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Avremo sempre Casablanca, Humphrey Bogart e Ingrid Bergman

Breve storia di Casablanca, uno dei melodrammi più riusciti del Cinema mondiale

“Ma gli altri aspettano a Casablanca... Aspettano, aspettano, aspettano…”

 

Agli inizi degli anni ‘40 la Warner Bros. acquistò i diritti di Everybody Comes to Rick’s, opera teatrale ancora in attesa di debutto.

La cifra spesa per l’acquisizione fu (per l’epoca) esorbitante: ventimila dollari, pari oggi a quasi trecentomila. 

 

Ebbe così inizio la storia produttiva di Casablanca, uno dei film più popolari di tutti i tempi.

 

Inaspettatamente, a quanto pare.

 

[Il trailer di Casablanca]

  

 

Hal B. Wallis, storico manager della Warner, non aveva infatti grandissimi programmi per quella che doveva essere una delle tante pellicole commerciali realizzate dallo studio. 

 

Tuttavia gli eventi presero una piega inaspettata sin da quando iniziò a coinvolgere nella sua realizzazione diverse figure artistiche già affermate, come il compositore Max Steiner, autore anche delle musiche di Via col vento, o pronte a compiere il definitivo salto di qualità nelle loro carriere.

 

Mentre i gemelli Julius e Philip Epstein ne scrivevano la sceneggiatura (più volte rimaneggiata da interventi esterni, come quello del drammaturgo Howard Koch, che seguivano spesso l’evoluzione della Seconda guerra mondiale allora in corso), la direzione della pellicola fu affidata da Wallis a Michael Curtiz, regista di origini ungheresi estremamente versatile e prolifico come poteva testimoniare - al momento dell’ingaggio - la sua filmografia, che spaziava dal genere gangster a quello avventuroso passando per il dramma sociale.

 

Per quanto riguarda il cast, i ruoli principali andarono invece ad Humphrey Bogart e Ingrid Bergman, scelte che si rivelarono poi ampiamente azzeccate.

 

 

[Humphrey Bogart e Ingrid Bergman, protagonisti del film: la chimica fra i due alimentò nella moglie di Bogart il sospetto di un possibile tradimento]

 

 

Bogart era reduce dal successo de Il mistero del falco: diretto dall’esordiente John Huston nel 1941, il film inaugurò la stagione d’oro del noir americano e contribuì a lanciare la carriera dell’attore newyorkese.

 

Bergman, attrice di origini svedesi, era invece sbarcata negli Stati Uniti sul finire del decennio precedente per volere di David O. Selznick, altro celeberrimo produttore hollywoodiano che le aveva fatto firmare un contratto esclusivo della durata di sette anni.

La Warner dapprima provò a reclutare altre attrici per Casablanca (la prima scelta fu la francese Michèle Morgan, scartata per le sue eccessive richieste economiche); le varie trattative sfumarono e lo studio virò infine su Bergman, concessa gentilmente in prestito da Selznick.

 

La storia raccontata da questo intenso melodramma prende il via nel dicembre del 1941: la Seconda guerra mondiale infuria in Europa, coi  nazisti padroni incontrasti (o quasi) del vecchio continente.

 

La città marocchina di Casablanca, posta sotto la giurisdizione francese, è una sorta di purgatorio in terra: molte anime vagano fra le sue caotiche strade alla ricerca di un modo – previa tappa a Lisbona – per fuggire negli Stati Uniti, paradiso lontano dalla brutalità del conflitto.

 

 

[Ripresa in esterni di Casablanca, ricostruiti in gran parte negli spazi di proprietà della Warner Bros. a Burbank, in California]

 

 

Chi invece non ha proprio desiderio di andar via è Rick Blaine (Bogart), proprietario del locale notturno più frequentato della città.

 

Uomo tanto affascinante quanto misterioso, Rick osserva ciò che accade intorno a lui con sguardo neutrale e distaccato… fin quando non rivede Ilsa Lund (Bergman), sua amante a Parigi prima dell’occupazione nazista. 

A prima vista Casablanca è dunque un tipico esempio di melodramma: Rick e Ilsa si incontrano a Parigi, si amano e giornate radiose rifulgono per il loro amore fino all’arrivo dei tedeschi nella capitale parigina, quando la coppia è costretta a separarsi.

 

La donna è in fuga dai nazisti insieme al marito Victor Laszlo (Paul Henreid), dirigente della resistenza cecoslovacca: l’incontro con Ilsa riaccenderà i tormenti a lungo sopiti nell’animo di Rick, che dovrà scegliere se assecondare il suo rinato amore per la donna o sacrificarsi per favorire la partenza dei due coniugi da Casablanca.

 

 

[La canzone As time goes by, sebbene sia stata composta agli inizi degli anni ‘30, deve la sua notorietà a questo film dove è usata come raccordo temporale tra presente e passato della vicenda esposta]

 

 

Va da sé che Casablanca non possa essere ridotto alla contrastata love story fra i due protagonisti.

 

Come altri classici girati in quel periodo - tra i quali spiccano Il grande dittatore (Charlie Chaplin, 1940) e Vogliamo vivere! (Ernst Lubitsch, 1942) - il film risente del particolare periodo in cui fu girato, prendendo chiaramente posizione contro il regime nazista.

 

Emblematica è una delle scene più famose del film, in cui Laszlo incita l’orchestra del Rick’s Cafè a suonare la Marsigliese per sovrastare una canzone popolare tedesca intonata da alcuni ufficiali nazisti presenti nel locale; una scena dal forte impatto emotivo, resa ancora più autentica dalla partecipazione alle riprese come comparse di uomini e donne all'epoca rifugiatisi negli Stati Uniti per evitare le persecuzioni naziste. 

 

 

[La scena in cui i clienti del Rick’s Café intonano con orgoglio l’inno francese di fronte ai nazisti infastiditi è un omaggio a La grande illusione, film pacifista diretto da Jean Renoir nel 1937]

 

 

Un altro motivo che spiega il successo di Casablanca è la sua sceneggiatura, costruita in modo da garantire tensione per tutta la durata del film, con un finale impronosticabile per lo chi lo guarda la prima volta (e neppure gli attori sembravano saperlo, dato che il copione fu terminato durante le riprese).

 

Molti sono i dialoghi intrisi di ironia, con botta e risposta fulminei; non si contano le battute entrate di diritto nella Storia del Cinema - basta dare un’occhiata alla 100 Years… 100 movie quotes, lista delle più famose citazioni cinematografiche stilata dall’American Film Institute - notevole è per di più la presenza di personaggi secondari memorabili almeno quanto le star principali.

 

Impossibile non ricordare a tal proposito Louis Renault, prefetto della polizia francese di stanza a Casablanca, e il malvivente Guillermo Ugarte. 

Il primo, interpretato con brio da Claude Rains (che molti avranno apprezzato anche in Notorious - L’amante perduta, thriller di Alfred Hitchcock nel 1946) è un individuo sagace, apparentemente senza scrupoli e pronto a ubbidire a chiunque pur di salvaguardare i suoi interessi.

 

Il secondo, nei cui panni recita Peter Lorre (interprete dell’inquietante assassino raffigurato in M - Il mostro di Düsseldorf per la regia di Fritz Lang nel 1931) è da considerare il primum movens della storia narrata da Casablanca, essendo lui a rubare le lettere di transito da molti desiderate per poter prendere il volo, affidate poi a Rick che dovrà riflettere sul loro utilizzo.

 

 

[Le lettere di transito sono un mero espediente narrativo partorito dalla mente degli sceneggiatori: nella realtà storica esistevano forse documenti simili, ma non identici ai salvacondotti del film]

 

 

Proprio Rick è il personaggio più complesso.

 

All’apparenza un individuo cinico e disilluso, che ha smarrito - insieme alla volontà di vivere - i propri ideali antifascisti eppure è ancora capace di nobili gesti, come dimostra la scena in cui permette a una giovane coppia bulgara di vincere alla roulette il denaro utile al pagamento del viaggio per l’America: uno dei diversi episodi di contorno che mantengono alto sia il ritmo della narrazione sia l’interesse degli spettatori.

 

L’ago della sua bilancia morale è Ilsa: è lei a risvegliare il suo spirito combattivo e a guidarlo verso una scelta sofferta ma giusta, nel commovente finale che chiude in grande stile un film eccezionale.

 

C’è chi ha voluto vedere nella decisione finale di Rick un’allusione all’intervento degli Stati Uniti nella Seconda guerra mondiale: in fondo, le vicende del film si collocano temporalmente (come testimonia un assegno firmato dal protagonista e datato 2 dicembre 1941) poco prima dell’attacco giapponese alla base navale di Pearl Harbor, in seguito al quale gli americani decisero di entrare nel conflitto contro le forze dell’Asse.

 

 

[Un fotogramma di Casablanca che svela la bellezza e la funzionalità della fotografia in bianco e nero curata da Arthur Edeson: Ilsa appare quasi come una visione a Rick, letteralmente e metaforicamente immerso nell’oscurità]

 

 

Casablanca fu presentato in anteprima a New York nel novembre 1942, per poi essere distribuito nelle sale americane a partire dal 23 gennaio 1943.

 

Un periodo non casuale, se si pensa che in quei giorni proprio nella città marocchina si stava svolgendo un summit di guerra fra gli Stati Uniti e l’alleato britannico.

 

Il pubblico riservò un’accoglienza estremamente positiva al film che ottenne anche otto candidature agli Oscar, vincendo tre statuette: quelle per il Miglior Film, la Miglior Regia (a Curtiz) e la Miglior Sceneggiatura (premio condiviso dai gemelli Epstein con Koch).

 

In Italia il film arrivò soltanto il 21 novembre 1946, quando ormai era calato il sipario su tutti i teatri del secondo conflitto mondiale.

 

L’edizione italiana del film non fu priva di tagli e cambiamenti ai dialoghi: ad esempio, nella versione originale viene detto che Rick ha venduto armi agli etiopi in lotta contro i fascisti italiani, ma nell'adattamento italiano risulta che gli acquirenti siano di nazionalità cinese.

 

 

[Il regista Michael Curtiz sul set di Casablanca]

 

 

Questa ed altre modifiche sarebbero intollerabili per il pubblico odierno, ma appaiono comprensibili in relazione al clima italiano sociale e politico dell’epoca: evidentemente anche il film fu toccato dal (frettoloso e incompleto) processo di defascistizzazione che si stava verificando nel Paese, con il fine di cancellare ogni riferimento al regime dittatoriale che era stato al governo nel ventennio precedente.

 

Casablanca è diventato un vero e proprio classico nel corso dei decenni, omaggiato (e talvolta parodiato) in numerose opere successive. 

 

Per tutte si ricordi Provaci ancora, Sam, la commedia diretta da Herbert Ross e interpretata da Woody Allen che ne scrisse anche la sceneggiatura: Allen ricopre la parte di un critico cinematografico, entusiasta estimatore di Casablanca al punto di chiedere addirittura consigli al fantasma di Humphrey Bogart in merito all'approccio con le donne. 

 

 

[L’attore Jerry Lace nei panni di Humphrey Bogart in una scena di Provaci ancora, Sam]

 

 

Aveva ragione Roger Ebert quando scrisse che Casablanca è “Il Film”, l’opera che sopravvive indenne allo scorrere del tempo per essere amata incondizionatamente dai cinefili di ogni generazione. 

 

Rick e Ilsa avranno sempre Parigi, noi avremo sempre Casablanca.

 

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1 commento

Marco Batelli

2 anni fa

Puoi ben dirlo! L'ho visto tre volte e sarei pronto a rivederlo per la quarta anche domani.

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