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I Fantastici Quattro - Gli inizi - Recensione: retro-nostalgia

Primo film della “fase 6” del Marvel Cinematic Universe, I Fantastici Quattro - Gli inizi è un’opera godibile seppur costellata di turbolenze cosmiche

I Fantastici Quattro - Gli inizi è il 37° film del Marvel Cinematic Universe e il quarto adattamento cinematografico basato sulla celebre famiglia di supereroi nata dalla fantasia di Stan Lee e dalla matita di Jack Kirby.  

 

Dal 2005 a oggi Marvel ha prodotto almeno un film su I Fantastici Quattro ogni dieci anni, con esiti non sempre positivi: basti pensare a I Fantastici 4 e Silver Surfer del 2007 o al primo reboot del 2015, Fantastic Four - I Fantastici Quattro con Michael B. Jordan

 

Quest’ultimo uscito si rivela - a mio parere - il migliore tra i suoi predecessori oltre che il più originale, anche se rimane ben lontano dall’essere un capolavoro. 

 

[I Fantastici Quattro - Gli inizi: il trailer del film] 

 

 

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, I Fantastici Quattro - Gli inizi non mette in scena la classica storia delle origini dei supereroi - tra l’altro già ampiamente affrontata e rielaborata nelle opere precedenti - ma, come avviene sempre più spesso nei cinecomic moderni, i protagonisti vengono presentati al grande pubblico già in possesso di costumi, poteri e di un loro quartier generale. 

 

“Sappiamo tutti la storia” del resto, come viene ribadito nelle scene iniziali dal presentatore di un Late Show mentre introduce il gruppo di eroi al pubblico in studio, trovando comunque il tempo per accennare brevemente alla genesi del team Marvel. 

 

La vicenda de I Fantastici Quattro - Gli inizi si apre su Terra–828, in un universo alternativo rispetto a quello degli eventi di Avengers: Endgame, dove i protagonisti sono “fantastici” già da quattro anni e all’apice della loro celebrità.  

Sue Storm (Vanessa Kirby) ha appena scoperto di essere incinta, ma la gioia iniziale di Reed Richards (Pedro Pascal) lascia presto il posto a una scomposta preoccupazione per le eventuali conseguenze della loro mutazione sulla natura del nascituro. Contemporaneamente alla dinamica familiare, l’entità cosmica divora-mondi Galactus, annunciata dall’araldo Silver Surfer, minaccia di assorbire il pianeta per soddisfare la sua insaziabile fame ancestrale.

 

A fare da sfondo vi è una New York anni ’60 retrofuturistica, vintage e colorata, a tratti stravagante, che ricorda le atmosfere della serie animata I Jetsons o del film Pixar Gli Incredibili, con cui I Fantastici Quattro - Gli inizi condivide, non a caso, temi e ambientazioni.

La società terrestre di questa dimensione parallela è tecnologicamente evoluta molto probabilmente grazie alla mente brillante di Mister Fantastic, alle sue invenzioni e alle azioni dei quattro supereroi.

 

Questi aspetti, a mio parere, rendono l’opera ben curata e di grande impatto visivo, considerando che ogni scena sembra effettivamente uscita dalle pagine di un fumetto.

  

 

[I Fantastici Quattro - Gli inizi: da sinistra Ebon Moss-Bachrach, Pedro Pascal, Vanessa Kirby e Joseph Quinn]

 

Un elemento rilevante de I Fantastici Quattro - Gli inizi, che riflette un’altra tendenza diffusa nei cinecomic degli ultimi anni, è l’abbandono della pretesa di verosimiglianza. 

 

A differenza del film del 2005, ad esempio, nel film di Shakman non c’è bisogno di dare una spiegazione pseudo-scientifica sul perché la tuta della Torcia Umana non prenda fuoco ogni volta che Johnny esclama “Fiamma!”.

Sono supereroi, punto.

Questa scelta stilistica, più fedele allo spirito dei fumetti, permette alla pellicola di adottare un tono più leggero e di rinnovarsi, in un momento in cui il genere risulta ormai saturo di reboot stantii e blockbuster mediocri.  

 

Si può intuire che questa strategia risponda tanto alle logiche dell’industria quanto alla crescente familiarità del pubblico con il linguaggio dei supereroi. Così, quando i protagonisti - sfoggiando stilosissimi dolcevita - si lanciano nello spazio a velocità superluminale, l’impatto visivo agevola un naturale processo di sospensione dell’incredulità, spingendo lo spettatore ad accogliere con leggerezza anche gli elementi più improbabili. 

I Fantastici Quattro - Gli inizi, in fondo, non chiede di essere credibile, ma è semplicemente coerente con il suo linguaggio e a mio avviso è proprio questa coerenza a rendere l’impianto estetico e le atmosfere cartoonesche gli elementi più riusciti del film, al punto da superare in efficacia anche alcune scelte narrative. 

 

La trama de I Fantastici Quattro - Gli inizi si sviluppa infatti in modo semplice e prevedibile, con il tema della famiglia cha fa da filo conduttore dell’intera opera e che riprende spunti già noti, seppur rielaborati.

  

 

[I Fantastici Quattro - Gli inizi: Pedro Pascal nei panni di Mister Fantastic]

 

Proprio perché i Fantastici Quattro, a differenza di molti altri supereroi, non hanno un’identità segreta, il loro legame familiare emerge ancora più marcato: non vivono nel tormento del doppio ruolo né scelgono la solitudine per proteggere i propri cari, sono letteralmente una famiglia e agiscono come parte di qualcosa che va oltre il singolo. 

 

Emblematico, in questo senso, è lo scambio tra la Torcia Umana (Joseph Quinn) e Silver Surfer (Julia Garner) durante il loro primo incontro, quando l’aralda di Galactus augura a Johnny di poter morire con i suoi cari. 

Una frase che può sembrare spietata, ma che, dal suo punto di vista, assume un significato opposto: Silver Surfer ha infatti rinunciato alla propria famiglia per salvarla dal divoratore di mondi, e conosce profondamente il valore di poter restare accanto ai propri affetti fino alla fine. 

Le parole della surfista argentata acquistano in questo caso un duplice significato e risuonano come un'autentica benedizione.

 

Pur rappresentando la forza motrice dell’intreccio, la tematica familiare risulta però talmente ricorrente da diventare ingombrante, quando non eccessiva; l'insistenza su questo elemento, anziché conferire profondità al film, finisce per appiattirlo, rendendolo ripetitivo. Il ritmo narrativo si rivela inoltre leggermente squilibrato, con una prima parte introduttiva più lenta e misurata e una seconda metà concitata e sbrigativa, in cui non si riesce ad esempio a dare il giusto rilievo alla dimensione personale di molti personaggi.  

 

Il Reed Richards di Pedro Pascal sta sempre davanti alla sua lavagna, impegnato a fare calcoli: lo si vede di spalle allungare il braccio per raggiungere l’angolo estremo della tavola di ardesia per scrivere il risultato dell’ultima equazione. La sua mente analitica vede i superpoteri come un’anomalia e da qui la preoccupazione che questi possano avere un’influenza negativa sul figlio che aspetta da Sue. 

Lontano dalla lavagna Reed diventa un personaggio dolente, fragile e insicuro; molto più vulnerabile e meno razionale di quanto ci si potrebbe aspettare da una delle menti più brillanti del multiverso Marvel.

Inoltre, il suo rapporto in scena con Johnny è praticamente inesistente, mentre lo spazio concesso alla profonda amicizia con Ben Grimm è relegato a una singola interazione, in cui Reed confessa al compagno il suo profondo senso di colpa per l’incidente che li ha trasformati. 

 

Per questo, sebbene Pedro Pascal offra un’interpretazione a mio giudizio intensa, l'attore cileno potrebbe non risultare pienamente convincente nei panni di Mister Fantastic, anche se al tempo stesso questa scelta appare perfettamente coerente con la tendenza ormai consolidata di rendere i supereroi molto più umani e fallibili rispetto al passato.

 

 

[I Fantastici Quattro - Gli inizi: Vanessa Kirby nei panni della Donna Invisibile]

 

 

Dall’altra parte Vanessa Kirby nei panni di Sue Storm, mi ha convinto ancora meno, perché con la stessa espressione apatica per quasi tutto il film porta in scena una Donna Invisibile risoluta e determinata: una fine diplomatica e mediatrice internazionale, pronta a tenere il punto della situazione e in grado di rassicurare il partner, molto più emotivo.

 

Il suo personaggio sembra il prodotto dell’ennesimo tentativo di costruire un archetipo di “donna forte” semplicemente traslandola in ruoli tradizionalmente maschili, senza però mettere in discussione l’impianto narrativo che ha generato quei ruoli. 

Il risultato appare superficiale e privo di reale significato: il che è un peccato, perché I Fantastici Quattro - Gli inizi dimostra in altri frangenti di saper leggere e interpretare molto bene il presente, ad esempio esplorando il rapporto tra supereroi e media e proponendo una riflessione interessante sulla responsabilità che i potenti hanno nei confronti della collettività. 

Anche nella società contemporanea l’opinione pubblica è spesso influenzata da narrazioni politiche polarizzate, volte a suscitare reazioni emotive piuttosto che basarsi su dati e fatti concreti.  

 

In questo senso diventa esemplare la sequenza in cui Sue si confronta con una folla ostile radunata davanti al Baxter Building, riuscendo da abile statista qual è a ribaltare la situazione e guadagnare il sostegno dei manifestanti per la realizzazione di un progetto rischioso, elaborato e costoso. 

Del resto ne I Fantastici Quattro - Gli inizi si sente l’eco di un mondo post-COVID 19, in cui le forze politiche globali si sono unite sotto un unico simbolo e cooperano per raggiungere un bene comune.

 

A sorreggere questa fragile alleanza però non è tanto la reale coesione internazionale, quanto la consapevolezza che in caso di emergenza i Fantastici Quattro saranno pronti a intervenire. 

 

 

[I Fantastici Quattro - Gli inizi: Ebon Moss-Bachrach (a sinistra) e Pedro Pascal (a destra) in una scena del film]

 

 

Gli altri due membri del gruppo secondo me non riescono a ritagliarsi il giusto spazio all’interno della vicenda.

 

Johnny Storm (Joseph Quinn) è rappresentato con toni leggermente diversi dal consueto: meno scavezzacollo e più inquieto, rimane avventato e incosciente come un adolescente, ma mostra anche un lato più emotivo e sensibile. 

 

A fargli da guida è La Cosa (Ebon Moss-Bachrach), forse il personaggio più complesso del gruppo, che nel film viene ridimensionato e relegato a un ruolo secondario, per consentire alle dinamiche sentimentali tra Sue e Reed di emergere: il suo background, tradizionalmente legato ai temi della diversità e dell’accettazione di sé, ne I Fantastici Quattro - Gli inizi resta appena accennato e il conflitto interiore che da sempre lo definisce viene solo suggerito, mai veramente esplorato.  

Il supereroe rimane così un insieme di allusioni e non detti: solitario e nostalgico, Ben trascorre le giornate aggirandosi malinconico per le strade del quartiere in cui è cresciuto, scrutando di sfuggita il suo mostruoso riflesso sulle vetrine dei negozi e innamorandosi di una sconosciuta dall’altra parte della strada, una donna che riuscirà sicuramente a guardare oltre la sua corazza. 

 

Quando è a casa Ben ama cucinare, un dettaglio che richiama ironicamente il ruolo che ha reso celebre Moss-Bachrach in The Bear e che suggerisce un certo parallelismo tra i due personaggi, entrambe figure che incarnano il ruolo del mentore e del fratello (o cugino) maggiore. 

 

Anche sul piano visivo la sua presenza perde d’impatto: in alcune sequenze infatti, la CGI fatica a integrarsi pienamente nel contesto, rendendo la resa estetica de La Cosa meno convincente rispetto al resto del gruppo.

  

 

[I protagonisti de I Fantastici Quattro - Gli inizi]

 

 

Al netto degli aspetti appena trattati, ritengo che I Fantastici Quattro - Gli inizi sia un discreto prodotto di intrattenimento, con un impianto visivo originale e un approccio sperimentale, il che contribuisce a rendere la visione gradevole e divertente. 

 

Un'altra nota positiva del film è che sostanzialmente si tratta di avventura quasi autoconclusiva, slegata (almeno in apparenza) dalle trame spesso caotiche e impegnative del multiverso MCU. Il film può essere fruito senza la necessità di recuperare titoli precedenti, offrendo così un’esperienza più accessibile anche a quella parte di pubblico chi si è allontanata dall’universo Marvel. 

Dietro questa parvenza di film stand-alone, tuttavia, si intravede chiaramente la funzione strategica dell’opera, che è quella di preparare il terreno per il prossimo Avengers: Doomsday.

Pur raccontando una storia che si regge da sola infatti, I Fantastici Quattro - Gli inizi assume i contorni di un prologo: una battaglia minore che anticipa la grande guerra col Destino. 

In quest’ottica, si può concludere che il titolo alluda non tanto (o non solo) alle origini del supergruppo, ma all’inizio della nuova fase narrativa dell’intero Marvel Cinematic Universe. 

 

Quanto questo nuovo inizio sarà davvero convincente lo diranno i prossimi capitoli; nel frattempo osserveremo con attenzione i prossimi passi del gigante dei cinecomic.

___ 

 

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