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Asakusa Kid - Recensione: un omaggio a ritmo di tip-tap

La recensione di Asakusa Kid, il film biografico sulle origini della carriera di Takeshi Kitano... e non solo  

Quando ho saputo che Netflix avrebbe distribuito Asakusa Kid - film biografico sull'inizio della carriera di Takeshi Kitano, a mio avviso uno dei più grandi geni artistici del XX secolo - sono stato invaso da un mix di sensazioni, anche contrastanti fra loro.

 

Felicità, timore, attesa. Chiamatelo hype, se volete.

 

Nel definire "genio" il regista/attore nato a Tokyo nel 1947, francamente, non temo smentita alcuna: Kitano è infatti l'esemplificazione perfetta di self-made man, un ciclone produttivo poliedrico che, partendo dalla strada, dalla ramazza passata sui pavimenti di scena, è arrivato a conquistare le vette del consenso e della celebrità tanto in Giappone quanto nel resto del mondo, nelle vesti più disparate.

 

Kitano, nel corso di decenni di carriera, è stato infatti in grado di esprimere il proprio ingegno creativo come attore, regista, ballerino, scrittore, pittore, conduttore televisivo, comico e produttore.

Francamente, credo che non siano molti gli artisti in grado di donare sé stessi al pubblico con la stessa versatilità ed efficacia.

 

"Beat Takeshi" è, a tutti gli effetti, un Pensatore, un creatore di personaggi e mondi, talvolta di puro intrattenimento, in altri casi dotati di profondità contenutistica fuori dal comune.

 

[Il trailer di Asakusa Kid]

 

 

Asakusa Kid, basato sull'omonimo romanzo biografico firmato da Kitano Sensei nel lontano 1988, è un biopic che racconta l'arrivo del giovane "Take" ad Asakusa, il "quartiere dei divertimenti" di Tokyo: un'area popolata da teatri, bar, locali di striptease e cabaret.

 

Dopo aver abbandonato l'università, il giovane decide di rincorrere un sogno: quello di diventare un attore comico sotto la guida del leggendario Senzaburo Fukami, proprietario del Français, teatro di varietà dove si passa agevolmente dallo spogliarello allo sketch comico.

 

Kitano comincia quindi dai lavori più umili: lava i pavimenti, stira, fa l'ascensorista. Nel giro di qualche anno, imparando da Fukami - maestro e figura di riferimento del regista di Sonatine - arriverà fino agli spettacoli televisivi con suo il duo comico Two Beats, imponendosi in seguito come mostro sacro dello show business nipponico e cineasta di massimo rilievo.

 

Asakusa Kid, scritto e diretto da Gekidan Hitori (al secondo lungometraggio) riesce nell'intento di conferire al suo film lo stesso spirito del libro di Takeshi Kitano, un'opera ben lontana dall'essere autocelebrativa ed egoriferita.

 

Al contrario, la narrazione del regista vincitore del Leone d'oro per il suo Hana-bi - Fiori di fuoco si concentra sul racconto nostalgico di una realtà urbana - quella di Asakusa - mutata nel corso del tempo, sugli errori e le follie di gioventù, oltre che sull'esaltazione (quasi venerazione) di colui che contribuì in maniera significativa alla sua formazione artistica.

 

 

[Il duo comico Two Beats in azione in Asakusa Kid]

 

 

Così come avviene nel romanzo, anche in Asakusa Kid di Hitori la figura di Senzaburo Fukami è semplicemente essenziale.

 

Personaggio severo, scorbutico ma giocherellone ("sono un comico, idiota!"), artista e comico di enorme talento, il maestro di "Take" diventa protagonista della storia insieme al giovane Kitano. È lui che lo accetta come allievo, che lo inizia al mondo della recitazione e del tip-tap, diventando per lui una figura ibrida fra mentore/padre.

 Asakusa Kid

È sempre lui che subisce come una sorta di tradimento la decisione del suo allievo di dedicarsi all'arte del manzai - tradizionale forma di cabaret nipponico dove due comici si esibiscono in coppia - da lui profondamente disprezzata.

Un "tradimento" che, fra le pagine di Asakusa Kid, sembra pesare parecchio sulle spalle del Kitano ormai invecchiato e privato della figura del proprio maestro, scomparso prematuramente per un banale incidente domestico.

 

Il film diretto da Gekidan Hitori gode di un'ottima resa formale: c'è grande cura nei costumi di Mari Miyamoto, nel trucco prostetico - a tratti sbalorditivo - di Yayoi Sasaki e nel buon montaggio di Jun'nosuke Hogaki. Impensabile non dire poi qualcosa sulle scelte di casting di Yume Minamidani che, personalmente, ho trovato particolarmente azzeccate: eccellente Yô Ôizumi nei panni del maestro Fukami ma, soprattutto, reputo strordinaria la prova di Yûya Yagira, classe 1990, che interpreta il sommo Takeshi Kitano.

 

 

[Yô Ôizumi è Senzaburo Fukami in Asakusa Kid]

 

 

Il giovane attore di Tokyo è riuscito in un compito tutt'altro che facile: quello di conferire al suo Take la gestualità, le movenze, la postura e i tic facciali caratteristici del regista di Dolls, senza però scadere nello scimmiottamento. 

 

Yagira, evidentemente ben diretto da Hitori, ha scongiurato quest'ultima eventualità, disimpegnandosi invece in una prova "a tutto tondo", oleografando il suo Kitano con i giusti toni ironici, drammatici, sornioni e comici a seconda del caso. Oltre a ciò, credo sia doveroso segnalare l'efficacia ottenuta dall'attore nelle scene in cui si cimenta con la complessa danza del tip-tap.

 

Il sistema di messa in scena e fotografia di Asakusa Kid si palesa per mezzo di una regia estremamente dinamica, colorata e pop (potrei quasi azzardare un "hollywoodiana") - in accordo con gli stilemi propri di molte distribuzioni Netflix - con un uso generoso di crane, dolly e persino qualche piano sequenza ben realizzato.

 Asakusa Kid

Una scelta stilistica a mio avviso funzionale, ma che - al contempo - mi ha fatto sorgere un dubbio, forse sciocco: "chissà che ne ha pensato Kitano?".

 

Dopotutto parliamo di un autore che ha sempre "scansato" eventuali gigioneggiamenti della macchina da presa, esprimendosi invece attraverso rappresentazioni solide, rigorose, estremamente curate nella loro concretezza.

 

Un regista che è diventato famoso per la sua maniacalità di messa in scena: per quanto rapido nella produzione di take utili al montaggio finale, Kitano è uno che non si è mai formalizzato troppo nell'inorridire di fronte a un sound design di passi errato o a riprese circolari intorno ai soggetti inquadrati, elementi che trova completamente fasulli e alieni rispetto la sua grammatica cinematografica.

 

 

[Per gli amanti di Kitano Sensei e della sua opera, il finale di Asakusa Kid probabilmente rappresenterà una grande emozione]

 

 

Eppure, nonostante questa discrepanza formale, Asakusa Kid è un film con un grande cuore, pieno di rispetto per una delle personalità più importanti del Giappone.

 

Una produzione che, pur non partendo da finalità agiografiche, ottiene esattamente - e inevitabilmente - questo risultato: la celebrazione di un mostro (penso all'accezione più essenziale e latina del termine: monstrum, da monere, quindi "portento", "prodigio") creativo e della sua storia.

Anzi, a ben vedere, l'omaggio è doppio: il percorso del ragazzo di Asakusa, quel giovane colmo di meraviglia e voglia di emergere, è sì di Kitano, ma l'eroe della narrazione, oggetto d'amore di Beat Takeshi e personaggio essenziale di questo comico e dolcissimo "rapporto a due", è proprio Senzaburo Fukami.

 

Il film di Gekidan Hitori - al netto di qualche scena eccessivamente sottolineata dal punto di vista dell'enfatizzazione emotiva - è sostanzialmente un prodotto sentito, curato, sicuramente non eccezionale, che consegna allo spettatore una storia capace di omaggiare due personalità artistiche strabordanti con devozione e una buona dose di ritmo.

 

Un "in memoriam anticipato" delicato, divertente e, alla fine dei conti... inutile.

 

Perché l'arte e il genio creativo seminati in questo mondo da Takeshi Kitano non spariranno mai.

 

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