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28 anni dopo è il nuovo film diretto da Danny Boyle, scritto da Alex Garland e con protagonisti Aaron Taylor-Jones, Jodie Comer, Ralph Fiennes e Alfie Williams.
Sono passati 23 anni da quando uscì nei cinema 28 giorni dopo: era il 2002 e il film di Danny Boyle intercettava la paura post-attentato dell’11 settembre sperimentando, attraverso il digitale, con il linguaggio cinematografico: certe inquadrature sono figlie del mondo della videosorveglianza per esempio.
La rabbia era il sentimento-condotta che governava il mondo creato dalla penna di Alex Garland che, in questo seguito, sembra essere sfociata in disillusione verso i propri padri, o meglio, verso il concetto stesso di nazione.
[Il trailer di 28 anni dopo]
Seppur figlio del mondo infetto di 28 giorni dopo, 28 anni dopo ha il merito di saper costruire un universo narrativo in grado di sorreggere autonomamente la propria mitologia, anche perché l’idea editoriale è di trarne una trilogia facendo, perciò, di questo primo capitolo il capostipite.
Un dettaglio non da poco, in quanto la narrazione del film deve farsi carico di concetti e spiegazioni utili a rendere credibile ogni regola di un universo figlio di un immaginario post-apocalittico horrorifico ormai appartenente alla cultura pop grazie a The Last of Us.
28 anni dopo gli eventi del primo film e, dunque, dell’apocalisse di infetti che ha reso il Regno Unito una terra in cui è possibile entrare, ma non uscire, l’umanità è tornata a un sistema sociale, se vogliamo, tribale: è interessante notare come Alex Garland e Danny Boyle abbiano voluto sottolineare il fatto che il mondo esterno continui a progredire come la realtà che viviamo tutti giorni, lasciando invece l’isola anglosassone una terra di nessuno.
[28 anni dopo: un campo lungo che non lascia via di scampo]
Come sottolineato dallo stesso regista, il riferimento all’attualità non può che essere alla Brexit, ma al di là di ciò la mancanza di una solidarietà condivisa verso la propria specie è un concetto ancora più ampio e che ci dovrebbe far riflettere sui tempi nefasti che stiamo vivendo.
La mancanza di punti di riferimento e di fiducia nella scienza (progresso) in 28 anni dopo tramutano ogni possibile sguardo verso il futuro in una spirale negazionista atta a cancellare il passato per superare l’evento traumatico dell'infezione collettiva.
La conseguenza però non può che essere la sfiducia dei figli nei confronti della patria, che porta inevitabilmente a una fuga verso il mondo esterno alla ricerca, appunto, di un progresso o l’idea di esso.
Come accadeva in 28 giorni dopo anche in 28 anni dopo Danny Boyle sceglie di tramutare le paure alla base del film in un’estetica non scontata con, per esempio, continui cambi di punti di vista all’interno della stessa scena proprio per sottolineare uno spaesamento generale.
Eppure dietro a un asfissiante percorso senza appiglio, in 28 anni dopo c’è spazio anche per la speranza: una speranza che proviene dal femminile che, laddove il rito di iniziazione all’adolescenza maschile prevedeva l'uccisione di un infetto, il controcampo simbolicamente è dato dalla cesura di un cordone ombelicale.
Memento moris/Memento amoris sono le fondamenta su cui è possibile costruire il futuro.
[28 anni dopo: gli infetti sono senz'anima?]
Essere consci che la morte è parte integrante della vita a cui però non deve essere privata la componente dell’amore in tutte le sue forme e sfaccettature.
Danny Boyle bilancia sapientemente questi due concetti trovando nell’accettazione della morte un passaggio in grado di elevarsi a rito di espiazione collettiva del trauma. Un trauma che è visceralmente parte integrante delle immagini di 28 anni dopo, ritornando a più riprese grazie all’uso sapiente del montaggio alternato che contrappone passato e presente, umani e infetti, vita e morte.
28 anni dopo è perciò solo la parte iniziale di un percorso che ha il respiro dei film d’avventura e la tensione dell’horror folkloristico à la The Wicker Man, con un finale di follia punk che sembra essere uscito dalla post-apocalisse di Mad Max.
Attendiamo il proseguimento.
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