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Great Freedom - Recensione: Rein raus - Cannes 2021

La recensione di Great Freedom, terzo lungometraggio di Sebastian Meise, in concorso al Festival di Cannes nella sezione Un Certain Regard

Great Freedom (Große Freiheit), film in concorso nella sezione Un Certain Regard, è stato presentato quest’oggi - giovedì 7 luglio - alla 74esima edizione del Festival di Cannes.

 

Il lungometraggio, proiettato in Sala Debussy alla presenza del cast e del regista Sebastian Meise, è stato accolto dal lungo applauso del pubblico che ha decisamente apprezzato l'ultima fatica cinematografica dell’autore austriaco.

 

[Il trailer internazionale di Große Freiheit - Great Freedom]

 


Quanto può essere meschino e deplorevole impedire a un uomo di esprimere le proprie pulsioni sessuali o, ancora peggio, il suo desiderio di amare un altro uomo?

Great Freedom si apre con le riprese catturate da una cinepresa nascosta in un bagno pubblico dove si svolgono incontri omosessuali clandestini.

Ogni individuo coinvolto in questa pellicola "Made in Polizei" viene processato e incarcerato con l’accusa di essere un pericolo per la morale e il decoro pubblico.

 

I gay - secondo il deleterio “Paragrafo 175” del codice penale tedesco - non hanno diritti, non sono assimilabili a degli uomini e vengono quindi considerati dei disgustosi pervertiti da rinchiudere dietro le sbarre.


Fra loro c’è anche Hans Hoffmann, protagonista del film che, per l’ennesima volta, si ritrova suo malgrado a fare rein-raus (dentro-fuori) dal carcere con l’unica colpa di essere omosessuale.

 

 

[Franz Rogowski non raggiungerà la perfezione per la sua prova in Great Freedom... ma ci si avvicina molto]

 


In un montaggio alternato che si muove attraverso diverse linee temporali, Great Freedom compie un arco narrativo che parte dal primo periodo di prigionia di Hans, nel 1945, fino ai primi anni ’70, quando il vergognoso articolo 175 venne abolito per sempre.

 

Grosse Freiheit è un film inesorabile, che mostra l’orrore di una persecuzione desolante e insensata, votata alla discriminazione e perpetrata non solo da secondini inumani ma anche dai prigionieri stessi che ghettizzano Hans e chiunque entri in contatto con lui e con il pericoloso virus di cui è portatore, chiamato "omosessualità".

 

Dopo la deportazione nei lager dove è stato spinto a forza insieme a tutti gli altri “indesiderabili” del Terzo Reich, Hoffmann si ritrova a vivere il limbo eterno della prigione fatto di abusi, di isolamento inumano, ma anche di incontri destinati a fiorire nell’amore.


Il carcere, sporco, scuro, angusto, diventa il luogo dove vivere e incontrare nuovi amici e amanti, dove farsi coinvolgere in relazioni sentimentali apparentemente impossibili e, incredibilmente, capaci di superare le barriere del tempo.

 

Come nel caso di Viktor (Georg Friedrich), tatuatore, tossico e uxoricida con il quale nascerà un rapporto tanto particolare quanto profondo.

 

 

 

 

Rein-raus, dentro e fuori, e il sesso fra uomini si normalizza nelle belle inquadrature del DoP Crystel Fournier; rein-raus, Hans fa dentro-fuori dal carcere e nel mentre il mondo esterno si trasforma: l’umanità raggiunge la Luna, l’omosessualità viene accettata legalmente (con l'abolizione della legge che la perseguiva comparandola alla zoofilia) e il Paese si popola addirittura di club per gay.


Hans è libero, ma la libertà più grande è quella di stare con chi ama, anche se questo vuol dire rinchiudersi fra mura di pietra e sbarre d’acciaio.


Great Freedom, senza giocare con il meccanismo dell’esasperazione dei toni drammatici riesce ad arrivare dritto al cuore dello spettatore, sia nella sua crudeltà implacabile, sia nei momenti di ilarità e dolcezza che - per fortuna - compaiono nel film, stemperandolo e rendendolo decisamente meno monolitico nella sua durezza emotiva.

 

 

 

 

Meise, al suo terzo lungometraggio, è riuscito a mettere insieme un team di lavoro di ottimo livello, a partire dalla crew tecnica (bel montaggio di Joana Scrinzi) fino al cast “all-men” dove spicca un Franz Rogowski (Happy End; La vita nascosta - A Hidden Life; Undine) in forma smagliante e splendidamente diretto.

 

Si parla di sesso, di amore, di libertà.

Di scelte di vita e di leggi spezzate.

Rein-raus, dentro-fuori, non c’è molta scelta.


Ovviamente ci auguriamo di vedere Great Freedom distribuito in Italia quanto prima.


Se dovesse arrivare, ovviamente… non perdetelo!

 

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Questa è Cannes, NON il Vietnam!

Qui si guardano film, NON si mangia.

Si suda e si corre da una sala all'altra, NON si va ad ambigui festini mondani!

Se vi incuriosisce la cosa vi basta diventare uno dei Goonies: venite a dare un'occhiata!

 

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