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The crossing - Recensione: fiaba cruda e naïf sull'esodo dei rifugiati - Torino Film Festival 2021

Raro film d'animazione "pittorico" nella competizione principale del Torino Film Festival che racconta l'incubo dell'esodo dei rifugiati 

Florence Miailhe, animatrice sessantacinquenne parigina, sceglie di firmare il suo primo lungometraggio con The crossing (La Traversée): il racconto naïf e quasi fiabesco di un universale esodo di rifugiati.

 

La regista è infatti già estremamente nota nel mondo dell'animazione per numerosi cortometraggi che l'hanno portata a varie candidature al Festival di Cannes e ai Premi César che sono culminate nella vittoria di un premio alla carriera al Festival del Cinema di Animazione di Annecy nel 2015.

 

In questi anni ha sviluppato uno stile d'animazione estremamente personale che sfruttando la pittura a olio su lastre di vetro ricorda molto l'opera naif di Paul Gauguin e di parte della carriera di Marc Chagall.

 

[Il trailer di The crossing in cui si può vedere lo stile d'animazione unico che contraddistingue la regista francese]

  

 

The crossing racconta il viaggio - fisico e interiore - di Kyona dal piccolo villaggio della sua infanzia all'età adulta: lungo paesi immaginari la giovane e il fratello Adriel, in una vera e propria Odissea incontrano una carrellata di personaggi e peripezie mentre cercano di raggiungere salvezza e stabilità.

 

Il Cinema ha affrontato tante volte il tema del viaggio e mostrato nuove versioni dell'Odissea con protagonisti degli esuli.

 

Tuttavia, le vere peculiarità di The crossing sono un'animazione molto "ricercata" e un tono in perfetta sintonia con la giovane protagonista: due aspetti che donano al film un'unicità decisamente inaspettata.

 

 

[Kyona e Adriel in attesa di ricongiungersi con i genitori in una dei primi momenti di difficoltà in The crossing]
 

  

Se vero che è abbastanza canonico il coming of age che contraddistingue Kyona e il suo viaggio/fuga dalla devastazione del suo paese natale, è altrettanto vero che il modo in cui l'animazione la segue, raccontando lo sguardo di una bambina che diventa donna (disseminando il percorso di simboli della sua crescita) è assolutamente mirabile.

 

L'animazione di Mihaile non si ferma all'essere esposizione di quadri, ma diventa vera e propria protagonista dell'azione, mostrando tutta la sua cineticità e la sua capacità di creare un mondo allo stesso tempo immaginifico e crudo.

 

La semplicità di The crossing, dettata dal punta di vista di Kyona e dalla positività con cui vive molte delle sventure in cui si ritrova, lo spinge talvolta a piegarsi troppo su archetipi narrativi estremamente calcati e a perdersi nel suo essere "fiabesco", risultando di conseguenza quasi troppo ingenuo e sognante.

 

 

[La famiglia di The crossing e il momento in cui i suoi membri sono obbligati a separarsi]
 

 

In un contesto diverso (poiché il film di Kieberlain era piuttosto pop, mentre qui siamo su toni più fiabeschi) The crossing ricorda molto le caratteristiche di A radiant girl: una scelta che ci dice molto sulla nuova direzione artistica di Stefano Francia di Celle del Torino Film Festival, arrivata alla sua seconda edizione dopo l'abdicazione di Emanuela Martini.

 

In The crossing ritengo sia stata fondamentale la presenza di Marie Desplechin per la stesura della sceneggiatura.

La scrittrice specializzata in letteratura per bambini ha donato all'opera un tono altalenante: tra il bambinesco e il violento, tra l'ingenuo e l'estremamente crudo.

 

Un'alternanza che rende difficilissima l'alchimia fra i differenti toni e temi: quando questo succede, però, il film regala delle scene assolutamente degne di nota.

 

L'estetica con cui è costruito The crossing può stancare uno spettatore abituato a disegni più definiti e canonici, ma il dinamismo che le pennellate conferiscono al film e i momenti di perfetto connubio con un contesto così crudele - a mio avviso - sono assolutamente in grado di tacitare l'abituale gusto visivo dello spettatore.

 

La carrellata di personaggi che interagiscono con Kyona e Adriel è poi un altro dei punti di forza del film di Mihaile: dai bambini-corvo al cattivissimo Jon "mercante di infanti", da Iskander - prima cotta della giovane - a Erdewan, il bellissimo giocoliere con cui i due fratelli scappano dal circo.

 

Ognuno di questi soggetti è utile a scoprire una nuova sfaccettatura della crescita della protagonista o un nuovo aspetto della donna che sta divenendo.

 

 

[Kyona, Adriel e Erdewal prima di trovarsi catapultati in un campo di prigionia]
 

  

La giovane oppone una fortissima integrità alle privazioni e alle difficoltà che la vita le mette di fronte: Kyona, mentre tutti sembrano essere ammaliati o intimoriti dai personaggi negativi come Jon, non scende a patti con nessuno.

 

È pronta a tutto pur di mantenere la promessa fatta al padre di condurre il fratello in salvo.

Una forza morale che la lega a doppio filo con la strega presso cui passerà l'inverno: un personaggio di poche parole ma dalla bontà profonda, una donna sola che resta immobile e inscalfibile di fronte a tutto e tutti.

 

Un ultimo aspetto di The crossing su cui non ci si può non soffermare è il modo in cui la creazione di un universo immaginario, insieme alla presenza di elementi di ogni epoca, riescano a rendere il viaggio del film un esodo universale e senza tempo.

 

Non vanno poi dimenticate la violenza e la ferocia a cui sono sottoposti i due giovani protagonisti: nonostante siano mascherate attraverso uno spirito fanciullesco, il mondo di The crossing mostra quanto di più efferato e disumano l'uomo e la fuga possano mettere in scena.

 

Povertà, stenti, i pericoli di una vita sulla strada, il commercio di esseri umani e i soprusi dell'esercito non sono smorzati dallo stile d'animazione, ma sono invece ben presenti - in tutta la loro crudeltà - nello spirito naïf di questo "racconto per l'infanzia".

 

The crossing è un film in cui le forme mutano costantemente e in cui l'organicità della pittura a olio si sposa con la finzione del mondo in cui viaggia Kyona.

Un mondo in cui è la giovinezza della protagonista a essere il "filtro" utile per raccontare l'orrore di essere dei rifugiati.

 

Non sempre tutti gli opposti si equilibrano perfettamente nel film di Miailhe, ma quando l'amalgama funziona - in un tourbillon di colori e immagini - il risultato ottenuto dalla regista francese non può che rimanere impresso nella mente dello spettatore.

 

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