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Con Mission: Impossible - The Final Reckoning, ottavo capitolo della celebre saga d’azione, Tom Cruise e il regista Christopher McQuarrie firmano un’opera tanto ambiziosa quanto folle, che oscilla tra l’omaggio nostalgico e la sfida aperta alle leggi della fisica - e forse anche a quelle del buon senso.
Se davvero si tratta del canto del cigno per Ethan Hunt, è un’uscita di scena esplosiva: Mission: Impossible - The Final Reckoning riparte esattamente dove ci aveva lasciati il precedente Dead Reckoning - Parte Uno, con Hunt e la sua squadra impegnati nella lotta contro l’Entità, una potente intelligenza artificiale capace di infiltrarsi in ogni rete e dispositivo, mettendo a rischio l’intero pianeta perché in grado di mistificare e rimodellare ciò che conosciamo come verità.
Nel film si sottolineano spesso due cose: la prima è che ognuno di noi è il risultato di tutte le scelte prese nella vita e la seconda è che bisogna fidarsi di Ethan Hunt; sono dell'avviso che lo stesso Mission: Impossible - The Final Reckoning è una buona risposta a entrambe le affermazioni.
[Il trailer di Mission: Impossible - The Final Reckoning] Mission: Impossible - The Final Reckoning
Il tono è apocalittico, ma lo spirito è quello dell’intrattenimento puro: Tom Cruise come al solito corre, salta da un aereo all'altro in volo, si insinua in un sottomarino alla deriva sul fondale oceanico artico e si getta a capofitto in imprese che nessun altro attore proverebbe neppure a immaginare.
Mission: Impossible - The Final Reckoning a mio avviso pecca di eccesso in merito al plot: in quest'ultimo capitolo mi sembra che abbiano voluto a tutti i costi infilare fin troppe informazioni, con il risultato di avere una trama fittissima, pregna di avvenimenti e densa di personaggi che ricalcano il cliché del Mr. Exposition, ovvero quel personaggio che in scena spiega agli altri ciò che è successo e ciò che dovrà succedere.
Una comodità di sceneggiatura che spesso viene utilizzata per passare in maniera stilosa quelle stesse informazioni al pubblico, magari distratto o poco attento, ma che in questo capitolo della saga è fin troppo presente e i suoi panni vestiti da ben più di un personaggio: soprattutto nel primo e nel secondo atto di Mission: Impossible - The Final Reckoning questo escamotage invece che utile risulta essere una zavorra per il ritmo, oltre a infastidire leggermente nel momento in cui ripetono per la terza volta cose che abbiamo già capito - difetto che avevo già riscontrato identico nel capitolo precedente - sintomo forse di una poco velata sfiducia nell'intelligenza del loro pubblico.
Il film si apre dunque con una buona mezz’ora piena di rimandi e spiegazioni, a volte inutilmente complicate, che cercano di collegare tutti i film precedenti della saga in un grande affresco finale: affascinante da un lato rivedere le immagini dei Mission: Impossible dal 1996 a oggi, ma il rischio è che più che un omaggio diventi a un certo punto mera masturbazione.
Una volta superato questo ostacolo però Mission: Impossible - The Final Reckoning ingrana la quinta e non si ferma più: le sequenze d’azione più spettacolari del film vedono Tom Cruise sfidare le leggi della fisica del tanto alto e del tanto basso, dato che una è girata su dei biplani in volo e una è interamente subacquea.
["La" scena subacquea di Mission: Impossible - The Final Reckoning]
A ormai quasi trent'anni dall'inizio della saga il film ci presenta le scene stunt più spettacolari mai viste nel franchise, che riescono ancora a lasciare lo spettatore a bocca aperta, a maggior ragione conoscendo bene la follia del produttore, protagonista e vera identità di Mission: Impossible Tom Cruise, che non vuole controfigure e che assieme al regista McQuarrie e al team di stunt coordinator si impegna per fare tutto in prima persona, facendo altresì in modo che la messa in scena evidenzi il fatto che quell'uomo appeso a 5000 metri d'altezza o mezzo nudo nell'oceano gelido è proprio lui.
Mission: Impossible - The Final Reckoning è infatti ancora una volta un film dove al centro di tutto c’è Tom Cruise.
Più che un attore, ormai è diventato una sorta di figura mitologica del Cinema d’azione: instancabile, spericolato, totalmente devoto alla causa del grande schermo, in un film che non fa nulla per nascondere il suo culto della personalità - “A Tom Cruise Production” primeggia nei titoli di testa con più enfasi del nome del regista - ma la cosa non è affatto un difetto, al contrario diventa un punto di forza.
Il suo Ethan Hunt ormai non è più solo un uomo: è un’idea, un archetipo, un avatar dell’eroismo cinematografico dentro e fuori dallo schermo.
Accanto a lui troviamo la squadra ormai ben rodata formata innanzitutto da Simon Pegg e Ving Rhames, che con i loro Benji e Luther rappresentano una nuova e vivace versione del clown bianco e dell'Augusto, da Hayley Atwell che aggiunge al film un certo grado di tensione romantica e che spesso funge da alter ego dello spettatore - con le sue domande e indecisioni alle quali risponderanno gli altri personaggi - e da una Pom Klementieff che si conferma di nuovo presenza magnetica e carismatica, in grado di rubare la scena con il fisico e con lo sguardo anche perché parla solo e soltanto in francese, lingua sconosciuta alla maggior parte dei protagonisti che riescono comunque a capirla grazie al suo modo di interpretare ciò che dice.
C’è persino spazio per qualche volto nuovo e inaspettato come quello di Lucy Tulugarjuk, sorprendente anche con pochi minuti a disposizione così come il sempre bravo Tramell Tillman - esploso con la seconda stagione della serie TV Scissione - e tanti ritorni di personaggi storici del franchise, che ovviamente non sarò io a spoilerarvi.
[Una parte della squadra di Mission: Impossible - The Final Reckoning]
Mission: Impossible - The Final Reckoning è a tratti ridondante, autocelebrativo e improbabile, ma è anche sincero, generoso e visivamente impressionante.
È evidente che tutte le persone coinvolte nella produzione abbiano avuto lo scopo principe di pensare e creare un film da vedere necessariamente sullo schermo più grande possibile e con il sistema audio più fracassone possibile, per restituire un tipo di esperienza cinematografica letteralmente impossibile da vivere a casa allo stesso modo, anche se avete l'Home Cinema più avanzato del pianeta.
C'è poi da aggiungere un particolare a mio avviso fondamentale: se è vero che Cruise inizia a somigliare più a un personaggio generato da un algoritmo che a un uomo in carne e ossa, c’è una certa ironia nel fatto che il suo ultimo nemico sia proprio un’intelligenza artificiale disumanizzata, soprattutto in un periodo storico come questo dove il dibattito sulle IA usate nel Cinema è ormai quotidiano.
Mission: Impossible - The Final Reckoning è come se rappresentasse quindi un duello simbolico tra il Cinema classico e la tecnologia contemporanea, tra l’artigianato spettacolare delle acrobazie reali e l’asetticità digitale della CGI.
Il discorso di fondo del film poi evidenzia più di uno dei problemi che siamo chiamati ad affrontare nel mondo reale: come potremo gestire le intelligenze artificiali nel momento in cui saranno in grado di prevedere il nostro comportamento sulla base di ciò che abbiamo fatto in passato?
Come riusciremo a non autodistruggerci quando non sapremo più distinguere il vero dal contraffatto, quando un video mostrerà persone armate quando originariamente non lo erano, quando vedremo manifestazioni piene di bandiere di un altro colore rispetto a ciò che è avvenuto davvero, quando il discorso di un capo di stato verrà modificato nel volto, nel labiale, nel timbro di voce per ottenere qualcosa di opposto e pericoloso?
Non conosco a fondo le dinamiche interne delle agenzie di spionaggio in giro per il mondo, ma ho come l'impressione che nel mondo reale un uomo come Ethan Hunt non esista, e la cosa potrebbe diventare un problema.
["La" scena aerea di Mission: Impossible - The Final Reckoning]
Mission: Impossible - The Final Reckoning è dunque un incasinato viaggione di addio ai personaggi e alle situazioni che ci hanno accompagnato dal 1996 (ma lo sarà davvero?), un film nato apposta per il grande schermo che però non si dimentica che oltre alla spettacolarità che ci si aspetta da un blockbuster di questo tipo è importante anche avere qualcosa di interessante da dire, magari riuscendo a dirlo tra le righe senza gridarlo esplicitamente.
Il film intrattiene con passione e con coraggio: se sia o meno davvero l’ultimo capitolo credo sia una questione nonostante tutto ancora aperta, ma se così fosse Mission: Impossible - The Final Reckoning rappresenta un addio degno del suo protagonista.
Mission: Impossible - The Final Reckoning rappresenta anche un’ulteriore conferma: quando il Cinema sembra essere in pericolo ecco che arriva Tom Cruise, sempre pronto a rispondere: “Missione accettata”.
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