riconosciuto come poeta del soprannaturale.

 

L'autore si era già addentrato nell’universo di Stephen King trasponendo altri due romanzi del celebre scrittore, Il gioco di Gerald nel 2017 e Doctor Sleep nel 2019.

 

The Life of Chuck è una pellicola profondamente esistenzialista che sconfina nel metafisico.

Flanagan ancora una volta esplora i temi universali sempre presenti nei suoi film, come la paura della morte, lo scorrere del tempo, il senso di vuoto e la ricerca di un senso nelle cose. 

Come spesso accade nel suo Cinema la vita terrena e l’aldilà coesistono, sovrapponendosi e riflettendosi l’uno nell’altro.

 

L’horror diventa dramma dell’anima - o potremmo dire orrore esistenziale, dove le vere presenze inquietanti non sono i fantasmi, ma le domande irrisolte che abitano dentro di noi.

Il vero "film dell'orrore" è quello che l'uomo ha compiuto verso la Terra, pianeta che nel film (e non solo lì, purtroppo) è ormai arrivato al capolinea. 

 

The Life of Chuck celebra una vita ordinaria trasformandola in qualcosa di straordinario nelle sue fasi più importanti: l’infanzia, l’adolescenza e l'età adulta, un'intera esistenza durante la quale il protagonista dovrà passare attraverso il lutto, il dolore, ma anche l'amore, la passione, le moltitudini di emozioni che abitano ciascuno di noi.

 

Il film racconta la storia di un uomo qualunque, Charles "Chuck" Krantz, divisa in tre atti come nel più classico dei viaggi dell’eroe - concetto che dà il titolo a uno dei più celebri saggi sulla scenggiatura, quello scritto da Christopher Vogler.

 

The Life of Chuck inizia con il terzo atto, procedendo a ritroso: ci troviamo in un mondo giunto ormai alla sua fine - non c'è più Internet, né elettricità o speranza - dove strani annunci comparsi dappertutto dal nulla ringraziano un certo Charles Krantz per i suoi “trentanove anni di servizio”.

Da spettatori non possiamo immaginare a cosa si riferiscano questi cartelli e subito veniamo catapultati in un mistero che ci appare surreale. 

 

Il primo e il secondo atto raccontano proprio la vita di quell'uomo: la perdita dei genitori, il dolore, i sogni lasciati in un cassetto e la pesante eredità dei nonni. 

Forse è il fatto che sappiamo già come andrà a finire, che una moltitudine di cose ci sfuggono, che molti intrecci ci mancano, che in questo film la malinconia ha lo stesso peso della leggerezza e che il protagonista è un uomo comune, un uomo in cui immedesimarsi: eppure nella ordinaria "The Life of Chuck" c’è qualcosa di straordinario. 

Credo si tratti del suo punto di vista sulle cose, il modo in cui le guarda, perché non sono le cose in sé a essere belle, brutte, tristi o noiose, ma come noi le guardiamo.

 

Come decidiamo di porci di fronte a una cosa che ci accade.

  

 

[Tom Hiddleston in una delle scene chiave di The Life of Chuck]

 

 

The Life of Chuck è un’opera che celebra la vita in tutte le sue forme e sfaccettature, che celebra la meraviglia delle piccole cose, la potenza degli incontri imprevedibili, il coraggio di seguire l’istinto e che ci ricorda che ogni istante conta; per dirlo con le parole di The Bear "Every second counts".

 

La consapevolezza del momento della propria morte è un tema ricorrente nella letteratura e nel Cinema che ha affascinato da sempre scrittori e registi.

È un’idea che mette in discussione il libero arbitrio, il senso del tempo e il valore della vita stessa. 

 

Impossibile per me non citare un altro regista visionario e amante del gotico come Tim Burton

Big Fish racconta la storia di Edward Bloom, un uomo che da ragazzo incontra una strega che gli mostra - attraverso il suo occhio di vetro - il momento della sua morte: da quel momento Edward vive la sua vita con una sorta di leggerezza, consapevole che finché non arriverà a quel preciso momento nulla di male potrà davvero accadergli.

È una consapevolezza che gli permette di sognare e che lo fa sentire quasi invincibile: la morte, conosciuta in anticipo, smette di essere una minaccia costante e diventa solo un inevitabile punto d’arrivo.  

 

Allo stesso modo in The Life of Chuck il nonno del protagonista (interpretato da un magnifico Mark Hamill) è portatore di questo incredibile dono - o forse maledizione? - che trasmette al nipote, insieme alla sua passione per la matematica e alla professione di contabile.

 

Chuck però è anche il frutto dell’altra metà della sua famiglia: dalla nonna eredita infatti l’amore per la danza, un’arte che rappresenta il lato più libero, istintivo e poetico della sua sfaccettata personalità.

 

 

[Mark Hamill in The Life of Chuck]

 

 

Potremmo quindi pensare che sia proprio per questo che Chuck, dopo una vita di onorato servizio alle “regole” del gioco scelte da altri, si concede il lusso di seguire l’istinto e ballare in mezzo a un pubblico di sconosciuti, come se in quel momento si ricordasse che si vive una volta sola, e non solo: in questo caso il nostro protagonista sa anche quando finirà, quella preziosa vita. 

 

Quindi sa anche che non c’è tempo da perdere.

 

La matematica e la cosmologia pervadono The Life of Chuck di un’atmosfera misteriosa e la chiave di lettura dell’intera storia probabilmente è racchiusa nel verso di Walt Whitman: "Io sono immenso, io contengo moltitudini"

Così come nella celebre metafora che racchiude la Storia dell’Universo in un solo anno, ogni frammento di tempo assume un significato più vasto e interconnesso: la vita di Chuck diventa così un microcosmo nella totalità del cosmo intero dove matematica, tempo e spazio si intrecciano per rivelare le molteplici dimensioni dell’essere. 

Chuck è il protagonista, ma il film è profondamente corale, un viaggio nell’intimità collettiva dell’esistenza umana. 

 

The Life of Chuck è una storia di fantasmi, un coming of age, un elevated horror, un film distopico, un teen movie? 

Niente di tutto questo, ma anche tutte queste cose insieme. 

 

L’orrore per Flanagan è spesso una metafora della condizione umana, caratterizzata da incertezza, precarietà, paura. 

A questo orrore ormai da anni dà volto un cast “feticcio” che torna regolarmente nei suoi progetti, interpreti capaci di incarnare con intensità personaggi tormentati, fragili, complessi - specchi delle nostre stesse inquietudini. 

 

Come prevedibile non poteva mancare Kate Siegel, presenza praticamente costante nei film e nelle serie TV del regista, immancabili anche Samantha Sloyan, Carl Lumbly e Rahul Kohli, tutti volti che abbiamo imparato a riconoscere e associare al Cinema di Mike Flanagan. 

 

 

[Kate Siegel in The Life of Chuck]

 

 

Cosa c’è dunque di straordinario nella vita ordinaria di Chuck e in questo film? 

 

Mike Flanagan e Stephen King ci ricordano con The Life of Chuck che esistere, amare, perdere, danzare, contare, ridere e morire sono atti sacri. 

Ogni gesto, ogni incontro, ogni emozione è intrisa di significato. 

Lo straordinario risiede proprio in questo: nella consapevolezza che anche una vita apparentemente comune è un intero universo che contiene moltitudini e che nessuna vita è insignificante. 

 

Soprattutto che ogni tanto, anche solo una volta, bisogna fare qualcosa di folle.

____ 

 

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