Articoli
#articoli
Pomeriggi di Solitudine è l'ultima imprevedibile e irresistibile manifestazione del Cinema di Albert Serra.
Il regista e video-artista catalano abbandona, apparentemente, la finzione per dedicarsi al documentario.
Soggetto della sua ultima fatica è la tauromachia spagnola, con un titolo che riecheggia direttamente a Morte nel pomeriggio di Ernest Hemigway: un mondo in cui si mescolano senza soluzione di continuità divismo, sacralità, fanatismo e morte.
Al centro di Pomeriggi di Solitudine, premiato al con la Concha de Oro al Festival di San Sebastián e distribuito da Movies Inspired per tre soli giorni (8, 9 e 10 settembre) nei nostri cinema, c'è la figura di Andrés Roca Rey, giovanissimo e veneratissimo matador peruviano, ma non aspettatevi un ritratto convenzionale del torero né una dissezione puntuale del mondo delle corride.
[Il trailer di Pomeriggi di Solitudine]
Coerentemente con il suo approccio abituale, anche in Pomeriggi di Solitudine Albert Serra sembra più interessato a destrutturare integralmente le aspettative dello spettatore sul Cinema e sui suoi generi.
Affrontare la materia e il soggetto con lo sguardo del documentarista non è affare che lo riguarda e come sempre il cineasta spagnolo ha voluto sottolinearlo con affermazioni caustiche in cui affermava di non conoscere affatto Roca Rey né di essere intenzionato a ritornare mai più al documentario.
Non è un caso che il protagonista dell'opera non abbia apprezzato il risultato e tra lui e l'autore siano tuttora in corso delle controversie legali.
Eppure, Pomeriggi di Solitudine è l'ultimo straordinario successo critico di Albert Serra: un'opera in cui dimostra una volta in più di poter piegare il Cinema a suo piacimento, aggirando ogni convenzione cinematografica al fine di assecondare l'integrità della propria poetica.
La prima tra le numerose scelte controintuitive a emergere è quella di eliminare ogni punto di riferimento narrativo: ci viene negato ogni sguardo di insieme dell'arena, ogni riferimento ai lassi di tempo che intercorrono tra una corrida e l'altra, ogni tecnicismo, ogni presentazione dei personaggi in scena. Ma non solo: nessuna intervista, nessun voice over, nessun giudizio sulla pratica - e sulla conseguente mattanza - portata in scena.
Siamo lasciati soli dinnanzi a una reiterazione, stratificata e implacabile, dello scontro tra toro e matador.
[Non aspettatevi di trovare il calore dell'arena in Pomeriggi di Solitudine]
Andrés Roca Rey svetta nell'immagine animato da pulsioni primordiali: la sua gestualità e le sue espressioni sembrano tradire una palese sfumatura sessuale nell'atto della tauromachia, in cui la spada assume un ovvio significato fallico e quello tra uomo e toro sembra un lungo e sfiancante corteggiamento privo d'amore.
Un gioco d'attrazione, crudele e antico, che trova sublimazione grazie al fascino naturale del protagonista.
A mio avviso andrebbe letta in quest'ottica anche la continua e pressante attenzione rivolta alle mutilazioni dell'animale: la libertà nell'espressione degli istinti e la castrazione degli stessi sono d'altronde sempre stati oggetto della riflessione cinematografica di Serra.
Così come portato in scena, il torero sembra incanalarsi con naturalezza nella lunga stirpe dei divi, degli uomini di potere, delle figure protese verso il divino che Albert Serra ama decostruire al punto di rendere simulacri.
Così come il suo Luigi XIV, attorniato da una corte di sudditi e funzionari in La mort de Louis XIV, il contesto che lo circonda sembra sua diretta promanazione, tanto da perdere senso e personalità quando il torero esce dal fotogramma.
La sua lunga vestizione, i persistenti momenti di preghiera e la pregevole fattura dei suoi abiti tradiscono la sacralità del suo ruolo nella società che lo attornia: la solitudine di cui parla il titolo è quella dei sovrani, degli irraggiungibili; un leitmotiv della filmografia di Serra che da sempre si snoda tra figure mitologiche, sovrani e alti funzionari.
Uomini soli, resi inafferrabili dalle lenti deformanti del Cinema.
[Il protagonista di Pomeriggi di Solitudine Andrés Roca Rey sembra nato per essere un divo]
Questa volta però la morte non rischia di arrivare per consunzione: la fine può essere violenta, istantanea e giungere in gioventù.
Roca si ritrova a fronteggiarla e a sfuggirvi con agilità solo per tornare a sfidarla qualche istante più in là. In quel momento lo spettatore perde il contatto con la natura divina del personaggio e ne saggia l'umanità imperfetta.
Ancor prima di Roca Rey in Pomeriggi di Solitudine entra però in scena il suo antagonista naturale: il toro.
Serra inquadra gli animali come se fossero il prolungamento naturale delle pulsioni umane: un condensato di istinti violento e implacabile, lanciato verso il proprio destino con la fierezza e la noncuranza di un essere ontologicamente destinato a una fine violenta. Ecco perché l'arrivo della morte, seppur così crudele, risulta così organico all'opera.
Il sangue appare dunque in scena come naturale rappresentazione di impulsi filmati senza giudizio, ma con irrefrenabile attrazione.
Pur avendo al centro della propria narrazione una figura e la sua ossessione primaria, Pomeriggi di Solitudine non si incanala nella tradizione documentaristica à la Werner Herzog ma sembra più vicino - sul piano concettuale - a Il sole della mela cotogna di Victor Erice: un documentario poetico, fortemente manipolato ed estetizzato, fondato sulla sedimentazione delle immagini e che cerca di cogliere un gesto nella sua essenza più che spiegarne i contorni e le ambizioni.
A differenza dell'opera di Erice, però, Pomeriggi di Solitudine risulta viscerale e sconvolgente.
[Oro e sangue: due colori che rimandano all'essenza di Pomeriggi di Solitudine]
La sua natura così fisica rende Pomeriggi di Solitudine incredibilmente vicino allo straordinario April di Dea Kulumbegashvili, vincitore del Premio Zabaltegi-Tabakalera nella scorsa edizione di Festival di San Sebastián - sezione del festival basco riservata alle opere più estreme - e del premio speciale della giuria alla Mostra del Cinema di Venezia 2024.
Il fatto che due opere simili abbiano ottenuto riconoscimenti così importanti dimostra l'insaziabile necessità del Cinema di evolvere, ampliando i propri confini: per rispondere a questa necessità, il ruolo di autori come Albert Serra risulta del tutto vitale.
___
CineFacts non ha editori, nessuno ci dice cosa dobbiamo scrivere né soprattutto come dobbiamo scrivere: siamo indipendenti e vogliamo continuare ad esserlo, ma per farlo sempre meglio abbiamo bisogno anche di te!
Articoli
Articoli
SuldivanodiAle
