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Demon Slayer - Il Castello dell'Infinito - Recensione: showtime

L'ultima fatica di Ufotable regala uno spettacolo egregiamente animato

Demon Slayer - Il Castello dell’Infinito, diretto da Haruo Sotozaki e Hikaru Kondô, è il primo dei tre film conclusivi della saga di Demon Slayer, manga adattato ad anime e divenuto ormai un successo mondiale. 

 

Demon Slayer - Il Castello dell’Infinito riprende immediatamente dal finale della precedente stagione (L’allenamento dei Pilastri), conclusasi con il sacrificio di Kagaya, il “capofamiglia” dei Pilastri, e alcuni membri della famiglia, tra cui moglie e due figlie, che fanno da esca e perdono la vita per distrarre il malvagio Muzan e dare il tempo ai Pilastri di arrivare sul campo e distruggere il nemico una volta per tutte. 

 

[Il trailer italiano di Demon Slayer - Il Castello dell’Infinito]

 

 

Nonostante la morte di Kagaya e le gravissime ferite riportate da Muzan quest’ultimo riesce a salvarsi, costringendo tutti i cacciatori di demoni ad ingaggiare la lotta nel suo castello dell’infinito, un luogo che si moltiplica, si genera e muta ogni volta che Nakime, la Quarta Luna Crescente, suona il biwa; è in questo modo che Muzan riesce a nascondersi e attendere la propria guarigione.

 

Tanjiro, i suoi amici, i Pilastri e i vari cacciatori, catapultati tutti nel castello, si ritrovano separati ad affrontare diversi avversari.

In particolare, Tanjiro e Giyu Tomioka, il Pilastro dell’Acqua, affrontano la potentissima e temibile Terza Luna Crescente: Akaza.

 

Anche Demon Slayer - Il Castello dell’Infinito, come gli altri capitoli della saga, non può essere visto se non si conosce tutto ciò che è accaduto in precedenza, essendo un sequel diretto; seppure quest’affermazione possa risultare scontata, non lo è in quanto spesso negli anime trasposti a film la narrazione è interrotta da flashback appartenenti alla serie (che, tra le altre cose, risultano comunque incomprensibili o confusi per chi non conosce l’anime stesso!).

 

Ciò però non accade e il film ne guadagna in modo positivo.

 

 

[Una scena da Demon Slayer - Il Castello dell’Infinito]

 

 

Demon Slayer - Il Castello dell’Infinito è pensato per essere proiettato sul grande schermo e si vede: Hikaru Kondô e l’eccezionale team di Ufotable, lo studio di animazione da lui creato, mettono in scena uno show che ho trovato soddisfacente, in cui c’è attenzione anche al più infimo dettaglio. 

 

Le scene d’azione, la colonna portante in un film del genere, sono visivamente spettacolari soprattutto quando si uniscono più stili per mostrare le tecniche di combattimento dei vari personaggi.

Questi ultimi, inoltre, si distinguono attraverso caratteristiche che vanno dai colori al vestiario alle armi utilizzate, perfettamente riconoscibili: anche questa volta Ufotable si dimostra esperto nel maneggiare una pellicola di così grossa entità. 

 

Se l’animazione di Demon Slayer - Il Castello dell’Infinito è a dir poco indescrivibile - salvo rarissimi momenti, se proprio vogliamo trovare il pelo nell’uovo - non possiamo dire lo stesso del ritmo, che ha picchi altissimi e bassissimi. 

Non è raro, infatti, che film adattati da serializzazione a piccoli capitoli abbiano un problema a tenere il passo con tutte le vicende narrate, che a volte sembrano frettolose, come il combattimento del Pilastro degli Insetti Shinobu Kocho contro Douma, la Seconda Luna Crescente, e altre si prendono fin troppo spazio, come la bellissima backstory di Akaza che interrompe bruscamente l’azione, rallentando in modo irreversibile il film. 

 

Nonostante questo difetto, che a mio parere non inquina l’importanza e la bellezza dei fatti narrati, Demon Slayer - Il Castello dell’Infinito si presenta come un vero e proprio evento per gli appassionati della saga, imperdibile anche solo per la mole di lavoro di Ufotable, che ci lascia una certezza: gli studi di animazione occidentale dovrebbero prendere esempio e osare come fanno gli studi di animazione orientale, per non restare indietro.

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