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Natale al Cinema: cult, classici e nuovi miti del cinema natalizio

Che film di Natale guardare? Ecco una lista da tenere in considerazione.

Il Natale è forse la festività più potente che il genere umano abbia mai creato, il cui ufficio marketing karmico ha lavorato così alacremente da trovare una via sia per i credenti che per i babbani.

Una celebrazione versatile, comoda, soffice, calorica, pregna di significati, messaggi e totalmente personalizzabile. 

 

Ogni nazione ha le sue tradizioni, ogni regione, provincia e famiglia ha le sue, ma la guerra del colore l’ha vinta la Coca-Cola e il rosso ha trionfato sul blu, colore d’origine del panzuto San Nicola.

Mica per niente il più fico dei Power Ranger, quello con il T-Rex, è quello rosso, non certo quello blu che, se non ricordo male, come dinozord aveva il muflone.

 

Mentre invece, il verde, rappresenta la speranza di chi il Natale lo vorrebbe distruggere.

Un po’ come il Power Ranger verde, guilty pleasure dal carattere ambiguo, che, come animale, aveva Godzilla, Re dei mostri.

 

Come alcuni di voi avranno notato, non sono molto ferrato sull’argomento Power Ranger, però ne so abbastanza sulla festività natalizie, considerando anche che siamo allo speciale dedicato numero 2 (il primo è uscito per la mia rubrica sulla Tv, Sul Divano di Ale)

Il Natale è un prodotto che funziona anche, ma soprattutto, lontano dal simbolismo religioso.

Prendo ad esempio me stesso.

Nato Italiano, quindi cristiano, eppure ormai così lontano da ogni dogma religioso da essere arrivato a convertirmi a tutt'altro credo.

Nonostante ciò, per me, il Natale resta una festa grandiosa.

 

Fermamente convinto che per qualche cosmica ragione tutto il mondo si muova all'unisono verso le radici della propria umanità, scavando a fondo per riscoprire i principi universali che smuovono il lato migliore dell'uomo.

Motivo per cui continuo a credere in Charles Dickens, in Tim Burton, in Frank Capra, in Frank Sinatra, Bing Crosby e Michael Bublè.

Credo nelle storie, non ci posso fare niente.  

In quanto cinefilo, credo nei film di Natale.

 

Nonostante Canale 5 ogni anno trasmetta una carrellata di roba orrenda, minando pesantemente le fondamenta delle mie credenze. 

Se anche la vostra fede comincia a traballare, seguitemi in questo excursus alla ricerca delle migliori pellicole dedicate alla festività più cool del globo terracqueo.

 

 

 

 

 

S.O.S. Fantasmi 

(Scrooged, 1988 - di Richard Donner)  

 

Non passa giorno in cui non benedica l'invenzione di DVD/Blu-Ray o piattaforme streaming.

Per anni, da bambino, ho sofferto il terrificante palinsesto televisivo che mi costringeva a cercare disperatamente su TV Sorrisi e Canzoni la messa in onda di SOS Fantasmi di Richard Donner, trovandolo quasi mai.

 

Non ricordo quando vidi per la prima volta il film ma è, nel tempio sacro dedicato a Bill Murray che alberga nel mio cuore, uno di quei film pilastro della mia venerazione verso l'attore e comico americano.

Richard Donner, qualora non lo conosceste shame on you!, è un regista che ha fatto tutto e splendidamente.

 

L'horror cult The Omen, il primo e indimenticabile Superman, Arma Letale, I Goonies e Lady Hawk, sono solo alcuni dei grandi film diretti dal cineasta americano.

Insomma, non un autore del cinema riconoscibile in uno stile e in stilemi di messa in scena particolari, ma un regista versatile e capace di portare a schermo ogni genere con una mano ferma e precisa.

Tutti conoscono, direttamente e indirettamente, Canto di Natale (A Christmas Carol) di Charles Dickens.

 

Ebenezer Scrooge, l'avaro e arido protagonista che odia il Natale, lo spirito di condivisione, la misericordia e persino l'amore, sentimento accantonato per coltivare la sua sete di denaro.

Grigio e ingobbito, riceverà la visita di tre spiriti, ricredendosi sul senso della vita e su quanto meravigliosa potrebbe essere la sua ricchezza se imparasse a utilizzarla per scopi alti, riscoprendo i sentimenti basilari alla radice dell'uomo.

 

Una novella che è stata interpretata e messa in scena decine di volte.

Anche malamente.

Anche nel peggiore dei modi.

 

Richard Donner, assistito dalla sceneggiatura di Mitch Glazer e Michael O'Donoghue, due che di scrivere al servizio della risata e film ne sanno a pacchi, prendono un Bill Murray stupendo come non mai e lo trasformano in un Ebenezer Scrooge moderno, da qui il geniale titolo originale Scrooged.

Nel 1988 la modernità passava per la televisione che, da lì a poco, sarebbe diventata quello che ora sono i videogiochi, le piattaforme streaming o i social media: il nuovo passo tecnologico sul quale puntare il dito quando qualcosa va male.

 

Perciò SOS Fantasmi modernizza facendo di Frank Cross (Bill Murray) lo Scrooge del nuovo millennio, ovvero il direttore, spietato, di una grossa emittente televisiva.

Frank, oggi, sarebbe il presidente di Netflix o HULU o Amazon Studios o, magari, di Facebook, considerando che il diavolo oggi è rappresentato più dalla comunicazione social che dalla televisione (che sia streaming o meno).

 

Donner mette in scena un'interpretazione della storia magistrale, contestualizzandola in un presente ben riconoscibile per il pubblico.

La sceneggiatura, anche a distanza di anni, rimane universale, attuale e capace di colpire lo spettatore con la comicità cinica di un Murray nel quale, molti di noi, probabilmente si possono riconoscere; in fondo, Frank Cross, come lo Scrooge di Dickens, è un personaggio umanizzato con intelligenza, un nerd che ha sempre sognato di lavorare in quella scatola magica che, da bambino, ha nutrito la sua immaginazione e spesso il vissuto che il mondo circostante gli negava.

 

L'anima del racconto di Dickens viene rispettata, alleggerendo i toni drammatici con una comicità che non scade mai nel volgare o nel ridicolo, tenendo sempre ben presente una messa in scena che vuole e riesce ancora a dare credibilità ai fantasmi, alle visioni di Frank e ai momenti più seriosi.

Gli effetti speciali non sono ridicoli e non sono invecchiati tanto quanto ci si aspetterebbe, considerando che si tratta pur sempre di una commedia, avvalendosi delle sontuose musiche di Danny Elfman, di una comparsata di Miles Davis e delle performance di attori incredibili quali Karen Allen e Robert Mitchum.

 

SOS Fantasmi, grazie alla regia di Donner, ad una sceneggiatura perfettamente bilanciata e alla produzione curata sotto ogni aspetto, riesce ad avvicinarsi per valore all'opera seminale sul quale si fonda, guadagnandosi lo status di classico del cinema.

 

Il monologo finale di Bill Murray è ormai un frammento della storia della Settima Arte, commovente ad ogni visione, divertente e capace di rompere la quarta parete con una potenza inarrivabile - mi spiace per Deadpool e Ryan Reynolds - e non passa giorno in cui non arrivi a desiderare una macchina del tempo per avere occasione di mescolarmi al pubblico in sala e farmi sorprendere.

 

Guardatelo, anche con tutta la famiglia, vi darà tutto quello che cercate in un film di Natale, più un sacco di cose che non vi aspettavate.  

 

 

 

 

 

Una Promessa è una Promessa 

(Jingle All The Way, 1996 - di Brian Levant)  

 

I film di Natale sono un po' come i film horror e scadere nel dozzinale o nel ridicolo è una linea sottile tracciata su di un baratro dentro il quale vivono tutti i film tv del pomeriggio di Canale 5 o di Lady Channel - anche se e l'unico canale che trasmette ancora le repliche di Poirot!

Il film in questione è uno di quelli che ha contribuito a generare i mostri caduti sotto quella linea, i cloni, i sequel da home video così sciatti da riuscire a uccidere la sospensione dell’incredulità dello spettatore con una brutalità da From Hell.

 

Una Promessa è una Promessa - Jingle All The Way, diretto da Brian Levant e interpretato da Arnold Schwarzenegger, è un classico che guardo religiosamente ogni anno... o quasi.

 

Dovete sapere che per un periodo, dopo il mio trasferimento all’estero, le abitudini cinefile natalizie sono state messe di lato, ritrovando vita negli ultimi anni grazie anche a Netflix che, ogni anno, mette sul suo catalogo una vagonata di film stagionali; nonostante quest’anno abbia rilasciato, fino ad ora, una quantità di monnezza che non potete capire, passando dal Babbo Kurt Russel - dozzinale e ridicolo, una puntata di La Vita Secondo Jim venuta male - fino all’ennesimo film con la ragazza che sposa il principe, il cui nesso con il Natale mi sfugge da sempre.

 

Quando, lo scorso anno, ho visto sul catalogo Una Promessa è una Promessa, il mio cuore è esploso come se fosse stato toccato dalle dita nerborute del discepolo della scuola delle sette stelle di Hokuto.

L'ho guardato infornando biscotti e ubriacandomi di crema al mascarpone, incappando però in un trauma inaspettato.

 

Una Promessa è Una Promessa ha assunto tutto un nuovo significato.

 

Andiamo con ordine!

La storia è quella di Howard, un tipico workaholic americano che trascura moglie e figlio, mancando il suo unico, importantissimo, compito: comprare al ragazzino un Turbo-Man.

Il giocattolo è IL regalo di Natale dell'anno e Howard dovrà sgomitare tra negozi presi d’assalto dalle masse di genitori altrettanto disperati e urlanti, bande di elfi contraffattori, un postino psicotico e un villain da odiare - ché anche al Natale serve un cattivo.

 

Divertente, leggero, un film per la famiglia che vive proprio del suo non prendersi sul serio, della semplicità del messaggio e di una visione del Natale più adulta, dedicata ai genitori e al loro ruolo di protettori di una certa ingenuità che, quando loro erano bambini, gli fu garantita e che per qualche ragione sembrano non voler fare altrettanto con i propri figli.

 

Una Promessa è una Promessa serve ad assecondare quella pigra e gattesca voglia di ozio sul divano, quel desiderio di riposo e ingordigia che ci porta a spegnere tutto per godere di un tempo lento e altamente calorico davanti alla tv, con un intrattenimento semplice, magari mentre fuori fa un freddo porco e qualcuno corre a fare acquisti dell'ultimo minuto.

Quelli che voi avete già fatto con largo anticipo, vero?!

 

Tornando invece al punto d'origine, da quando l'ho visto in lingua originale, sbronzo di zuccheri e del potere dello streaming, ho benedetto i santi doppiatori.

Arnold Schwarzenegger e il suo presentissimo accento sono quello che mancava al film doppiato in Italiano, quel frammento di anarchia folle che rende la produzione una barzelletta - buona -.

Arnold non riesce a passare per Howard, americano medio in carriera, nemmeno per un secondo e il risultato finale è esilarante.

Guardatelo doppiato in Italiano che è meglio e benedite il direttore del doppiaggio.  

 

 

 

 

 

Batman - Il Ritorno 

(Batman Returns, 1992 - di Tim Burton) 


Se non avete mai visto Batman Returns, vi invito a leggere questa porzione dell’articolo in ginocchio su un letto di Lego.

Il film di Tim Burton è uno dei cinecomics migliori mai realizzati, uno dei più folli e coraggiosi, un film sui freak a tema supereroistico, con un Batman/Bruce Wayne denso e sfaccettato, capace di mostrare una particolare pazzia bipolare che può essere tipica solo ed esclusivamente di un eroe di questa fattura.

 

Insomma, Tim Burton ha girato un film immenso, meraviglioso, pieno di momenti divertenti e sopra le righe, con un'iconografia immortale e un insieme di situazioni e personaggi indimenticabili e che, fino ad ora, quasi nessuno è più riuscito a replicare con questa forza iconica; pensate solo che nel 1992 Burton creava un personaggio femminile, Catwoman, la cui forza era così dirompente da rendere citazione e memorabilità OGNI SUA SINGOLA SCENA.

 

Produttori moderni, o giovani cineasti, se volete creare un personaggio femminile memorabile, guardate Batman Returns e se ci vedete solo il lato sessuale, consiglio un buon terapeuta.

Nonostante nel 1992 il film sia stato rilasciato, in USA, in giugno, la storia ha luogo durante le vacanze di Natale, contribuendo ulteriormente alla memorabilità della pellicola.

 

Il senso gotico della Gotham di Burton si fonde con la neve, le decorazioni, le statue e le architetture, rendendo le entrate in scena di tutti i personaggi evocative e significative, descrivendo una storia romantica e triste, dove il mito del pipistrello è reso grazie all’impatto tragico dei tagli di luce, della voce bassa di Keaton e delle sue espressioni nervose e ironicamente attonite prima e drammatiche poi, frapponendosi al timbro di voce spezzato di Selina Kyle (una sontuosa Michelle Pfeiffer) e dei suoi sguardi perennemente lucidi di pazzia e malinconia.

 

Batman Returns è dannatamente fumettistico, con un Batman il cui impatto estetico è sempre imponente e teatrale, un pinguino affascinante nella sua rappresentazione crudele di un Elephant Man malvagio, interpretato da un Danny DeVito in stato di grazia e affiancato dal sempre allucinato Christopher Walken che, interpretando Max Shreck, per una volta nella sua carriera, e proprio in un film di Burton, interpreta il personaggio più quadrato e lucidamente cattivo della sua iconografia a schermo. 

 

Un film che sembra aver beneficiato della produzione, parallela, di Nightmare Before Christmas, il cui segno autoriale di Burton è ovunque, dando quasi l'idea che il regista avesse proprio voglia di creare delle sue favole orrorifiche e freak di Natale.

Batman Returns è un must watch che vi farà voglia di camminare nel silenzio di una notte innevata, avvolti in un cappotto nero a collo alto, cercando qualcosa che nemmeno voi sapete bene cos’è.  

 

 

 

 

 

Sballati per le Feste! 

(The Night Before, 2015 - di Jonathan Levine)  


Una delle cose che amo più di Hollywood è il suo lato assurdo e bipolare. In una società così pettinata e glam, non ti aspetteresti mai di vedere un Seth Rogen salire così in alto da arrivare a usufruire di produzioni sempre più ricche e curate per i suoi film.

 

Sembrano passati pochi istanti da quando scriveva Superbad con Evan Goldberg e si cimentava in Strafumati (Pineapple Express)

Per chi vi parla, Facciamola Finita (This is The End), The Interview e, per l’appunto, Sballati per le Feste! (The Night Before), non scritto da Rogen, sono dei film irrinunciabili; fate anche conto che zio Seth ci ha portato la serie di Preacher, quindi rendetegli onore anche per questo.

 

Sballati per le Feste, diretto da Jonathan Levine, buon regista dietro film quali 50/50 e Warm Bodies, è uno di quei film che i giornalisti oltreoceano bollano malamente come “stoner film”, film sballati o stonati (da alcune parti si dice 'stonati' per indicare uno fatto), e che arriva in Italia male e con poca diffusione.

Complice anche il tema poco affine alla nostra cultura.

 

Negli USA il fatto di fumare così tanta erba, soprattutto durante il periodo del college, e di parlarne piuttosto apertamente, considerando che Rogen ne fa abitualmente uso e ha persino fumato un joint in faccia a Steven Spielberg, è meno dogmatico e scandaloso di quanto lo sia da noi.

Pensate che persino in How I Met Your Mother, una sit com, il momento spinello, chiamiamolo la stoner tale, è presente e piuttosto ricorrente.

 

Sballati per le Feste, in modo completamente assurdo, prende i classici stilemi della novella e della favola di Natale della tradizione anglosassone, il racconto che negli USA il capofamiglia racconta davanti al fuoco alla vigilia di Natale, per creare una commedia dissacrante che coinvolge, in una trama ben costruita e perfettamente bilanciata, un cast enorme.

Spiccano come protagonisti Seth Rogen, Joseph Gordon-Levitt, Anthony Mackie - Falcon degli Avengers -, Michael Shannon, James Franco e persino una comparsata di Miley Cyrus.

 

I tre protagonisti, vivendo (per l’ultima volta) la loro tradizionale serata natalizia, si metteranno alla ricerca del party più esclusivo di New York, cacciandosi in una serie di situazioni che definire assurde è riduttivo: la scena di Seth Rogen, strafatto, che si prende di paranoia durante la messa di Natale poiché ebreo, è forse uno dei momenti più esilaranti del film.

 

Un film divertente, pieno di citazioni, così desideroso di parlare alle generazioni attuali da costruire una commedia demenziale pop il cui filone “stoner” appare riduttivo, poiché così maturo, proprio nella scrittura, da essere più onesto, quadrato e moralmente centrato di tutti quei canovacci impregnati di melassa che riempiono il panorama dei film di Natale.

 

Comunicare con il pubblico è molto spesso una questione di “come”, e il “come” di questo film è tutto, grazie alla descrizione pop del mondo nel quale viviamo oggi e l’interpretazione stessa della concezione che diamo alla festa, partendo dal presupposto che noi stessi, ogni anno, parodizziamo il Natale con tutte le sfaccettature eccessive proprie della festa; christmas jumper (i maglioni) ridicoli, club e locali che si rinnovano con arredamenti sopra le righe, eventi tra coetanei che si allontanano sempre più dalle formalità delle cene e si riconvertono a serate di eccessi e divertimento tra amici.

 

Sballati per le Feste mantiene i suoi classici stilemi di umorismo e messa in scena, non si perde in battute crudeli, e vuole divertire con la carica sovversiva dei suoi autori e interpreti.

A meno che non abbiate una famiglia incredibilmente moderna, cosa che dubito fortemente, guardate questo film con i vostri amici, magari quelli con i quali avete una particolare tradizione di Natale e con i quali vorreste iniziarne una.       

 

 

 

 

 

La Vita è Meravigliosa 

(It's a Wonderful Life, 1946 - di Frank Capra)  


La Vita è Meravigliosa è IL film di Natale, una di quelle pellicole alle quali dobbiamo, praticamente, l’esistenza del filone.

Non so come si comportino gli esercenti nel belpaese, ma all’estero, ogni Natale, i cinema (anche i multisala) usano proiettare i classici e La Vita è Meravigliosa è sempre in programma.

 

Lo scorso anno, per la prima volta in vita mia, l’ho visto sullo schermo e, credeteci o no, un film del 1946 ha tenuto in silenzio religioso una sala completamente sold out.

Il pubblico era rapito, rideva, nessuno controllava il telefono o commentava, le coppie si stringevano e durante il meraviglioso finale una buona maggioranza del pubblico ha iniziato a singhiozzare incontrollabilmente. 

 

La Vita è Meravigliosa è un film elegante, aggraziato, pieno di momenti pregni di significato, recitato splendidamente da James Stewart e dalla bellissima Donna Reed.

Un film dal carattere davvero immortale, fuori dal tempo, oltre la lingua e i confini, il cui significato universale è di una potenza filosofica e metafisica altissima, un qualcosa di così perfetto nella sua messa in scena che sa, ancora oggi, a distanza di 72 anni dalla sua uscita, parlare al pubblico, toccando corde emozionali inarrivabili per larga parte del cinema contemporaneo.

 

Guardatelo, piangete, se un cinema della vostra zona lo proietta andate a vederlo, perchè la magnificenza di quel film sul grande schermo è quasi commovente già di per sé.   

 

 

 

 

 

Un Natale esplosivo

(National Lampoon's Christmas Vacation, 1989 - di Jeremiah S. Chechik)  

 

Uno dei comici più popolari negli Stati Uniti degli anni '80 e per buona parte dei '90 era Chevy Chase, alunno della scuola Saturday Night Live e, probabilmente, uno dei meno talentuosi.

Il tempo non è stato generoso con l’attore, le cui eccentricità e uscite poco tolleranti verso buona parte del genere umano diverso da lui, diciamola così, sono ora l’unico lascito che potete trovare sul suo conto.

 

Nonostante ciò, Un Natale Esplosivo, parte della serie di film 'National Lampoon', è uno dei miei film di Natale preferiti e cult totale del genere.

Una tradizione comica, si parla di satira demenziale da stand-up comedian, che da noi è ancora poco diffusa e che se non fosse per personaggi quali Luttazzi - anche lui mediaticamente morto per X motivi -, Giorgio Montanini, Filippo Giardina o Corrado Guzzanti, non vedremmo quasi per nulla; una parte di me soffre quando il pubblico di Youtube, in teoria quello più d'avanguardia possibile, male interpreta le uscite di un personaggio come Yotobi.

 

Pensate quanto poteva essere popolare un film del genere nei primi anni '90.

Un Natale Esplosivo era una rarità assoluta del palinsesto televisivo e dopo averlo visto per intero una sola volta, l’ho intravisto sempre a mozzichi e bocconi, trovandolo per caso su canali secondari, magari in seconda o terza serata.

Dimenticatevi l’acquisto.

 

In VHS era introvabile e nella mia zona se non era un film vincitore di 76 premi Oscar o una roba inguardabile da cestone, era impossibile reperire qualcosa.

Solo grazie all'avvento del DVD e al negozietto del cinema Arcadia di Melzo sono finalmente riuscito a trovarlo e farlo mio, correndo via nella notte come un Gollum sotto massicce dosi di taurina.

 

Diretto da Jeremiah S. Chechik, nella cui filmografia spicca il terrificante The Avengers - Agenti Speciali, Un Natale Esplosivo è una commedia americana di stampo demenziale che si rifà a una comicità anni '80 ormai un po’ desueta, quasi ingenua, e che rispetto a Sballati per le Feste sembra un film per l’oratorio.

La pellicola appartiene a quel filone di film dedicati alle nevrotiche riunioni di famiglia e alle idiosincrasie degli eccessi delle celebrazioni americane, pacchiane e comicamente goffe nel loro tradizionalismo quasi infantile.

 

Una sceneggiatura che non ha quasi mai intenzione di prendersi sul serio, pur creando qualche momento di calore familiare e di nostalgia, focalizzandosi poi sulla decostruzione di alcune figure retoriche tipiche della società americana, come quella del capofamiglia il cui solo scopo è immolarsi in un lavoro snervante pur di raggiungere la felicità fatta assegno, utile a dare alla sua famiglia i simboli, materiali, dell’immagine dell’american dream: la piscina in cortile, la perfezione delle decorazioni e di un albero rigoglioso pieno di regali e una cena di Natale pantagruelica.

 

Un film scorretto che voleva provocare il pubblico americano, criticarlo, farlo sentire stupido nelle idiosincrasie del suo sogno da steccato bianco e station wagon nel vialetto, mettendo al centro del suo sberleffo una delle feste più amate dal turbocapitalismo anni '80 made in USA. 

 

Un Natale Esplosivo ha dei momenti esilaranti e sta ancora sulle gambe grazie a una comicità che non può invecchiare ma il cui ritmo, rispetto a quella più eccessiva ed esplicita di oggi, è certamente più moderato, soprattutto quando si avvale di sottigliezze poco adatte al pubblico del demenziale odierno.

Un cult da scoprire, utile soprattutto se volete comprendere le radici della comicità americana e da dove arrivi un certo filone di film che, come già detto, viene riproposto a ciclo quasi continuo da Hollywood, seppur svuotato di una certa carica e cattiveria satirica. 

 

Una nota a margine va al cast: potete vedere un giovanissimo Johnny Galecki - Leonard di The Big Bang Theory - e Juliette Lewis, resa famosa dal film di Scorsese Cape Fear - Il Promontorio della Paura e vista successivamente in Natural Born Killers e molti altri film.  

 

 

 

 

 

The Family Man

(id., 2000 - di Brett Ratner )  

 

Molte persone non riescono a farsi una ragione di come Nicolas Cage sia diventato il fantasma di se stesso e molte altre non ricordano di averlo visto recitare dignitosamente.

Il buon Cage ha fatto talmente tanta roba che ormai è difficile capire quali siano i confini della ragione. 

 

Analogamente, il filone dei film di Natale è così ampio da comprendere capolavori immortali, buoni film e una sequela interminabile di robaccia indigeribile come nemmeno il tiramisù di quella zia che ha lasciato andare un po’ troppo brandy nella bagna dei savoiardi.

 

Sono dell’idea che, esclusi pochi e rari mattatori, esistano attori il cui talento si esprime al meglio quando diretti da un regista con le palle tonde e glitterate al punto giusto, altrimenti non si spiegherebbero quella decina di film dove il nostro Cage sembra un fenomeno.

Allo stesso modo, continuando il nostro parallelo, la riuscita di un film di Natale dipende spesso dalla fattura di chi è chiamato a dirigerlo: se prendi Brett Ratner, ad esempio, beh... diciamo che ti piace il rischio ma speri sempre di stare alla larga dal formato direct to video

 

The Family Man è uno di quei film figli de La Vita è Meravigliosa di Frank Capra, mettendo sul piatto la storia di un uomo che, incontrando un angelo, si trova a dare un'occhiatina a come sarebbe stata la sua vita se avesse scelto l’amore invece che la carriera.

 

Quello del workaholic è un tema piuttosto caro e prezioso per la cultura americana, dove larga parte della popolazione fa del lavoro la propria vita e la vita… beh, la vita poi si vede. 

A patto di sopravvivere all’infarto che la combinazione di stress e stile di vita criminale arriva quasi inevitabilmente a portare.

 

Insomma, il film di Ratner è un reverse La Vita è Meravigliosa, dove Cage/Stewart ha scelto i suoi sogni e le sue ambizioni sopra tutto il resto, trovandosi infine a dormire tra lenzuola di lino e solitudine.

The Family Man non è un capolavoro ma si è guadagnato lo stato di cult, rendendosi protagonista dei palinsesti tv natalizi ed entrando nella nuova cultura pop. 

 

Un film divertente che usa sia il lato eccessivo di Cage, tenuto a freno, sia quello posato, portando al pubblico una favola natalizia dolce, a volte volutamente stucchevole, e vagamente drammatica, dove l’ansia del troppo tardi vorrebbe prevalere senza lasciare troppe speranze su tutto il resto.

 

Una pellicola per tutta la famiglia, da guardare se il vostro spirito sente il bisogno di qualcosa di più romantico, legato ai sentimenti di una società dei primi anni 2000 che, contrariamente a quella odierna, cercava di fuggire dall’idea della realizzazione edonistica ed egoistica del sé, della voglia di attenzioni e accentramento dell’universo, rendendosi conto di quanto, che ci piaccia o no, le nostre scelte prima o poi portano un conto da pagare, e che a questo mondo non viaggiamo soli e soli non si diventa protagonisti di niente.      

 

 

 

 

 

Una Poltrona per Due

(Trading Places, 1983 - di John Landis)  

 

Vi prego, siate clementi.

Una Poltrona per Due non poteva mancare e, credeteci o meno, non è una scelta mediatica. 

 

Il film di John Landis è un capolavoro della comicità: il film, insieme a Batman Returns, meno natalizio di questa lista, ne sfrutta l’ambientazione pur non rendendola regina dello spettacolo.

Landis, nel 1983, con una violenza ancora più anarchica e scardinatrice rispetto a Un Natale Esplosivo, entra a gamba tesa sul tessuto della società americana.

Quello stesso tessuto che, come ha dimostrato il passare del tempo, si è sfaldato inesorabilmente. 

 

Sarebbe piuttosto facile e interessante analizzare quelle che sono le invettive sociali e satiriche portate avanti da Landis, messaggi che si sono rivelati non solo profetici, ma così accurati che se intere generazioni avessero ascoltato il messaggio, forse ora la società sarebbe composta da persone più felici, meno complessate e schizzate, libere dal lavoro corporate america che non va oltre l’evoluzione dell’operaio 2.0: ricordate sempre che manager è una parola molto furba e che gli inglesismi ci fotteranno, poiché uno schiavo, se lo chiami slave, per quanto fico possa suonare rimane pur sempre uno schiavo. 

 

Quanto davvero interessante, per me, è invece osservare come i tempi, da Landis a oggi, siano cambiati, addomesticando anche la commedia e la satira.

 

In Una Poltrona Per Due, un film che va spesso in onda in prima serata e che tutti, TUTTI, abbiamo visto come film di Natale, troviamo: una discreta quantità di droga, a un certo punto vengono elencate tette, molte tette, soprattutto quelle di Jamie Lee Curtis, contestualizzate senza far risultare la scena infantile o gratuita; il rapporto che i personaggi hanno con sesso e droga che, a conti fatti, non è mai manicheo o bigotto; una prostituta, il cui ruolo non viene ammorbidito troppo, come eroina e personaggio positivo del film.

 

Una Poltrona Per Due è un film che, come altri prima di lui, è riuscito a rimanere poiché di rottura, assolutamente non intenzionato a nascondere quello che cerca di dire e di mostrare, mettendo tutto su un piano narrativo così coerente da non dare la terrificante idea di volgare, stupido e gratuito che spesso hanno, esempio principe, i cinepanettoni.

 

John Landis era conscio del tema che voleva affrontare e non aveva alcuna paura nel farlo, portando a schermo una comicità completa e moderna che precorreva i tempi, mettendola in scena con la stessa cura ritrovabile in Un Lupo Mannaro Americano a Londra; qualcosa che ora manca nel cinema di Natale e nella commedia, tranne quella del sopracitato Seth Rogen e soci, troppo spesso dozzinale e difettosa in una messa in scena sciatta e posticcia.

 

Come Donner, Landis non trascura nulla, rendendo la sua commedia equiparabile, per qualità produttiva, a qualsiasi altro film e genere, tenendo lo sguardo attento sul cosa e il come, utilizzando al meglio tutti i mezzi a sua disposizione. 

 

Una Poltrona Per Due è un classico del Natale grazie alla sua costruzione, al suo essere incapace di invecchiare, divertendo, creando un mood, regalando al pubblico una pausa di pura pazzia da angeli, fantasmi del Natale presente, passato e futuro, accantonando le morali e portando a galla il bisogno punk di dire qualcosa e schernire tutto e tutti, anche in modo crudele.  

 

Questa carrellata di consigli dedicati al Natale volge inesorabilmente al termine e io, come tutto il resto della redazione di Cinefacts.it, non posso fare altro che augurarvi un Buon Natale... ovviamente cinefilo.

 

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2 commenti

BubbleGyal

5 anni fa

Anche a me :) Nei prossimi giorni farò uscire la mia recensione infatti.

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Dedina83

5 anni fa

Anche a me è piaciuto... e poi il cameo finale che non spoilero mi ha piacevolmente sorpresa

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