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Bring Her Back - Recensione: al di là dell'orrore

Bring Her Back è il nuovo horror di Danny e Michael Philippou che traccia un percorso comune con Talk to Me senza però avere la forza necessaria per addentrarsi nel lato esoterico degli incubi messi in scena

Bring Her Back è il nuovo film di Danny e Michael Philippou, acclamati registi di Talk to Me, distribuito in Italia grazie a Eagle Pictures. 

 

L’elaborazione del lutto sembra essere il tema portante su cui la coppia Danny e Michael Philippou ha scelto di ancorare i loro due primi film.

Se in Talk to Me il senso di perdita veniva elaborato attraverso la collettività di un rito, con la mano demoniaca a fare da tramite per l’aldilà, in Bring Her Back la questione diventa privata, intima, silenziosa.

 

Il cambio di prospettiva è dunque netto, una cesura che si riflette anche sulla natura “sociale” dell’operazione.

 

[Il trailer di Bring Her Back]

 

 

Talk to Me prendeva in esame - e di mira - l'incomunicabilità odierna tra la Gen Z e gli adulti, tra due modi e mondi di interfacciarsi alla solitudine.

 

Con Bring Her Back, invece, Danny e Michael Philippou scelgono di spostare il focus verso gli affidi di minori alle persone disponibili all’accoglienza.

La storia di Andy (quasi maggiorenne) e Piper (ipovedente), rimasti orfani dopo il suicidio del padre, dà il via a una lenta discesa verso un orrore domestico quando a prendersene cura è Laura, donna single che ha perso la figlia in un terribile incidente.

 

La dimensione nella quale i due registi immergono il fratello e la sorella - accomunati dalla stessa età dei personaggi principali di Talk to Me - è circoscritta alle mura della nuova casa, che nasconde una terza presenza: un bambino di nome Oliver che emana un senso di inquietudine costante.

Il lavoro svolto dal reparto scenografico in Bring Her Back diventa fondamentale proprio perché è la casa ad assumere la forma di portale verso un’altra dimensione, come la mano di ceramica nel film d’esordio.

 

Le forme geometriche di due spazi esterni all'abitazione di Laura non a caso sono il triangolo (la piscina vuota) e un cerchio disegnato sul cortile come a comporre un rito esoterico per comunicare con l’aldilà.

 

 

[Billy Barratt e Sara Wong interpretano rispettivamente Andy e Piper in Bring Her Back]

 

L’orrore nasce nell’intimità del nido, cresce e si riflette di conseguenza su chi lo abita. 

 

La scoperta del passaggio da una dimensione all’altra avviene per Laura tramite la visione di macabri rituali impressi su una VHS, in questo caso un formato video adibito all’uso domestico.

 

In linea con il loro film d'esordio, Danny e Michael Philippou scelgono di creare disagio disseminando momenti di tensione dall’inizio alla fine del film, soprattutto grazie alla prova attoriale di Sally Hawkins: una scelta di casting perfetta quella dell’attrice britannica entrata nell’immaginario collettivo come incarnazione della tipica madre rassicurante (protagonista, per esempio, dei film di Paddington).

 

 

[Sally Hawkins nei panni di Laura offre una delle prove migliori della sua carriera]

 

I problemi in Bring Her Back nascono, a mio avviso, quando l’orrore passa da una dimensione domestica a una maggiormente legata al lato esoterico.

 

La funzione del rito come ponte per superare un lutto è coerente con ciò che i due registi vogliono affrontare, ma la sovrastruttura ulteriore che riguarda Oliver finisce con il far perdere di vista il trauma alla base del film.

È vero che i momenti cinematograficamente più impressionanti hanno come protagonista il bambino, ma dimostrano anche una certa insicurezza da parte di Danny e Michael Philippou nell’affidarsi completamente alla storia alla base e alla critica sociale iniziale.

 

Viene da chiedersi come sarebbe stato Bring Her Back se si fosse concentrato esclusivamente sulla vicenda riguardante Laura, Andy e Piper, sul sudiciume dato dalla trasandatezza, sull’orrore della perdita, sulla lotta di classe in un sistema corrotto - chiediamoci come Laura ha ottenuto l’affidamento di Piper che le ricorda la figlia morta - affrontando dunque di petto le paure concrete, quotidiane, tangibili.

 

La casa-set sarebbe potuta diventare realmente una prigione con Laura alla stregua della Margaret White di Carrie - Lo sguardo di Satana, inglobando lo sguardo di controllo costante verso i due fratelli in un’atmosfera claustrofobica pronta a esplodere.

___  

 

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